la centrale nucleare Three Mile Island riaprirà dopo l'accordo con Microsoft
(Ansa)
Economia

Big tech a caccia di energia nucleare

L’Intelligenza artificiale sta già influendo sulle nostre vite, ma per funzionare a pieno regime ha bisogno di tantissima elettricità. Per questo Microsoft, Amazon e Google puntano sull’atomo. E per avere sempre più potenza arrivano anche a riaprire vecchie centrali

«Se possiamo avere energia in abbondanza e a basso costo, e se possiamo rendere l’Intelligenza artificiale disponibile a tutti, il mondo progredirà». Lo ha detto Sam Altman, ossia il papà del chatbot intelligente ChatGpt nonché fondatore della società che lo sta sviluppando, OpenAi. Ma quale sarebbe l’energia a basso costo e non inquinante? La soluzione, secondo l’imprenditore e non solo, è una sola: l’energia nucleare. Per questo lo stesso Altman ha investito 375 milioni di dollari nella startup Helion Energy, una società che punta alla fusione nucleare. Il problema, però, resta la complessità. Costruire un reattore a fusione controllata ha bisogno di un tempo di realizzazione lungo, di almeno 10 anni.

La via comunque è tracciata. L’Ia infatti ha bisogno di molta energia per raffreddare i data center e per funzionare. Ovviamente il patron di OpenAi, una società che dovrebbe valere almeno 150 miliardi di dollari, è molto ottimista sul nucleare: «Questa tecnologia avrà un ruolo importante nel nostro futuro». E fa anche una promessa: «Entro il 2050 mi auguro che non bruceremo più carbone a livello globale». Altman, comunque, non è solo in questa corsa all’energia pulita. Ci sono Microsoft, Amazon e altre Big Tech che stanno mostrando un forte interesse per l’atomo, spinte dalla fame di energia dei data center e, appunto, dell’Intelligenza artificiale. Oltretutto questi «giganti » hanno preso impegni per ridurre a zero le proprie emissioni a partire dal 2030. E dato che le fonti rinnovabili possono coprire solo parzialmente la domanda crescente, a causa dell’irregolarità della produzione legata al sole o al vento, il nucleare, una fonte a basse emissioni e che produce elettricità in ogni momento della giornata, è considerata la soluzione al dilemma.

Microsoft, Amazon e Google sono già insaziabili clienti di energia per far funzionare i loro immensi data center, il luogo fisico che contiene l’infrastruttura informatica richiesta dai sistemi IT, come server, unità di archiviazione di dati e apparecchiature di rete. La multinazionale di Jeff Bezos ha appena stretto un accordo in Pennsylvania con una vicina centrale atomica in modo che l’energia per un suo nuovo data center venga acquistata direttamente dall’impianto. L’intesa, stipulata con Talen Energy per 950 megawatt di elettricità, vale 650 milioni di dollari l’anno. Microsoft, per parte sua, fa le cose in grande e, sempre in Pennsylvania, ha chiesto addirittura di riattivare a Costellation Energy la centrale nucleare di Three Mile Island, che nel 1979 fu teatro del più grave incidente nucleare nella storia degli Stati Uniti. L’impianto stava per essere spento, ma l’azienda guidata da Satya Nadella lo vuole ristrutturare, dato che ora la maggioranza degli americani è favorevole all’atomo. Si dice che l’accordo, della durata di 20 anni, preveda una fornitura annua di 835 megawatt, sufficiente per alimentare circa 700 mila abitazioni, energia che servirà al colosso di Redmond per soddisfare il suo fabbisogno energetico riconducibile proprio all’Intelligenza artificiale. L’investimento per riaccendere il reattore, ancora di vecchia concezione, è pari a 1,6 miliardi di dollari con 3.400 nuovi posti di lavoro diretti e indiretti e dopo l’annuncio dell’intesa Constellation ha visto le sue azioni schizzare in Borsa del 13 per cento.

Anche Google punta molto sul nucleare. Lo ha annunciato il ceo Sundar Pichai in visita a Tokyo. Il manager conferma che sia l’unica fonte di elettricità in grado di coniugare le enormi esigenze dell’Ia con la necessità di disporre di energia a bassa emissione di CO2. Del resto, nel 2023, le emissioni di gas serra provocate dai data center di Google sono state superiori del 48 per cento rispetto al 2019. Il fabbisogno di energia dell’Ia è dunque imponente: secondo alcune stime entro il 2026 l’intero settore potrebbe arrivare a richiedere fino a oltre mille terawattora all’anno. Una cifra monstre, se si considera che in Italia i consumi di energia totali sono pari a circa 300 terawatt. Una tale domanda non solo ha un costo, ma è anche in grado di influenzare il mercato dell’elettricità a livello locale con un conseguente rialzo dei prezzi. Questo rende sempre più complesso finanziare progetti basati sull’Intelligenza artificiale mentre sul fronte green le aziende che gestiscono i data center hanno promesso di ridurre a zero le emissioni di anidride carbonica entro pochi anni.

Microsoft si è posta obiettivi ancora più ambiziosi, ossia quello di rimuovere più gas serra dall’atmosfera di quanto ne produca. Il problema è che entro il 2030 la richiesta di elettricità potrebbe esplodere fino a un +166 per cento, nonostante il costante miglioramento dell’efficienza dei chip che alimentano l’Intelligenza artificiale e che hanno fatto il successo del titolo Nvidia in Borsa. Non stupisce dunque che l’energia nucleare sia vista come una soluzione sostenibile, ma la costruzione delle relative centrali di nuova concezione richiede tempi lunghissimi ed è per questo che le aziende si spingono a riattivare anche impianti esistenti. Inoltre, l’impiego crescente dell’Ia sta già portando a un maggior impiego di combustibili fossili per la produzione di energia al punto che negli Usa il Maryland, il Missouri e la West Virginia stanno ritardando la chiusura delle centrali a carbone, mentre l’amministrazione Biden ha deciso di dare incentivi per mantenere attivi i reattori nucleari esistenti.

E in Italia, che ha bandito con il referendum del 1987 le centrali nucleari, che cosa accadrà? Secondo una recente indagine dell’istituto Swg i favorevoli all’utilizzo della nuove tecnologie nucleari oscillano tra il 49 e il 55 per cento e i più propensi sono gli under 55 per i quali la percentuale sale addirittura al 63 per cento. Anche nel nostro Paese, quindi, il vento sta cambiando.

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Maddalena Camera