La Cina si prende il porto di Trieste e apre la via della seta
Dopo Amburgo anche lo scalo italiano, come annunciato tempo fa, è definitivamente ed operativamente gestito da una società del dragone che non ferma il suo espansionismo anche in Europa
Nuova tappa della Cina nella costruzione della Via della Seta Marittima. Dopo Amburgo, tocca a Trieste. Hamburger Hafen und Logistik AG (Hhla) è diventato il socio di maggioranza con il 50,01% del terminal multipurpose “Piattaforma Logistica Trieste” (Plt) nel porto giuliano. Ma Hhla, da ieri gestore di Trieste, dallo scorso autunno ha fatto entrare (per il 24,9%) Cosco, il colosso cinese delle spedizioni marittime. “Con questa Via della Seta Marittima sostanzialmente Pechino riesce a garantirsi un flusso di merci verso l’Europa che non è indifferente ed è sicura”, spiega Mario Deaglio professore emerito di economia internazionale, autore di Il mondo post globale
Trieste, prima Amburgo (il terzo porto più grande d’Europa) e la lista è lunga. Cosco possiede partecipazioni di minoranza nei porti di Anversa e Zeebrugge sulla costa del Mare del Nord, nei porti di Las Palmas nelle Isole Canarie, a Rotterdam nei Paesi Bassi, in Spagna a Bilbao e Valencia e Haifa (in Israele). Senza dimenticare il Pireo, in Grecia, acquisito nel periodo di crisi del Paese. Pechino attraverso COSCO e China Merchants, controlla il 18% della capacità mondiale delle linee di container. Il gruppo Cosco è la quarta più grande compagnia di spedizioni marittime del mondo e la sua influenza oggi si estende sul 10% delle autorità portuali europee. “La Cina ha partecipazioni importanti in porti in Africa, in Pakistan. Tassello dopo tassello sta costruendo un mondo costellato di porti dove le loro navi possono sbarcare e imbarcare prodotti, fare rifornimento e riparazioni. In genere non hanno mai la maggioranza di capitale (rimbalzando così le accuse di imperialismo) ma accordi per cui in molti casi hanno la precedenza”, continua Deaglio.
La "Belt and and Road Initiative" (Bri) - la "Nuova via della seta" -di Xi Jinping sta portando la Cina ad entrare in Europa nella gestione delle infrastrutture, che rappresentano il patrimonio di un Paese. “Fa parte di una politica cinese cominciata più di dieci anni fa per assicurarsi punti di approdo sicuri in ogni parte del mondo. Il mondo è più instabile e passare dalle vie di terra (vedi la Russia) è pericoloso ed incerto. Le vie d’acqua non sono perfette, ma più sicure. Con questa Via della Seta Marittima riescono a garantirsi un flusso di merci significativo verso l’Europa”, spiega l’economista.
Un puzzle geopolitico (100 porti legati a Pechino in 64 nazioni diverse) per il controllo del commercio marittimo mondiale che in Europa parte dal Mare del Nord e arriva fin nel cuore del Mediterraneo. E l’Italia in tutto questo ha un ruolo fondamentale. “Pechino vuole tenersi due strade a disposizione e i porti italiani per questo sono fondamentali. Il nostro Paese è “comodo” per arrivare in Europa (pensiamo alla Liguria). Arrivarci da Amburgo significa tre, quattro giorni di navigazione in più, che sono un costo”, continua Deaglio.
Il porto di Trieste è da sempre lo sbocco sul Mare Mediterraneo per tutta l'area europea centro-orientale. Quasi il 90% delle merci che passano da qui arrivano poi in quella zona. Un punto cruciale per la Via della Seta Marittima cinese. E Cosco è già anche in Liguria, controllando il 40% del porto di Vado Ligure. Rimbalzata invece la Cina dal porto di Taranto, per ora.
Negli ultimi dieci hanno gli investimenti cinesi in Europa si sono concentrati principalmente su trasporti e infrastrutture. Rotte marittime e rotte ferroviarie, per aprire la strada e fortificare collegamenti commerciali con l’Europa. Non va dimenticata la via ferroviaria, che ogni settimana dalla Cina porta sulle rotaie centinaia di container nel cuore d'Europa, a Duisburg.
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