Affitti con AirBnB e le tasse: le cose da sapere
Come funzionano le imposte sulle locazioni turistiche via internet e come potrebbero cambiare con l'emendamento alla Legge di Stabilità
Fa discutere da giorni la cosiddetta norma AirBnB, cioè un emendamento alla Legge di Stabilità del 2017 che riguarda la tassazione degli affitti brevi. Negli ultimi anni, come sanno bene gli internauti un po' più esperti, c'è stato infatti il boom di case date in locazione dai privati ai turisti per pochi giorni o settimane, grazie ai servizi offerti da alcuni portali web specializzati come il popolarissimo AirBnB. Ora, però, l'emendamento presentato da alcuni esponenti del Pd, nonostante la contrarietà del premier Renzi, si propone di mettere ordine nel sistema di tassazione di questi redditi da locazione che spesso sfuggono all'imposizione del fisco. Ecco, di seguito, una panoramica sulle cose da sapere riguardo alla norma AirBnB e sui suoi effetti.
Gli affitti brevi: come sono tassati ora
Le locazioni di pochi giorni sono assimilate dal punto di vista fiscale a qualsiasi reddito d'affitto. Dunque, il contribuente può scegliere se riportare i compensi nella dichiarazione dei redditi (assoggettandoli all'irpef) oppure se optare per il regime della cedolare secca, con un prelievo del 21% sui canoni incassati (purché ci sia soltanto la locazione e non vengano offerti altri servizi accessori come la somministrazione di cibi e bevande).
Cosa dice AirBnB
Già oggi, dunque, i proprietari che affittano case e appartamenti per brevi periodi sono obbligati a pagare le tasse su quanto ricavano. Il portali web che gestiscono gli affitti, però, non si occupano di questo aspetto e si limitano a informare gli inserzionisti dei loro obblighi fiscali.
Sostituti d'imposta
L'emendamento alla Legge di Stabilità proposto in Parlamento ha l'obiettivo di far emergere molte locazioni brevi che oggi avvengono completamente in nero. Per raggiungere questo scopo, la norma impone ai portali web come AirBnB che gestiscono le inserzioni (e anche le operazioni di pagamento degli inquilini) di trasformarsi in sostituti di imposta, applicando alla fonte la cedolare secca del 21% sui canoni incassati dai proprietari.
Tasse di soggiorno
Tra le imposte che la norma AirBnB intende far pagare ai proprietari, c'è anche la tassa di soggiorno. In ogni comune italiano, infatti, sia gli alberghi che gli affitti brevi sono soggetti a un balzello municipale, che varia di solito da 1 a 5 euro a notte, a seconda del numero di stanze concesse in locazione. Con l'emendamento alle Legge di Stabilità, i portali come AirBnB diventerebbero sostituti d'imposta anche per le tasse di soggiorno.
Il Registro Unico
La norma AirBnB impone anche la creazione di un registro unico in cui verranno inseriti i nomi di tutti i proprietari di case che affittano i loro fabbricati per brevi periodi. Il Registro verrà gestito dall'Agenzia delle Entrate.
Radici in Italia
Per diventare sostituto d'imposta, i portali come AirBnB dovrebbero aprire una partita iva nel nostro paese. Riguardo a questo obbligo, ci sono però già alcune diversità di vedute. La partita iva può infatti essere aperta soltanto se un soggetto ha una stabile organizzazione nel nostro paese, con una sede e dei dipendenti. Di solito, i portali dedicati agli affitti brevi non ce l'hanno.