Barbie e Mattel in crisi: i numeri del fallimento
Vendite in calo da tre anni, l'azienda ha rinunciato a creatività e innovazione
Possibile che alla vigilia del suo 56esimo compleanno l'icona mondiale della bellezza abbia completamente perso il suo fascino? A giudicare dall'andamento dei ricavi che la bambola più desiderata di sempre, la Barbie, garantisce alla Mattel parrebbe di sì.
Perché la Mattel è in crisi
Negli ultimi dodici mesi il titolo dell'azienda americana ha perso il 14 per cento del suo valore. Le vendite sono in calo da più di un anno, e nell'ultimo trimestre del 2014 l'utile netto della compagnia è sceso niente meno che del 59 per cento, i ricavi del 6, costringendo Mattel ad assestarsi su un utile di 150 milioni di dollari scarsi con ricavi di poco meno di due miliardi di dollari.
Bryan Stockton, amministratore delegato appena destituito, sostiene di aver provato di tutto per rilanciare le vendite di quella che fino a poco tempo fa era considerata in tutto il mondo la bambola più bella d'America, oggetto cult per le adolescenti di ogni continente. Numeri così negativi dimostrano che gli sforzi fatti sono stati vani.
Copiata, amata, desiderata, bistrattata, iconizzata, Barbie è da sempre un punto di riferimento cui nessuna ragazzina ha mai voluto rinunciare. Per il suo look impeccabile e inconfondibile, e per la capacità di aiutarle a immaginare la vita che avrebbero vissuto da adulte.
Chi fa concorrenza alla Barbie
Eppure, il mito di Barbie sembra essere improvvisamente svanito. L'azienda attribuisce la colpa alle nuove tecnologie, che porterebbero le ragazzine a preferire i videogames ai giochi di fantasia e a sostituire le eroine "classiche" con le nuove star dei cartoni animati. Oggi si punta il dito contro Elsa di Frozen, ma non è certo Elsa la prima eroina femminile lanciata da Walt Disney. Ecco perché i motivi della crisi di Mattel non possono che essere altri.
Tra quelli contingenti vi è certamente la rivalutazione del dollaro, che rende le Barbie più costose del normale. Ma anche le eroine della Disney vengono dagli Stati Uniti, quindi anche questa motivazione non convince.
Tra il 2009 e il 2013 nel mercato delle bambole la quota delle Barbie è scesa di oltre cinque punti percentuali. Tutti i trend di vendita degli ultimi tre anni sono negativi, e considerando che l'AD Bryan Stockton è stato chiamato a dirigere l'azienda proprio tre anni fa, forse la responsabilità di questa performance deludente è anche un po' sua.
L'importanza del marketing
Il nuovo AD ad interim è Christopher Sinclair, ex del gruppo Pepsi (o PepsiCo Inc), che il Consiglio di Amministrazione spera possa offrire all'azienda un po' di creatività e lungimiranza in più rispetto al suo predecessore, che evidentemente ha sbagliato a puntare tutto sulle vendite (all'estero), trascurando il marketing della bambola.
Due considerazioni: puntare esclusivamente sulle vendite all'estero è sbagliato, e Mattel lo sa bene. Nel 2007 venne inaugurato un negozio multipiano a Shanghai che, tuttavia, nel 2011, chiuse i battenti. Il motivo del fallimento? L'aver sottovalutato la passione delle bambine cinesi per le Barbie, che invece questa bambola bionda dagli occhi azzurri non l'avevano mai vista, e l'essere partiti facendo il passo più lungo della gamba, vale a dire puntando su un total look che il pubblico locale non era stato preparato ad accogliere.
La rimonta di Lego
Ancora, la teoria secondo cui i punti di riferimento delle ragazzine di oggi siano altri e la Barbie non sia più competitiva è debole, visto che il grande concorrente di Mattel, oggi, non è un'azienda di bambole ma la Lego. Lo stesso gruppo che appena dieci anni fa era sull'orlo della bancarotta, ma che è poi riuscito a scalare la classifica dei produttori di giocattoli puntando su rigore, creatività e innovazione. I dettagli che la Mattel di Bryan Stockton ha scelto di trascurare. Mentre la Lego ha creato nuovi giochi per i più piccini e per le ragazze, ha razionalizzato l'intera linea produttiva e ha persino puntato sul cinema con il suo "Lego The Movie", la Mattel si limitava a commercializzare la sua bambola all'estero nella versione più tradizionale. A volte commettendo gli stessi errori fatti a Shanghai.
Quale futuro per la Barbie?
Errore dopo errore, la situazione si è deteriorata, e i risultati di oggi lo dimostrano. Per restituire all'azienda fascino e credibilità Christopher Sinclair dovrà certamente lavorare molto. Ma non dimentichiamo che l'appeal della Barbie non si è certo esaurito del tutto. Se il nuovo AD sarà in grado di innovarla un po', dandole un'immagine più moderna e internazionale, non dovremo aspettare molto per assistere alla ripresa di vendite e ricavi.