Contratti a termine, le cose da sapere su scadenze e rinnovi
Le assunzioni a tempo determinato diventano meno flessibili: non potranno essere reiterate per più di tre volte a uno stesso dipendente
Anche se non è detta ancora l’ultima parola, per il 2018 una cosa sembra quasi certa: nei prossimi mesi, per le aziende italiane sarà più difficile utilizzare un contratto a termine per assumere un dipendente. Il Partito Democratico e la maggioranza di governo hanno infatti preparato un emendamento alla manovra economica che attua una stretta sui contratti di lavoro a tempo determinato.
Nello specifico, la durata massima delle assunzioni a termine dovrebbe scendere da 36 a 24 mesi e (novità più recente) dovrebbe diminuire da 5 a 3 anche il numero massimo di volte in cui un’azienda può rinnovare a un dipendente un contratto a tempo indeterminato giunto a scadenza.
Il Decreto Poletti
Se tutte queste norme passeranno, ci sarà dunque un completo dietrofront rispetto al Decreto Poletti, un provvedimento approvato nella primavera del 2014 dal governo Renzi, nelle settimane successive il suo insediamento. Poco meno di 4 anni fa, quando la l’Italia stentava a uscire dalla recessione e la disoccupazione era ancora alle stelle (sopra il 13%), l’esecutivo guidato dal segretario del Pd approvò in tempi da record un decreto legge che di fatto liberalizzava le assunzioni a tempo determinato.
Fino a quel momento, ogni azienda poteva liberamente reclutare un dipendente con un contratto a termine per non più di 12 mesi. Poi, una volta superata questa soglia temporale, la stessa azienda poteva anche rinnovare il contratto per un periodo massimo di altri due anni, per un totale di 36 mesi. Tuttavia, esisteva l’obbligo a indicare per iscritto la causale (detta anche causalone, nel gergo dei sindacalisti e dei giuslavoristi). L’impresa o il datore di lavoro dovevano cioè indicare le ragioni di carattere “tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo” che giustificavano l’utilizzo di un’assunzione precaria piuttosto che di un rapporto stabile.
Retromarcia della maggioranza
Poi è arrivato il Decreto Poletti che ha introdotto una deregulation totale, consentendo di inquadrare un dipendente a tempo determinato, senza indicare la causale, per ben 5 volte in un periodo massimo di tre anni. Di conseguenza, un’azienda può oggi assumere un lavoratore anche per poche settimane o mesi, ben sapendo di avere la libertà di rinnovare il rapporto per un bel po’ di volte in futuro. Non a caso, attualmente quasi la metà dei contratti a tempo determinato ha una scadenza che non va oltre i 3 mesi.
Ora, però, la stessa maggioranza che ha approvato il decreto Poletti ha deciso di fare marcia indietro. Il lavoro a termine da poco liberalizzato nel 2018 diventerà un po’ meno libero.
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