Banche Venete e manovra 2018, cosa cambia per i risparmiatori
Stanziati 50 milioni per risarcire le vittime dei crack finanziari. Ma per i consumatori si tratta di una farsa
“Insufficiente e ridicola”. Una delle espressioni più dure l’ha usata il Movimento Difesa del Cittadino (Mdc) che ha bollato così lo stanziamento da parte della maggioranza di governo di un fondo da 50 milioni di euro per risarcire i risparmiatori vittime dei crack bancari degli ultimi anni.
Stiamo parlando dei clienti di Banca Etruria e degli altri istituti di credito regionali falliti nel dicembre 2015, ma soprattutto delle Banche Venete (Veneto Banca e Popolare di Vicenza), finite in dissesto nel 2016 dopo aver rifilato negli anni precedenti ai loro correntisti una montagna di titoli spazzatura: azioni a prezzi gonfiati durante diversi aumenti di capitale e obbligazioni subordinate trasformatesi poi in carta straccia.
Doppia farsa
Ora, con questo nuovo fondo istituito con la manovra ecoomica del 2018, tutti i risparmiatori rimasti beffati dovrebbero in teoria avere qualche indennizzo. Per le associazioni dei consumatori, però, il provvedimento è letteralmente una farsa, per due ragioni.
Innanzitutto, la cifra stanziata è ridicola perché, tra i risparmiatori da risarcire, sono esplicitamente indicati anche gli azionisti. “Il che significa”, dice Giuseppe D’Orta, consulente finanziario ed esponente dell’associazione dei consumatori Aduc, “che dei risarcimenti degni di questo nome avrebbero bisogno di uno stanziamento di qualche miliardo di euro”.
Ma c’è un altro motivo per cui, secondo le sigle dei consumatori, l’istituzione di questo fondo appare come farsesca. Per avere gli indennizzi, i risparmiatori devono aver prima vinto una causa giudiziaria contro la banca, con sentenza passata in giudicato. Oppure, in alternativa, devono aver avuto un pronunciamento a loro favore da parte di un collegio arbitrale, come quelli istituiti dalla Banca d’Italia (l’Abf) o dalla Consob (l’Acf).
Cause impossibili
Peccato, però, che avere una sentenza dal giudice o un pronunciamento dell’arbitro, per le vittime dei crack bancari sia letteralmente impossibile. “C’è una disposizione di legge che di fatto impedisce di fare causa a un istituto di credito posto in liquidazione ”, spiega infatti D’Orta.
Si tratta, nello specifico, dell’articolo 83 del Testo Unico Bancario (Tub) che recita così: “dalla data di insediamento degli organi liquidatori non può essere promossa o proseguita alcuna azione nei confronti della banca, ad eccezione delle azioni strettamente inerenti la procedura di liquidazione come, ad esempio, le opposizioni allo stato passivo”. Tradotto in parole più semplici, è bene che le vittime dei crack bancari non si facciano molte illusioni e si preparino a rimanere a bocca asciutta anche questa volta.
Per saperne di più
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