Caporalato: cos'è e cosa prevede la legge Martina
Diffuso soprattutto in agricoltura, è una forma illegale di reclutamento dei lavorati praticata da tempo
Il caporalato è una piaga antica, del Mezzogiorno italiano e non solo. La strage dei braccianti agricoli nel foggiano, in seguito a due incidenti stradali, riapre un capitolo mai chiuso dello sfruttamento del lavoro in Italia: la Procura indaga per verificare se i 16 lavoratori morti, tutti immigrati, fossero nelle mani dei caporali.
La legge 199 del 2016 contro il caporalato ha inasprito il quadro normativo ma non ha spento il triste fenomeno.
Ecco cosa si intende per caporalato e il punto della situazione oggi.
Cos'è il caporalato
Il caporalato è una forma illegale di organizzazione e reclutamento dei lavoratori, adottata soprattutto nel mondo agricolo, dove si utilizzano braccianti pagati a giornata.
I cosiddetti caporali sono degli intermediari illegali. Fungono da intermediario con il datore di lavoro, arruolando la mano d'opera e trattenendo per sé una parte del compenso, corrispostagli sia dal datore del lavoro che dal lavoratore. Le paghe non rispettano le tariffe contrattuali sui minimi salariali.
Il caporalato, entrato nel campo della criminalità organizzata, mira a sfruttare la manodopera a basso costo.
I braccianti agricoli, un tempo connazionali, oggi soprattutto immigrati, convivono con condizioni di lavoro spesso abominevoli.
Imbrigliandoli nella loro rete, talvolta i caporali offrono ai lavoratori anche un trasporto alternativo a costo zero per raggiungere il posto di lavoro, stipandoli a bordo di furgoncini come carne da macello: un "servizio" che si rivela un cappio.
Il caporalato in Puglia
La provincia di Foggia, ora sotto i riflettori, è quella che conta la più grande quantita di terreni agricoli in Italia, oltre 550 mila ettari.
È recente, di fine luglio, l'arresto di tre persone nel barese con le accuse di associazione per delinquere, caporalato, estorsione, truffa ai danni dell'Inps e autoriciclaggio. Pagavano i braccianti agricoli 2,5 euro all'ora, facendoli lavorare fino a 14 ore consecutive sotto i teloni con temperature altissime, pretendendo che ogni giorno restituissero al caporale 2 euro. È emerso anche un trattamento discriminatorio nei confronti delle donne, pagate mediamente meno degli uomini.
E sempre in Puglia, tre anni fa, è morta di fatica nei campi una donna, italiana, Paola Clemente, 49 anni, il 13 luglio del 2015. La sua è una storia di schiavitù. In autobus partiva da San Giorgio Jonico alle 3 del mattino per arrivare nei campi di Andria alle 5.30. Tornava a casa non prima delle 15, spesso anche dopo le 18. Guadagnava 27 euro al giorno ma erano soldi importanti per la sua famiglia, marito e tre figli.
Si è sentita male mentre lavorava all'acinellatura dell'uva.
La legge che contrasta il caporalato
È in seguito alla morte di Paola Clemente che il governo Renzi ha appravato una legge per contrastare il caporalato, la legge 199 del 29 ottobre 2016, legge Martina, dal nome del suo primo firmatario, l'ex ministro delle Politiche agricole e forestali Maurizio Martina.
La legge prevede, tra le altre cose, la pena della reclusione da 1 a 6 anni e della multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, nei confronti di chiunque:
- recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori;
- utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l'attività di intermediazione, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.
La responsabilità e le sanzioni sono quindi estese sia ai caporali che agli imprenditori che ricorrono alla loro intermediazione.
Sono condizioni di sfruttamento:
1) la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;
2) la reiterata violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie;
3) la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro;
4) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti.
La leggei introduce poi strumenti penali come l'arresto in flagranza di reato e la confisca dei beni.
Qui il testo completo pubblicato sulla Gazzetta ufficiale.
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