Naspi e Aspi, le differenze
Ciro Fusco/Ansa
Economia

Naspi e Aspi, le differenze

Con il Jobs Act, cambiano i sussidi ai senza lavoro. In certi casi dureranno di più ma rischiano di penalizzare chi ha avuto impieghi discontinui

Nuovi sussidi alla disoccupazione al posto dei vecchi. È la novità in arrivo dal 1° maggio 2015 quando debutterà la Naspi (Nuova assicurazione sociale per l'impiego), un sostegno ai senza lavoro nato con il Jobs Act, la riforma del welfare del governo Renzi. Si tratta di un ammortizzatore sociale che sostituirà quelli attualmente in vigore, cioè l'Aspi e la Mini-Aspi, istituiti invece con la riforma Fornero del 2012. Cosa cambierà, dunque, per chi resta disoccupato? Non è facile rispondere a questa domanda perché la Naspi, pur avendo in linea di massima una durata e un importo maggiori rispetto ai vecchi sussidi, rischia di penalizzare chi ha avuto in passato degli impieghi discontinui e precari. Ma ecco, nel dettaglio, una panoramica sulle novità all'orizzonte.


I beneficiari

I requisiti per accedere alla Naspi sono di per sé poco stringenti. Il nuovo sussidio spetta infatti a chi ha lavorato per almeno 30 giorni nell'ultimo anno e ha alle spalle più di 13 settimane di contribuzione nell'ultimo quadriennio. Si tratta di un criterio molto più elastico di quello previsto  oggi per l'Aspi ordinaria, a cui può accedere soltanto chi ha versato almeno un anno di contributi contro la disoccupazione nell'ultimo biennio. Chi non possiede questi requisiti, oggi si deve invece accontentare della Mini-Aspi, che spetta a chi ha almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 12 mesi. La Mini-Aspi ha un importo uguale all'Aspi ordinaria ma dura molto meno (cioè per un periodo pari alla metà delle settimane lavorate nell'ultimo anno).


La durata

Anche per quanto riguarda la durata, la Naspi è in teoria più generosa rispetto alla vecchia Aspi. Il nuovo sussidio copre infatti per un periodo pari alla metà delle settimane lavorate negli ultimi 4 anni. Esempio: chi ha avuto un impiego stabile per 48 mesi e poi perde il posto, è coperto per un massimo di 24 mesi (18 mesi dal 2017 in poi). Oggi, invece, la durata prevista per l'Aspi ordinaria è un po' più corta: 10 mesi per chi ha meno di 50 anni, 12 mesi per gli ultra 50enni e 18 mesi per gli over 55.

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Chi resta penalizzato

Prima di rallegrarsi troppo, però, i futuri beneficiari della nuova indennità devono tenere conto di una norma contenuta nel decreto che istituisce la Naspi. L'articolo 5 stabilisce che, nel calcolo della durata del sussidio, non si terrà conto dei periodi di lavoro precedenti, per i quali il dipendente ha già beneficiato dell'assegno di disoccupazione. Si tratta di una disposizione che rischia di penalizzare chi ha avuto degli impieghi discontinui, a tempo determinato o stagionali. Esempio: se nell'ultimo quadriennio un lavoratore ha ottenuto un contratto di assunzione di 7-8 mesi ogni anno, quando verrà licenziato avrà in teoria diritto a un sussidio di soli 3-4 mesi. Nel calcolare la durata dell'indennità, infatti, non si terrà conto dei precedenti periodi di lavoro per i quali sono già stati pagati degli assegni di disoccupazione. Si tratta di un meccanismo penalizzante rispetto a quello attualmente in vigore per l'Aspi ordinaria, che viene riconosciuta per almeno 10 mesi a chiunque abbia versato almeno un anno di contributi contro la disoccupazione nell'ultimo biennio, anche se con contratti precari e discontinui. Per chiarire questo punto, tuttavia, saranno probabilmente necessarie delle circolari esplicative dell'Inps.

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L'importo dell'assegno

Il meccanismo di calcolo dell'assegno della Naspi è simile a quello dell'Aspi, anche se ci sono delle differenze significative. Per l'Aspi, veniva presa a riferimento la retribuzione media mensile degli ultimi due anni, su cui era calcolata un'indennità pari al 75% dello stipendio, con un tetto massimo di 1.195 euro lordi circa. Per la Naspi la soglia massima è un po' più alta, cioè pari a 1.300 euro lordi mensili, ma non è detto che il trattamento per il disoccupato diventi più favorevole rispetto a prima. Per il calcolo del sussidio, infatti, verrà presa a riferimento la retribuzione media del dipendente degli ultimi 4 anni e verrà usata una formula un po' diversa e più complicata, dividendo il salario per il numero di settimane effettivamente  lavorate e moltiplicando il risultato ottenuto per un coefficiente fisso (4,33). L'importo del sussidio dipenderà dunque dal livello medio degli stipendi incassati dal lavoratore nell'ultimo quadriennio.

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Il taglio all'indennità

Anche per la Naspi, come per l'Aspi, è previsto un taglio dell'assegno man mano che aumenta il periodo di disoccupazione. Il meccanismo delle decurtazioni è però diverso. Per la vecchia Aspi, l'assegno veniva tagliato del 15% dopo 6 mesi dall'inizio del periodo di disoccupazione e di un'ulteriore 15% dopo 12 mesi (quando il lavoratore aveva più di 55 anni e aveva ancora diritto agli ammortizzatori sociali). Con la Naspi, invece, si ha diritto all'assegno pieno per i primi tre mesi. Dal quarto mese in poi, l'indennità si riduce del 3% ogni 30 giorni. Esempio: dopo 6 mesi il taglio raggiunge il 9%, dopo 9 mesi si ha una decurtazione del 18%, che sale al 27% dopo 12 mesi e al 45% dopo 18 mesi, per arrivare sino del 60% circa alla fine del secondo anno di disoccupazione. La Naspi può dunque coprire per un periodo più lungo dell'Aspi ma, conti alla mano, dopo un anno l'importo dell'indennità sarà sensibilmente ridotto.


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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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