Tutto quello che dovete sapere sulla crisi in Argentina
Dati ufficiali inaffidabili, inflazione incontrollata, incapacità al Governo. Come nel 2001, il paese sembra essere sull'orlo del default. Fiona Mackie dell'Economist Intelligence Unit spiega cosa sta accadendo a Buenos Aires
Tredici anni dopo il suo colossale fallimento, l’Argentina sembra diretta di nuovo verso il crollo. Cosa c’è da temere? Lo spiega a Panorama.it l’economista Fiona Mackie, esperta di America Latina dell'Economist Intelligence Unit.
Cosa c’è di diverso rispetto alla crisi argentina del 2001?
In quel momento il debito pubblico era enorme. Dopo essere fallita, l’Argentina non ha più avuto accesso ai mercati internazionali, quindi il suo debito ora è ridotto. Quindi non è più un problema di debito, ma di errori economici prolungati e di larga scala. Il problema più grosso per l’Argentina oggi si chiama inflazione.
I dati ufficiali argentini sono inaffidabili. Qual è il vero tasso d'inflazione, adesso?
Il governo dice che sia al 10,6 per cento, ma molte stime private salgono al 25 per cento. Io mi affido alle statistiche di PriceStats (che registrava un’inflazione del 22,8 per cento a fine 2013) per dire che, quest’anno, finirà al 35 per cento. La correttezza dei numeri è parte del problema, in Argentina: prima di impegnare i loro soldi nel paese, gli investitori vogliono sapere qual è lo stato reale dell’economia e, al momento, non è possibile.
Cosa ci sta nascondendo il governo argentino?
Di sicuro la vera dimensione del problema dell’inflazione. Le cifre ufficiali sono totalmente inaffidabili. Il governo ha cercato di negare che l’inflazione abbia un’influenza negativa sulla sua politica economica.
L’Argentina è un paese più avanzato rispetto ai suoi vicini. Perché è di nuovo in crisi?
Come dimostra l’Eurozona, il fatto che un paese sia ricco e avanzato non lo mette al riparo dalle crisi. L’Argentina è uno dei paesi più avanzati dell’America Latina, ma questo non ha impedito ai suoi governi di prendere scelte di politica economica sbagliate. Se la presidentessa argentina avesse tagliato la spesa statale, invece di aumentarla per vincere le elezioni nel 2011, non ci ritroveremmo in questo stato. L’inflazione ha vanificato il valore reale della valuta argentina negli ultimi cinque anni e ha ribaltato la situazione economica, mandando in perdita un bilancio statale che era in attivo. L’Argentina non può ancora prendere soldi in prestito per rimediare ai suoi debiti, perciò se il suo bilancio non resta in attivo le sue riserve monetarie pian piano si esauriscono.
Le scelte protezioniste del governo hanno complicato la situazione?
Di sicuro non hanno aiutato. I limiti alle importazioni hanno ostacolato le aziende che dipendevano da prodotti importati, perciò il governo ha dovuto allentare e stringere i limiti, a sua discrezione. Non è di certo un bel modo per aiutare l’industria. Inoltre, le misure imposte alle aziende petrolifere hanno reso l’Argentina un posto molto poco attraente per questo tipo di industria. Ad esempio: bloccare le bollette dell’elettricità (dal 2001) per tenersi buoni i consumatori è una scelta populista, che rende i costi insostenibili per chi produce e distribuisce elettricità.
Perché la banca centrale americana (Fed) ha smesso di comprare bond di paesi emergenti, a cui l'Argentina è legata?
Perché i sintomi di ripresa negli Stati Uniti l’hanno portata a ritirare gli stimoli monetari che aveva concesso in maniera straordinaria. Per i paesi emergenti, a cui l’Argentina è legata, è un rischio: sarà più difficile trovare capitali stranieri così facilmente disponibili e così a basso prezzo.
I risparmiatori europei devono temere qualcosa?
Gli investitori finanziari si sono tenuti alla larga dall’Argentina, perciò è difficile che la sua situazione, per quanto profonda sia la crisi, vada a minacciare la stabilità europea. Ma se al crollo argentino dovessero sommarsi le difficoltà di qualche altro paese emergente allora sì, ci sarebbe di che preoccuparsi.