C'è l'accordo sul salario minimo in Europa, ma senza obbligo. Quindi...
Trovata l'intesa ed esulta il centrosinistra. Ma la strada per applicarla in Italia è lunga, in salita
Non sarà vincolante per l’Italia l’intesa politica raggiunta la scorsa notte a Bruxelles sulla direttiva per l’introduzione del salario minimo: l’accordo, come ha sottolineato il commissario europeo al Lavoro Nicolas Schmit, punta a garantire "un tenore di vita dignitoso" ai lavoratori dei Paesi membri, rispettando però le tradizioni e le contrattazioni collettive dei 27 Stati. "Con l'impatto della guerra russa in Ucraina, è fondamentale proteggere i lavoratori a basso reddito”, ha spiegato in un tweet il vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, secondo cui "queste regole sono un passo fondamentale per tutelare i lavoratori in tutta la nostra Ue, nel rispetto delle competenze nazionali e dell’autonomia delle parti sociali". “Le nuove regole tuteleranno la dignità del lavoro e faranno in modo che il lavoro paghi", ha scritto su Twitter la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.
L’intesa tra Commissione, Consiglio e Parlamento europeo prevede in particolare che, laddove il tasso di copertura della contrattazione collettiva sia inferiore alla soglia dell'80%, gli Stati membri dovrebbero stabilire un piano d'azione con una tempistica chiara e misure concrete per aumentare progressivamente questo tasso di copertura. E in Italia la contrattazione collettiva è molto diffusa: secondo le europarlamentari della Lega Elena Lizzi e Stefania Zambelli il nostro Paese supererebbe in questo senso la soglia dell’80% fissata da Bruxelles.
"Non imporremo un salario minimo all'Italia, ma sono fiducioso che alla fine il governo italiano e le parti sociali riusciranno a rafforzare la contrattazione collettiva e introdurre il sistema salariale minimo in Italia", ha precisato Schmit. E anche il ministro allo Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti ha fatto sapere che l’accordo "lascia grandi margini ai Paesi membri per declinare questo principio in base alla realtà e alle caratteristiche di ogni Paese". L'Italia, ha aggiunto il ministro, "ha una contrattazione molto avanzata, anche di secondo livello, quindi questo strumento non deve in qualche modo penalizzare forme che abbiamo sperimentato con successo". Per Giorgetti "in alcuni settori probabilmente serve” il salario minimo, “in tanti altri invece credo che l'attuale contrattazione garantisca già oggi degli stipendi superiori".
La notizia è stata accolta con grande entusiasmo dai partiti di centrosinistra e del Movimento 5 Stelle. Il presidente dell’Inps Pasquale Tridico ha auspicato che “l’accordo in Ue sulla direttiva sul salario minimo spinga l'Italia a uscire dalle ambiguità e decidere con tempi certi. Milioni di lavoratori attendono maggiore dignità, potere d'acquisto, trasparenza nei contratti. Non si può rimanere poveri lavorando". Il ministro del Lavoro Andrea Orlando tiene invece una posizione più equidistante: “Bisogna tenere insieme salario minimo e contrattazione. Quindi stabilire il fatto che il salario minimo sia agganciato in qualche modo alla contrattazione, tenendo anche conto dei livelli di produttività dei diversi settori".