Cina-Stati Uniti: un accordo economico per risolvere l'impasse coreana
Xi Jinping chiede a Trump di smettere di provocare inutilmente Kim Jong-un. Ecco a quali condizioni Washington potrebbe ascoltarlo
Mentre Kim Jong-un e Donald Trump continuano a scambiarsi messaggi al vetriolo al punto da rischiare davvero di far precipitare la situazione verso un conflitto con conseguenze disastrose per tutti, Cina, Russia, Corea del Sud e Giappone invitano i due contendenti a mantenere la calma per cercare di arrivare a una soluzione di compromesso in grado di evitare il peggio.
I rischi di un'escalation infinita
Se quello di un'escalation infinita e incontrollabile è uno degli scenari possibili, c'é chi vuole credere, o almeno sperare, che un'alternativa sia ancora possibile. A patto di far rientrare nei ranghi Mr Trump. Ebbene, non sono pochi gli analisti convinti che, ancora una volta, sia la Cina a poter fare la differenza. E non tanto per una presunta capacità di orientare gli umori di Kim Jong-un, visto che sulle scelte nordcoreane Pechino sembra avere sempre meno voce in capitolo. Quanto perché in grado di offrire agli Stati Uniti vantaggi commerciali tali da invogliarli a cambiare strategia pur di assicurarseli.
Cosa può offrire la Cina agli Stati Uniti
Certo, una scelta di questo tipo presuppone che Trump sia un attore razionale disposto ad accettare, all'improvviso e apparentemente senza una ragione plausibile, di far cadere nel silenzio le provocazioni di Pyongyang. Tuttavia, vista l'imprevedibilità del presidente americano, esplorare questa strada alternativa potrebbe essere comunque vantaggioso.
Donald Trump volerà a Pechino a novembre, quando Xi Jinping, essendosi già lasciato alle spalle gli esiti del 19esimo Congresso del Partito Comunista, sarà più libero di deviare, se necessario, dalla sua linea politica tradizionale perché avrà già incassato l'approvazione sulla nuova squadra di "governo" (relativamente alla quale non è ancora trapelato alcun dettaglio).
Il quotidiano di Hong Kong South China Morning Post ha individuato cinque punti di frizione tra le due superpotenze. Il primo è il deficit commerciale accumulato dagli Usa, che è arrivato a quota 347 miliardi, poco meno del 2 per cento del Pil statunitense. Troppo, e purtroppo destinato ad aumentare visto che Washington continua ad importare da Pechino molto più di quanto sia in grado di esportare. Il secondo è l'accesso al mercato di fatto compromesso dal vincolo di creare una joint-venture con una compagnia locale. Il terzo è legato alla scarsa trasparenza delle regole sulla proprietà intellettuale, che la Cina aggira chiedendo alle compagnie che operano nel paese di rivelare "dettagli tecnici" di taluni macchinari e prodotti non tanto per controllarli quanto per acquisire (gratuitamente) un vantaggio tecnologico. Il quarto è il tasso di cambio, che a detta degli Stati Uniti continua ad essere manipolato. Il quinto i sussidi governativi, che continuano ad essere elargiti a industrie poco competitive solo per tenerle sul mercato e scoraggiare le importazioni dall'estero, o per continuare a mantenere un vantaggio competitivo sull'estero.
Lo spazio per un compromesso esiste
Per la Cina è molto importante far rientrare la tensione sulla Penisola coreana, ecco perché, per convincere Trump dell'opportunità di risparmiarsi le sue inopportune provocazioni ed evitare quindi che la crisi degeneri in un conflitto, potrebbe ritrovarsi disposta a fare vantaggiose concessioni sul piano economico. Le meno penalizzanti per Pechino riguardano l'accesso al mercato e la tutela della proprietà intellettuale. C'è da sperare quindi che i due leader decidano di parlare soprattutto di questo a novembre.