Canone Rai: come sono finanziate le tv pubbliche in Europa
L'abbonamento annuale per finanziare la televisione di Stato esiste in due stati su tre del Vecchio Continente. Ecco i Paesi dove si paga di più
Il canone tv non è un'invezione italiana. Si paga in due terzi degli Stati europei e in alcuni casi le tariffe sono circa il triplo di quella che tocca ogni anno agli italiani.
Già, l'abbonamento Rai è il più basso tra i maggiori Paesi europei. A calcolarlo è stato l’ufficio studi di Mediobanca: 113,5 euro contro i 131 della Francia, i 174,5 del Regno Unito e i 215,7 della Germania.
Si paga di meno in Belgio (100 euro), secondo i dati di IHS Technology, e nei paesi dell’Est: in Repubblica Ceca il canone tv è poco superiore a 64 euro, in Slovacchia e Polonia attorno a 55 euro, in Romania 10 euro e in Serbia meno di 5 euro.
Le tv pubbliche scandinave
Cifre molto più alte, sempre secondo i dati di IHS Technology, si registrano per il canone tv in Norvegia (364,86 euro), Danimarca (327,42 euro), ma anche nei paesi "alpini" quali Austria (282,12 euro) e Svizzera (244,38 euro).
Tariffe del genere sono giustificate dall'assenza (o presenza minima) di pubblicità nei canali televisivi pubblici, che seguono il modello della BBC, a differenza di quanto accade in Italia, Francia e Germania dove le tv di Stato possono finanziarsi in parte grazie agli introiti pubblicitari.
Dal punto di vista normativo, di recente la Finlandia (nel 2013) e l'Islanda hanno abolito il canone inserendo però nel proprio ordinamento una tassa applicata a tutti i cittadini per finanziare la tv di Stato.
Nel caso finlandese, la YLE Tax (la tassa per finanziare la tv pubblica) può arrivare a un massimo di 140 euro, che scende tra 58 e 104 euro per i pensionati, mentre i minorenni e i cittadini con un reddito inferiore a 7.353 euro sono esenti dal pagamento.
In Germania, dal 2013 il canone tv è mensile (18 euro per un totale di 215 euro l’anno) e, come in Italia, riguarda il possesso o no di apparecchi televisivi o radio.
Italia: canone basso, ma evasione alle stelle
Quanto al tasso di evasione, quello raggiunto dal nostro Paese è alle stelle: 27%. Una percentuale altissima, rispetto, al 5% del Regno Unito e all'1% di Francia e Germania.
Ma anche in questo caso c'è chi ci batte: più in alto dell’Italia, stando a una recente indagine della BBC su dati TV Licesing, c’è la Polonia con un tasso di evasione pari addirittura al 65%, anche se i polacchi pagano poco più di 50 euro l'anno per l'abbonamento alla tv pubblica.
A causa della forte evasione nel 2013 la Rai ha incassato dal canone solo 1,7 miliardi di euro, contro i 5,4 milioni della tedesca Ard, i 4,5 miliardi della BBC e i 2,5 miliardi di France Televisions.
Il ruolo della pubblicità
Il basso canone è parzialmente compensato dalla pubblicità in Italia (682 milioni di euro nel 2013), assente appunto sulla BBC e limitata per quantità e fasce orarie in Francia e Germania: la tv tedesca non può trasmettere più di 20 minuti di messaggi pubblicitari al giorno fino alle ore 20.00 e nessun annuncio pubblicitario è previsto nel canale dedicato ai bambini.
Per la Rai, invece, la trasmissione di messaggi pubblicitari non può eccedere il 4% dell'orario settimanale di programmazione (tradotto significa che non può eccedere 60 minuti pubblicitari al giorno) e il 12% di ogni ora.
L'opinione degli osservatori
La possibilità per un operatore pubblico di incassare grazie dalla pubblicità non piace, però, a tutti gli osservatori. "Sono risorse sottratte al mercato, visto che la Rai, alla pari delle altre tv pubbliche in Europa, è un player che può contare sul sostegno di cospicui fondi pubblici e che si trova a competere con altri operatori esclusivamente privati" spiega Massimiliano Trovato, ricercatore dell'Istituto Bruno Leoni, think tank liberista milanese.
"Tuttavia, il vero problema - prosegue - non è stabilire in che forma pagare il canone, un pasticcio su cui si sta attorcigliando la politica negli ultimi mesi: prima occorre riflettere sul ruolo del servizio pubblico televisivo e sulla qualità della sua offerta in una democrazia, senza contare l'influenza che esercita ancora la politica nella governance".