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Economia

Caro energia: volano anche i prezzi di lega e pellet

Chi pensava di risparmiare utilizzando stufe e caminetti deve fare i conti con il caro energia

“L’oro nero” del momento si chiama pellet, il biocombustibile che consuma poco e rende molto. In attesa che la partita d’azzardo che stanno giocando Russia e Occidente arrivi a una svolta, mentre il prezzo del gas si decuplica e l’inverno si avvicina ad ampie falcate in Italia è corsa a chi riesce ad accaparrarsi le stufe a pellet per difendere famiglia e portafogli dal caro energia.

Il pellet è, in breve, diventato l’oggetto del desiderio dell’autunno 2022, ma purtroppo trovarlo è quasi impossibile e i fortunati che riescono ad accamparrarsene una buona scorta finiscono per pagarlo a prezzi esorbitanti (+100% su base annua) per la gioia dei produttori e importatori che stanno facendo affari d’oro.

Cos’è il pellet

Il pellet altro non è se non una biomassa combustibile ricavata dal legno vergine, talvolta partendo da scarti di lavorazione, addensata generalmente in forma cilindrica, di lunghezza casuale tipicamente tra 5mm e 30mm, e con estremità rotte, prodotta da biomassa polverizzata con o senza additivi di pressatura.

Circa un anno fa un sacco di pellet di ottima qualità, ad esempio di provenienza austriaca veniva venduto a circa 5 euro, oggi lo stesso sacco costa 12 euro. Il perché è presto detto e i fattori che determinano questo esponenziale aumento sono legati a doppio filo alla crisi energetica.

Strano a dirsi in una nazione cui la legna di certo non manca l’Italia dipende dall’estero (anche) per l’approvvigionamento del pellet.

L’Italia importa dall’estero

Slovacchia, Repubblica Ceca, Austria e Croazia sono i principali fornitori di pellet per l’Italia, ma la biomassa è derivata da scarti di lavorazione del legno provenienti dalla Russia, dall’Ucraina e dalla Bielorussia.

Ancora una volta, quindi, è la Russia a tenere in mano le redini del destino dell’approvigionamento energetico italiano. Non solo il pellet viene dalla Russia (da cui è vietato l’import di prodotti), ma l’aumento della domanda a livello mondiale di questa forma di combustibile a basso impatto ambientale e ridotto costo ha determinato la crescita dei prezzi e la diminuzione dell’offerta export.

L’Austria, per esempio. L’Italia compra dall’Austria buona parte delle 3,5 milioni di tonnellate di pellet che il 15% delle famiglie consuma ogni anno. Solo che il fabbisogno interno austriaco è aumentato a causa della crisi energetica e quindi il Paese esporta di meno e noi restiamo a corto di biomassa.

Il nostro paese è infatti in grado di produrre solo il 15% del pellet di cui ha bisogno (500 mila tonnellate) e per tutto il resto va a bussare all’estero. E visto che la corsa alle stufe pare inarrestabile il mercato è saturo. I pochi importatori vedono i propri bilanci quintuplicarsi e accaparrarsi le forniture è una corsa contro il tempo.

Un mercato a rischio speculazione

Il rischio di speculazione è molto più che un miraggio. Pare infatti che esistano in Europa fornitori che stanno immagazzinando pellet senza immetterlo sul mercato al momento per aspettare l’attimo in cui la biomassa diventerà tanto scarsa da garantire vendite a prezzi stellari.

Occhio alle truffe

In Italia, poi, si stanno moltiplicando le truffe tra chi vende online partite di pellet che poi non arriveranno mai e lotta alla contraffazione. Già a luglio la Guardia di Finanza aveva avviato indagini per fermare i truffatori di pellet e le ricerche avevano portato al sequestro di oltre 5 mila le tonnellate di pellet da riscaldamento contraffatto e commercializzato in frode sequestrate dalla Guardia di Finanza in un’operazione a largo raggio che aveva interessato tutto il territorio nazionale. Erano stati fermati 52 titolari di azienda, rivenditori, produttori, importatori e grossisti del settore, denunciati per i reati di contraffazione e frode in commercio.

Nel corso dell’operazione erano stati sequestrati anche 47 macchinari ed impianti industriali destinati alla produzione del pellet illegale nonché oltre un milione e mezzo di sacchi vuoti destinati ad essere riempiti ed immessi sul mercato con indicazioni mendaci e marchi di certificazione contraffatti relativamente a qualità e conformità ambientale.

Una stufa o una termostufa a pellet, infatti, è anche un investimento (certificato) in termini ambientali visto che producono meno emissioni di CO2. L’impatto ambientale dell’estrazione dei combustibili fossili è notevole, mentre l’uso di pellet certificati garantisce una gestione forestale sostenibile.

Anche il mercato del legno cresce senza sosta

Non vanno meglio le cose per il mercato del legno. Nella prospettiva che caminetti e stufe diventino gli strumenti più efficaci per affrontare l’inverno anche il mercato del legno sembra impazzito. Il prezzo del legno da ardere è aumentato in un anno del 500%. L'anno scorso un bancale di legna da ardere, circa 7-8 quintali di faggio o quercia, costava tra i 200 e i 220 euro. Prima di Ferragosto lo stesso bancale veniva offerto a 280-300 euro. Ora il prezzo è arrivato a 350 euro. Anche in questo caso sanzioni alla Russia, aumento del costo del carburante, crescita della domanda e offerta limitata hanno creato il mix perfetto per soffiare – letteralmente – sul fuoco di una crisi dalla quale sembra sempre più difficile uscire.

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Barbara Massaro