Padoan-Gentiloni
ANSA/ US/ PALAZZO CHIGI / TIBERIO BARCHIELLI
Economia

Accise e iva, così Padoan cerca di evitare la manovra

Il governo studia misure per accontentare l'Europa come il reverse charge dell'imposta sui consumi, già oggetto di forti polemiche

Riordino delle accise e lotta all'evasione sull'iva (l'imposta sul valore aggiunto). Ecco il “binomio perfetto” che, secondo il governo italiano, potrebbe evitare all'Italia l'obbligo di presentare una manovra economica correttiva, per abbassare dello 0,2% il rapporto deficit/pil come ci chiede l'Europa.

Il ministro dell'economia Pier Carlo Padoan ci sta provando da giorni e le sue trattative a distanza con le autorità di Bruxelles vanno avanti in maniera serrata.

Forse è ancora presto per fare previsioni sull'esito dei negoziati ma è chiara la direzione che l'esecutivo di Roma intende imboccare per recuperare un po' di soldi da mettere a bilancio, accontentando così l'Ue che vuole farci rastrellare circa 3,4 miliardi di euro sui conti del 2017.


Il vero motivo del braccio di ferro tra l'Italia e Ue sui conti pubblici


Per trovare le risorse, il governo propone innanzitutto di riordinare le accise. Non si sa ancora bene come verrà attuato questo presunto “riordino” ma, se l'obiettivo è raccogliere un po' di soldi in più, è molto probabile che per gli italiani arrivi qualche nuovo balzello sui beni di consumo soggetti alle accise, in primis i carburanti.


Manovra sull'iva
La misura che farà probabilmente discutere di più riguarda però l'iva, la principale “tassa” che grava sui consumi. Il governo italiano propone infatti di estendere il raggio di azione dello split payment e del reverse charge, due meccanismi di pagamento dell'imposta sul valore aggiunto che sono stati architettati per combattere le frodi e l'evasione fiscale (che sull'iva è molto alta).

In particolare, il governo sembra puntare molto sul reverse charge che ha già fatto molto discutere in passato. Questo regime, almeno secondo quanto riporta il Sole24Ore, potrebbe essere esteso agli orafi, ai venditori di cereali e persino alla grande distribuzione organizzata (gdo).


Iva, perché le aziende protestano


Se così fosse (ma il condizionale è d'obbligo) non mancherebbero certo le polemiche visto che i fornitori della grande distribuzione sono già andati su tutte le furie negli anni scorsi, quando il governo Renzi aveva tentato di introdurre la reverse charge anche per loro, ricevendo però una bocciatura proprio dall'Unione Europea. Ma perché questo sistema di riscossione dell'iva fa tanto discutere? Per capirlo bisogna innanzitutto sapere, seppur a grandi linee, come funzionano il reverse charge e il regime dell'iva ordinario.


Con il regime ordinario, le aziende fissano il prezzo di un bene e aggiungono l'imposta del 22%. Dopo aver incassato il corrispettivo dal cliente, girano l'iva del 22% direttamente al fisco. L'onore di pagare la tassa in questo caso non ricade sul compratore ma sul venditore che ovviamente, quando calcola la somma da versare all'erario, detrae dall'importo dovuto l'imposta sugli acquisti, cioè quella incorporata nel prezzo dei beni comprati dai fornitori. Si evita così una doppia tassazione, cioè di pagare due volte lo stesso balzello al fisco.


Legge di stabilità 2017: le cose da sapere


Le aziende che attualmente sono soggette al reverse charge (per esempio quelle dell'edilizia e dei servizi di pulizia) emettono invece le fatture senza iva perché l'onere di pagare l'imposta ricade sulla controparte, cioè sull'azienda che compra i loro beni e servizi.

Questo sistema, a quanto pare, è più efficace nel combattere le fordi sull'iva, soprattutto in certi settori come quello edilizio, dove opera una miriade di appaltatori e subappaltatori che aprono e chiudono i battenti a ripetizione, portandosi dietro dei debiti di imposta che non vengono mai pagati allo Stato.


Niente fatture in nero
Allargando il raggio di azione del reverse charge, però, si rischia di danneggiare alcune aziende come appunto i fornitori della grande distribuzione che dell'iva non evadono neppure un centesimo, visto che vendono di solito le loro merci a colossi del commercio nazionale che non hanno certo l'abitudine fatturare in nero.


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Se l'applicazione della reverse charge verrà estesa anche al commercio, pure le aziende che riforniscono la grande distribuzione venderanno infatti i loro prodotti senza fatturare l'iva.

Peccato, però, che sui beni acquistati dai propri fornitori (per esempio sulle le bottiglie usate per per confezionare l'acqua minerale o sulle buste dei panettoni), queste aziende continueranno a pagare l'imposta sul valore aggiunto incorporata nel prezzo dei beni comprati, senza più la possibilità di detrarla da quella sulle vendite.

L'unico modo per recuperare quanto versato sarà chiedere un rimborso iva allo Stato che, come si sa, quasi mai paga puntuale e spesso accumula ritardi biblici.

Per recuperare un po' di miliardi dai conti pubblici, insomma, si rischia di mettere in croce parecchi imprenditori e farli rimanere a secco di liquidità.



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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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