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(Ansa)
Economia

Le Borse salgono ma l'offerta è negativa. Cosa significa e perché succede

Le quotazioni sono in crescita ma a calare è il numero di azioni e di aziende presenti sui mercati

I primi 4 mesi del 2024 ci hanno messo di fronte a un dato anomalo e per certi versi strabiliante: l’offerta netta di azioni / aziende sulle borse mondiali è stata negativa per quasi 150 miliardi di dollari. Ma cosa vuol dire “negativa”? Vuol dire che se alle poche quotazioni di nuove aziende avvenute sui vari stock exchanges (IPOs e aumenti di capitale) sottraiamo i delisting (cioè i casi in cui un’azienda da quotata torna ad essere “privata” tramite un’OPA), e le operazioni di buyback aziendale in cui una società compra sul mercato le proprie azioni (spesso per poi annullarle) otteniamo un dato negativo. E’ come se si stesse parzialmente prosciugando il grande bacino delle aziende quotate nel mondo.

Il grafico che ci propone il Financial Times ci mostra l’anomalia di una tale situazione; un dato negativo di un’entità simile a quella di questo primo quadrimestre del 2024 non si era mai visto negli ultimi 25 anni.

(Financial Times)

Normalmente a livello mondiale le borse propongono in media 400 – 500 miliardi di offerta netta di capitale azionario all’anno che gli investitori hanno sempre tranquillamente assorbito. Anche recentemente si sono registrati ottimi anni come il 2020 e il 2021 con valori vicini ai 700 miliardi; è pur vero che nel tempo il trend è discendente visto che i record di fine anni ’90 non si sono più rivisti, ma il dato 2024 e anche quello del 2023 (negativo anch’esso con -40 miliardi) pongono degli interrogativi importanti.

E allora cerchiamo di capire il perché di questo fenomeno. Oggi ci concentreremo sulle IPOs, mentre nella prossima puntata parleremo dell’elemento delisting e dell’elemento buybacks.

Anzitutto le nuove quotazioni di aziende in borsa sono ai minimi dell’ultimo ventennio ($50 mld di valore negli USA e soli €12.5 mld in Europa nel 2023). Anche il 2024 è partito a rilento in entrambi i continenti. Si fa molta fatica ad arrivare in fondo a un processo di quotazione, sono state decine le IPOs annunciate e poi ritirate per scarso interesse degli investitori. Il grafico di UBS ci mostra come negli Stati Uniti il tracollo dal 2021 sia stato davvero impressionante sia come numero che come controvalore delle transazioni. Molto lontani i tempi delle IPO in stile Ferrari insomma.

Uno dei motivi principali dell’attuale situazione è senza dubbio l’elevato livello dei tassi di interesse che rende più complesso rendere appetibile la valorizzazione di una nuova matricola rispetto agli anni dei tassi bassi o addirittura negativi. Poi l’attuale forte concentrazione settoriale degli indici di mercato e dei flussi di investimento limita molto le aree e i business che il mercato e gli investitori giudicano oggi appetibili.

Per far capire quanto sia difficile quotare nuove aziende basta poi osservare come lato fondi di private equity la percentuale di vendite di aziende che avviene attraverso il canale delle IPOs sia sceso ai minimi di sempre con solo il 2% del totale rispetto a medie storiche che tipicamente oscillavano fra il 15 e il 30%. Qui forse anche valutazioni di carico elevate possono rappresentare un problema. Il grafico di Prequin non richiede ulteriori commenti.

Un segnale chiaro della poca richiesta ce lo offre poi l’indice che misura la performance del primo giorno di quotazione di una “matricola” in borsa. Si vede come molto lontani siano i giorni in cui il dato medio arrivava al 20-25% con gli investitori che si strappavano di mano le IPOs. Anche qui il 2023 ha fatto segnare il peggior dato di sempre con un eloquente -1%.

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Giacomo Chiorino