Le nebbie attorno a Binance
La società che maneggia criptovalute per miliardi di euro ogni giorno è finita nel mirino delle autorità di vigilanza di mezzo mondo, che hanno scoperto...
Binance è il più grande exchange di criptovalute al mondo: macina quotidianamente miliardi di dollari di scambi, sui quali matura miliardi di utili a fine anno. Ebbene, da qualche tempo questo colosso è nei guai. Innanzitutto, è finito nel mirino delle autorità di vigilanza di diversi paesi, tra i quali gli Stati Uniti e l'Italia. E non solo: un nutrito gruppo di investitori internazionali (molti dei quali italiani), capitanato dal Blockchain Swiss Consortium, fondato da Michele Ficara Manganelli (uno degli imprenditori italiani storici (ora trasferito in Svizzera) più attivi nel mondo della finanza digitale), hanno deciso di promuovere una class action con l'assistenza dello studio legale Lexia.
Le disavventure di Binance stanno montando in un caso che ha grande risonanza, anche a causa della popolarità recentemente acquisita dalle criptovalute (bitcoin, primi fra tutte): le straordinarie impennate nelle quotazioni di bitcoin e altre cripto tra il 2020 e il 2021, hanno consentito a molti di conseguire facili guadagni. In più, il fatto che la possibilità di fare trading online sulle criptovalute oggi sia alla portata praticamente di chiunque (anche di investitori poco esperti) ha aperto le cataratte di quelli che di fatto sono diventati dei veri mercati speculativi completamente deregolamentati. Ovvio quindi che uno scossone come quello che ha investito Binance susciti la preoccupazione, se non il panico, di molti.
Ma cosa c'è che non va in Binance? Innanzitutto, riuscire a capire dov'è la sede di questa azienda, e quindi, la giurisdizione a cui è sottoposta, non è affatto facile. Quando nel 2018 il governo cinese ha proibito le attività di trading, l'azienda ha dovuto spostare la sua sede altrove. Sul sito ufficiale di Binance, tuttavia, non si dichiara la sua sede legale neppure in quei documenti, come i "terms and conditions", che dovrebbero regolare i rapporti contrattuali con gli utenti. Andando a fare qualche ricerca su internet si scopre che alle isole Cayman ha sede la Binance Holdings Limited e alle Seychelles, a Mahe, ha sede la Binance Investments Company. Si dovrebbe trattare delle società al vertice del gruppo. Di questo gruppo, però, non è chiara la fisionomia: esistono numerosi uffici sparsi per il mondo, a Londra, Parigi, Berlino, Mosca, Singapore, New Delhi, etc., ma non è chiara la loro natura giuridica, né la relazione che lega queste subsidiaries alla casa madre (o alle case madri). Primo problema: ad oggi non si capisce dove Binance paghi le tasse. Secondo problema: Binance non si limita ad operare scambi di criptovalute, ma offre sul mercato una serie di servizi e di prodotti che, nei fatti, si comportano come veri e propri strumenti finanziari derivati. Questo vuol dire che l'acquisto di questo tipo di servizi e di prodotti finanziari è soggetto ad una quantità di regole di vigilanza che variano a seconda dei paesi in cui vengono effettuate le transazioni. Parliamo, a seconda dei casi e dei tipi di operazioni, del possesso di autorizzazioni all'intermediazione finanziaria e all'iscrizione nei registri degli intermediari finanziari; del rispetto di regole di trasparenza che implicano l'obbligo di porre gli investitori (soprattutto quelli meno esperti) nella condizione di valutare con consapevolezza i rischi di un investimento o di una speculazione; di disposizioni finalizzate a contrastare il riciclaggio di denaro che potrebbe essere il frutto di attività criminali, sugli obblighi di identificazione dei soggetti che investono le loro risorse (la c.d. normativa antiriciclaggio), e così via. Si tratta di normative la cui violazione comporta, in qualsiasi paese, l'applicazione di sanzioni pesantissime, oltre che il blocco di ogni attività. È così che le autorità di molti paesi hanno intrapreso una azioni o avviato procedure nei confronti di Binance. In diversi casi, ad esempio, le autorità di questi paesi hanno diffuso comunicati in cui dichiarano esplicitamente che Binance non è autorizzata a svolgere attività scambio di criptovalute (è il caso della CIMA, ossia l'autorità monetaria delle Cayman, e dell'omologa autorità thailandese); oppure che non è autorizzata a svolgere attività regolamentate. Analogamente in Italia, la Consob ha diramato un comunicato in cui avverte i risparmiatori che le Società del "Gruppo Binance" non sono autorizzate a erogare servizifinanziari in Italia, con un riferimento specifico in particolare ai servizi indicati nelle sezioni "derivatives" e "Stock Token", e cioè, a quei prodotti che hanno connotati assimilabili a quelli di strumenti finanziari veri e propri. Iniziative analoghe sono state intraprese anche in Germania e in Giappone e negli USA il dipartimento di giustizia ha messo sotto inchiesta Binance Holdings Ltd per ipotesi di riciclaggio ed evasione fiscale. Nonostante questo, però, Binance, proprio grazie alla sua struttura sfuggente, scivola tra le pieghe degli ordinamenti, continuando ad operare indisturbata e limitandosi diplomaticamente a rispondere che non opera sul tale mercato, o che opera in conformità con le regolamentazioni del tal altro mercato. Le ragioni per le quali questo colosso vada avanti sfidando le autorità regolatrici dei paesi di mezzo mondo non sono facili da comprendere se si considera che un mastodonte del genere dispone di capitali di entità tale da poter conseguire nella maggior parte delle giurisdizioni, e quindi dei mercati, qualsiasi licenza necessaria per operare in piena legalità senza colpo ferire. Tale scelta, dunque, parrebbe rispondere a precise strategie che restano nascoste nella fitta nebbia che aleggia intorno alle attività del gruppo.