Contratti a chiamata: come funzionano
I contratti di assunzione intermittente (jobs on call) stanno crescendo perché hanno rimpiazzato i voucher: ecco a chi sono destinati e cosa prevedono
Una crescita di oltre il 13%. È quella registrata nel primo trimestre dell’anno dai contratti di lavoro intermittente (o a chiamata), una forma di assunzione che forse molti italiani non conoscono ma che adesso sembra attraversare una fase di mini-boom. Per quale ragione? L’Istat, che ha pubblicato queste statistiche, ne ha dato anche una spiegazione: l’incremento dei contratti a chiamata è dovuta probabilmente alla scomparsa dei tanto discussi voucher, i buoni-lavoro nati per pagare le prestazioni occasionali e aboliti da un decreto del 17 marzo scorso, con cui il governo ha voluto evitare un referendum abrogativo indetto dalla Cgil.
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Non a caso, nel primo trimestre del 2017 il numero voucher venduti in Italia ha mostrato per la prima volta il segno negativo (-2,1% su base annua) dopo una lunga fase di crescita impetuosa. Merito (o colpa che dir si voglia) proprio del decreto che li ha aboliti e ne ha impedito la commercializzazione a partire dalle ultime due settimane di marzo. Per questo, a detta dell’Istat e di alcuni osservatori, non pochi imprenditori hanno deciso di ripiegare sul contratto intermittente per supplire alla mancanza di buoni-lavoro.
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Il contratto intermittente
Ma come funziona l’assunzione a chiamata? Si tratta di un contratto di lavoro dipendente a tutti gli effetti con cui il personale viene convocato in servizio soltanto in caso di necessità e viene dunque pagato soltanto per le ore che svolge. Questo tipo di inquadramento può prevedere anche una paga-base (non inferiore al 20% dello stipendio-pieno) corrisposta indipendentemente dalle ore svolte, a condizione che il dipendente a chiamata dia la sua disponibilità a entrare in servizio non appena viene convocato dall'azienda.
I contratti di lavoro intermittente sono però soggetti a rigidi vincoli poiché non possono essere usati per più di 400 giornate lavorative nell'arco di 3 anni e sono riservati a due categorie di persone: i giovani con meno di 24 anni e i disoccupati con più di 55 anni. Oppure, tali inquadramenti possono essere previsti dai contratti collettivi di categoria in un determinato settore, quando sussistono particolari esigenze produttive. Se l’utilizzo di queste forme di assunzione supera i limiti o non rispetta i vincoli previsti dalla legge, il contratto a chiamata può esser trasformato da un giudice in un’assunzione a tempo indeterminato, con tutti gli obblighi che ne derivano per l’azienda.