La malattia di Marchionne, tutto quello che c'è da sapere
Mistero sulle settimane precedenti alla scomparsa dell’ex n.1 di Fiat Chrysler. Gli obblighi di un’azienda quotata se un top manager sta male
Sergio Marchionne era gravemente malato da circa un anno e l'azienda di cui era amministratore delegato non sapeva o aveva comunque notizie parziali. E’ questa, in sintesi, la ricostruzione finora più accreditata di quanto è avvenuto da 12 mesi a questa parte dentro il gruppo Fiat Chrysler Automobiles (Fca). Si tratta di un quadro dei fatti che fa discutere, soprattutto per una ragione: Fca è un grande gruppo industriale quotato in borsa e le notizie sullo stato di salute del suo amministratore delegato, soprattutto se si tratta di un manager con le indubbie capacità di Marchionne, non lasciano certo indifferenti gli investitori che hanno acquistato i titoli della società, i grandi fondi internazionali come i piccoli risparmiatori.
Ecco allora che si aprono alcuni interrogativi che meritano risposta: perché i vertici di Fca e la famiglia Agnelli, azionista di maggioranza del gruppo, non erano a conoscenza della gravità delle condizioni di salute di Marchionne? Era dovere del manager, e di riflesso anche dell’azienda, informare gli organi di stampa, i risparmiatori e le autorità di controllo?
Le regola in America
Su questo punto, il dibattito sui giornali si sta facendo sempre più inteso. Per avere risposte convincenti, occorrerebbe probabilmente qualche chiarimento in più dalla famiglia dello stesso Marchionne, che ha già confermato che l’azienda non era a conoscenza pienamente della malattia, oltre che dall’esponente oggi più in vista della dinastia degli Agnelli, il presidente di Fca John Elkann.
Intanto, alcune risposte parziali le si possono trovare passando in rassegna e normative sulle società quotate applicate nei mercati borsistici in cui il titolo Fca viene negoziato: quello americano di Wall Street e quello italiano di Piazza Affari a Milano. Come ricorda il Sole 24Ore, l’authority che vigila sui mercati finanziari statunitensi, cioè la Sec, non impone di per sé di tenere informati gli investitori e l’opinione pubblica sulle condizioni di salute degli amministratori di un’azienda.
L'informazione è obbligatoria soltanto se i top manager sono impossibilitati dalla malattia a esercitare le loro funzioni e devono affidarle ad altri. In questo caso, il diritto alla privacy del singolo viene meno poiché ovviamente i possessori del titolo devono essere a conoscenza di chi, all’interno della società, prende decisioni rilevanti. Non va dimenticato, però, che ci sono molti precedenti come quello del fondatore di Apple Steve Jobs che, pur non essendo obbligato dalla legge, non fece mistero di comunicare all’opinione pubblica la malattia che gli fu poi fatale.
Il market abuse
In Italia, invece, la diffusione delle informazioni sullo stato di salute degli amministratori è regolata dal Testo Unico della Finanza che ha recepito alcune norme contenute in una direttiva europea sul Market Abuse del 2014. Secondo la legge, è la stessa società quotata che può tenere riservate le notizie sulle eventuali patologie dei suoi top manager, purché ci siano delle motivazioni valide come il voler evitare speculazioni sul titolo che rischiano di danneggiare gli azionisti e l’azienda.
La società quotata deve in tal caso garantire la riservatezza delle informazioni e, quando le comunicazioni sullo stato di salute del manager vengono ritardate, deve compilare un Registro Insider in cui vengono indicate tutte le persone, anche esterne all'azienda, che sono in possesso di informazioni riservate non ancora diffuse al pubblico.
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