Affitti brevi e obbligo del Codice Identificativo Nazionale: solo 1 proprietario su 5 è pronto
(Ansa)
Economia

Affitti brevi e obbligo del Codice Identificativo Nazionale: solo 1 proprietario su 5 è pronto

Da gennaio 2025 il CIN sarà obbligatorio per gli annunci e le locazioni a breve termine. Tra sanzioni, norme di sicurezza e resistenze, cresce l'incertezza nel settore: il 44% dei proprietari è ancora in ritardo, mentre il 9% pensa di abbandonare l'attività

Keybox sì keybox no. Affitti brevi sì, affitti brevi no. Mentre i due fronti in Italia e in tutta Europa discutono, la certezza è l’arrivo del CIN, il codice identificativo nazionale, obbligatorio per gli immobili destinati all’affitto a breve, dal 1 gennaio 2025 nel nostro paese. Eppure, a poco più di un mese dall’entrata in vigore della nuova norma, solo 1 proprietario su 5 è pronto (indagine Facile.it).

L’obbligo del CIN prevede che il codice venga esposto negli annunci pubblicitari e all’esterno dell’immobile. Chi non rispetterà le disposizioni sarà soggetto a sanzioni severe: multe che vanno dagli 800 agli 8mila euro per il mancato possesso del codice e dai 500 ai 5mila euro per la mancata esposizione. Oltre al CIN, la normativa richiede anche l’installazione di dispositivi di sicurezza, come rilevatori di fumo, monossido di carbonio ed estintori, per garantire un soggiorno sicuro agli ospiti. Dai dati emersi da un’indagine commissionata da Facile.it a mUp Research e Norstat solo il 20% dei proprietari si è già adeguato alla normativa, mentre circa 230.000 non ne sono nemmeno a conoscenza.

Nonostante il rinvio dell’entrata in vigore della legge dal 1° novembre 2024 al 1° gennaio 2025, il 44% dei proprietari non ha ancora fatto richiesta del CIN, mentre un altro 33% ha avviato la procedura, ma non ha ricevuto il codice. Preoccupante è il dato che il 9,3% degli intervistati (circa 30mila proprietari) ha dichiarato di voler abbandonare l’attività per la complessità crescente delle norme, percentuale che sale al 14% al Sud e nelle Isole. Al contrario, una minoranza (6%, pari a 18mila proprietari) ha deciso di ignorare l’obbligo, continuando a operare irregolarmente.

Contrariamente all’immagine di un settore dominato da professionisti, il 62% dei proprietari utilizza l’affitto breve come fonte di reddito secondaria. Tuttavia, tra i giovani di età compresa tra i 25 e i 34 anni, questa attività rappresenta una professione per il 61,3%. Le motivazioni dietro la scelta dell’affitto breve sono diverse: il 39,8% punta a maggiori guadagni rispetto agli affitti tradizionali, il 35,7% sceglie questa formula per ridurre il rischio di morosità, mentre il 28,3% preferisce mantenere la disponibilità dell’immobile in caso di necessità.

Sul fronte delle misure di sicurezza, il 63% dei proprietari ha già installato rilevatori di fumo e quasi due su tre sono in regola con gli estintori. Tuttavia, solo il 49% ha provveduto al rilevatore di monossido di carbonio. Anche le assicurazioni registrano una diffusione significativa: il 65% dei proprietari ha stipulato una polizza per tutelarsi dai danni causati agli ospiti e il 68% protegge l’immobile dagli affittuari.

Il quadro che emerge da questi numeri ci dice che senza un’adeguata adesione, il rischio è che il mercato resti frammentato e che molte realtà operino al di fuori della legalità, esponendo i proprietari a sanzioni e gli ospiti a potenziali rischi.

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Cristina Colli