Italia in ritardo sulle startup: investimenti in calo
Dal Rome Startup Week 2024 il settore chiede un nuovo Startup Act per competere a livello globale e invertire l’inverno demografico.. Gianmarco Carnovale presidente Roma Startup e membro del direttivo Allied For Startups: "È ora anche in Italia di giocare con le regole internazionali"
L’Italia è e resta indietro sulle startup. Si scommette ancora poco sulle imprese giovani. Dopo l’exploit del 2022 (2miliardi di euro di investimenti), nel 2023 si è scesi di quasi la metà e il primo semestre del 2024 ha registrato -48% rispetto ai primi 6 mesi dell’anno precedente. La fotografia è stata scattata alla vigilia della quarta edizione di Rome Startup Week, il festival internazionale organizzato il 19 e 20 settembre da Roma Startup insieme Future4 Comunicazione, Orange Media Group e The Growth Kitchen. Qui verrà chiesto al governo di intervenire, con un nuovo startup act, dopo quello del 2013. “E’ ora di seguire le regole internazionali dei soggetti che giocano questa partita da sessant’anni come gli Usa, da 25 anni come Germania e Gran Bretagna o da15 anni come la Francia. A Parigi nel 2010 si investivano 100 milioni l’anno e oggi si parla già di 12 miliardi. Mentre l’Italia? Che la matrice del nostro startup act fosse sbagliata è evidente da anni, ma sta diventando drammaticamente evidente oggi perché ormai qualunque paese industrializzato sta generando nuove multinazionali nel settore, mentre noi continuiamo ad essere assenti”, spiega Gianmarco Carnovale presidente Roma Startup e membro del direttivo Allied For Startups.
Nel 2022 gli investimenti in startup in Italia hanno toccato i 2 miliardi di euro, un exploit. Nel 2023 si è scesi del 51,5% con 1,130 miliardi di euro in Italia, a fronte di 41 miliardi raccolti in Europa dalle startup. Nei primi 6 mesi di quest’anno gli investimenti (87 deal) in Italia hanno raggiunto i 250 milioni di euro (-48% rispetto ai primi 6 mesi del 2023). In quali settori? IT (7,8%), biotech (7,8%), software (6,7%), manifattura (6%) e poi risorse umane, tecnologie applicate allo sport e space tech (5,6%). Ultimi in classifica (3,2%) per trasporti, food, fintech, AI, moda e e-commerce. A fine 2023 erano 16500 le startup attive in Italia (oltre 4mila sono in Lombardia). Le imprese guidate da donne sono il 22,2% e le startup innovative con una founder femminile sono poco più di una su 10. Per quanto riguarda gli investimenti la parte del leone sono i round da 1 a 5 milioni di euro (il 41,3%), seguita da quelli tra i 500mila e 1 milione di euro (il 34,8%). Solo il 9% riguarda investimenti da 5 a 10 milioni e superiori ai 10 milioni. La Lombardia è la regione dove ci sono più finanziamenti (48,27%). A seguire: Lazio (14,9%); Piemonte (9,19%), Campania, Toscana, Veneto, Emilia-Romagna e Umbria (3,44%).
In Europa? Le startup attive sono 41mila e sono soprattutto a Londra, Berlino Barcellona e Amsterdam. Nel resto d’Europa i settori in cui si è investito di più sono diverse da quelli italiani: eCommerce, Marketplace e Mobile (il più attivo dal 2018) e Fintech. Unicorni? Solo 7 startup hanno raggiunto il valore di 1 miliardo di euro nel 2023, contro le 48 dell’anno del boom, il 2022. Qui gli investimenti solo nei primi tre mesi dell’anno sono stati di 11 miliardi di euro.
L'Italia tra i Paesi industrializzati resta indietro dunque sugli investimenti in venture capital e nuove imprese tecnologiche scalabili globalmente, anche se sta aumentando il numero degli investitori (Venture Capital e-Business Angel) che hanno expertise e conoscenza nel campo delle startup. Ma la mancanza di densità (poca aggregazione di comunità di innovazione) e di cultura di settore rallentano la crescita del settore e frenano gli investimenti non solo per fare aumentar il numero di startup ma soprattutto per diventare competitive a livello globale. Questo a ruota porta a meno posti di lavoro, fuga dei cervelli dall’Italia e crollo demografico che ha un impatto evidente sul sistema Italia generale. “I Paesi del mondo che stanno più spingendo sul venture capital e le startup stanno invertendo l’inverno demografico. Più venture capital e startup significa più posti di lavoro qualificati per i giovani che quindi hanno più tranquillità nel fare famiglia. È un modo per trattenere talenti ben pagati che fanno figli”, aggiunge Carnovale.
Non è una questione che riguarda solo Roma. Tutta l’Europa, anche se gli altri Paesi vanno più forte, tutti rincorrono Stati Uniti e Cina. E così dal festival di Roma (50 eventi e 30 delegazioni di Paesi, il meglio dell’Italia e del bacino del Mediterraneo) verrà lanciato un manifesto per un nuovo startup act. “Nel 2013 è stato perimetrato in modo approssimativo e contradditorio quello che è il sistema dell’industria dell’innovazione. Sono state stabilite solo alcune definizioni sbagliate e non i modelli e le relazioni che intervengono tra tutti i soggetti che compongono l’ecosistema startup. Oggi è ora di giocare con le regole internazionali”, conclude Carnovale.