Così Ferrovie dello Stato vuole potenziare il trasporto locale
L'amministratore delegato delle Ferrovie, Renato Mazzoncini, promette: "Nuovi treni e abbonamento unico per cambiare la vita dei pendolari"
Sorpresa: alle Ferrovie si torna a parlare di pendolari. Il trasporto regionale, la Cenerentola dei binari messa in ombra dai lustrini dell’Alta velocità, ora sembra al centro dei pensieri del gruppo guidato da Renato Mazzonicini, 49 anni, dal dicembre del 2015 amministratore delegato delle Fs dove è entrato nel 2012. Non passa settimana senza un annuncio, una presentazione di nuovi treni, una conferenza sul trasporto locale.
L’azienda promette una grande rivoluzione, sintetizzata dallo slogan «La musica sta cambiando». E sventolando davanti alla Regioni la possibilità di offrire un futuro migliore ai cittadini, chiede di rinunciare alle gare e di affidare ancora una volta il servizio a Trenitalia. Sul piatto le Fs buttano una supercarota da 4,5 miliardi di investimenti per dotare le regioni italiane di nuovi treni che, parola di Mazzoncini, sono «meravigliosi». Per chi invece sceglierà la strada delle gare, si prospettano tempi più lunghi e pendolari, si presume, meno contenti.
Da dove nasce questa svolta?
Da almeno due anni il grosso dei nostri sforzi è concentrato sul trasporto locale. Il che significa guardare non solo alle ferrovie, ma a tutto il settore: ogni giorno 5,4 milioni di italiani si spostano sui mezzi pubblici, di cui meno di un terzo viaggia su Trenitalia. Il problema va visto nel suo complesso. Il pendolare è il tipico soggetto che ha bisogno di un sistema integrato di trasporti: arriva in treno e poi sale sulla metropolitana o sull’autobus. L'ideale è che lo possa fare con semplicità, usando un unico abbonamento. Noi stiamo facendo proprio questo in Piemonte, in Veneto, in Umbria.
Alle società locali proponiamo per prima cosa di integrare i servizi in modo da far pagare un unico biglietto. In alcuni casi, poi, entriamo direttamente nelle aziende. La nostra controllata Busitalia sta partecipando a varie gare per la gestione del traporto locale: in questi anni abbiamo acquisito le società di trasporti di Padova, di Rovigo, di tutta l’Umbria, di Firenze, di Salerno.
Di solito entriamo quando troviamo delle situazioni critiche che vanno risolte. Come a Salerno dove la società dei trasporti era in stato fallimentare ma è molto importante: opera in una delle maggiori città della Campania ed è in un nodo dell’alta velocità. Non la si può lasciare al suo destino. Se riusciamo a mettere in piedi un piano industriale che funzioni, siamo disponibili anche ad acquisire la gestione diretta della società. Dove invece le aziende locali funzionano bene, ci limitiamo a cooperare. Nel caso dell'Atm milanese, per esempio, il mio obiettivo non è comprarla ma integrare i nostri servizi con i loro.
Entrerete anche nell'Atac romana?
Al Comune di Roma e anche a quello di Napoli abbiamo detto: fate la gara e noi partecipiamo.
Avrebbe senso rompere l’Atac in società più piccole che si dividano le aree della capitale, come è stato fatto a Londra?
Non ho nulla in contrario, ma tenga conto che ogni lotto in cui è suddiviso il trasporto locale di superficie di Londra è grande come Roma.
Ma non sarebbe meglio depotenziare questi colossi inefficienti del trasporto urbano?
Il problema vero è la commistione tra regolatore e regolato. Se a Perugia o a Firenze, dove noi gestiamo il trasporto urbano, c’è qualcosa che non va, il sindaco si arrabbia, se la prende con noi e può farci pagare multe e penali. Ma se il sindaco è azionista dell’azienda, che cosa può fare? Con chi se la prende?
Torniamo ai pendolari: che cosa state facendo per loro?
Nel 2014 abbiamo iniziato a invertire la nostra strategia nel trasporto locale, che coinvolge tutte le Regioni tranne la Lombardia, dove le ferrovie non sono gestite da noi. Pur avendo sostituito appena 200 treni regionali sui nostri 1.200, abbiamo ottenuto risultati eccezionali: 82,6 per cento dei clienti si dichiara soddisfatto (+6,6 punti percentuali in due anni), 90,6 per cento di puntualità (cioè 9 treni su 10 non superano i 5 minuti di ritardo dall’orario previsto).
Tra le novità che stiamo introducendo per migliorare il servizio c'è il pulitore viaggiante, già introdotto sulle Frecce, che continua ad andare su e giù per i vagoni e mantiene costantemente puliti i bagni e tutto il resto. Costa di più della tradizionale pulizia in deposito, ma cambia radicalmente la qualità del servizio. Sul fronte della sicurezza abbiamo piazzato telecamere a circuito chiuso su tutti i treni, tra l’altro con i monitor che mostrano che cosa succede negli altri vagoni in modo da disincentivare qualcuno dal fare lo stupido negli scompartimenti meno frequentati.
Ma la vera rivoluzione inizia ora: abbiamo chiuso la gara per 450 treni nuovi, presentati venerdì 3 novembre a Torino. Si chiamano Rock e Pop, sono treni meravigliosi, con un livello di confort incredibile: per farle un esempio, il sistema di riscaldamento è tarato sul numero di passeggeri presenti, in modo da superare il ricorrente problema delle temperature troppo alte o troppo basse.
Ma oggi le Regioni hanno i mezzi per poter acquistare treni più moderni? Non è questo il problema, la mancanza di fondi?
I soldi per la spesa corrente le Regioni li hanno, perché in aprile il governo ha stabilizzato il fondo nazionale dei trasporti riportandolo sopra i 5 miliardi di euro e soprattutto non finanziandolo più con le accise sulla benzina. Ora le Regioni hanno più certezza sui fondi a disposizione. Per gli investimenti noi abbiamo proposto questo: il regolamento europeo dà la possibilità di fare ancora contratti fino al 2034 con affidamento diretto. E se abbiamo davanti a noi 15 anni di contratto, possiamo fare noi gli investimenti che servono per rinnovare i treni e permettere alle Regioni di offrire ai cittadini un servizio migliore.
Se invece si fanno le gare, i tempi tecnici fanno sì che ci vogliano circa sei anni per avere i nuovi treni sui binari. Se noi chiudiamo i contratti con le Regioni in affidamento diretto entro la metà dell’anno prossimo, da metà del 2019 arriveranno i primi treni nuovi: fino a 15 al mese tutti i mesi, suddivisi per le regioni italiane. Sarà una rivoluzione. Grazie a questo investimento da 4,5 miliardi ci troveremo nel 2021-2022 con la flotta di treni regionali più giovane d’Europa, che si aggiungerebbe ai treni ad alta velocità, nostri e della Ntv, a minore anzianità del continente.
Così però bloccate la concorrenza, non le pare?
Ripeto, è una questione di tempo: se si fanno i contratti subito i cittadini vedono i treni nuovi tra un anno e mezzo, altrimenti tra sei anni. Tutto qua. Questo comunque sarà l’ultimo giro, poi non si potranno più fare i contratti in affidamento diretto.
Intanto, nel trasporto locale, avete portato la Ratp fin davanti alla Corte di giustizia europea...
In Italia già ci sono città dove la gestione del trasporto locale è in mano a gruppi stranieri: a Trieste per esempio opera dal 2000 l’inglese Arriva, ora della Deutsche Bahn. Non abbiamo nulla in contrario, ci mancherebbe. Sono le regole europee e per questo noi ci stiamo trasformando in un’azienda europea. Abbiamo però un problema specifico con Ratp, azienda francese di proprietà pubblica, che intende gestire il trasporto locale in Toscana.
Questa società opera in esclusiva nell’Île de France, un’area che da sola è grande come l’intera Lombardia, grazie a una legge che, in contrasto con le normative europee, non prevede alcuna gara fino al 2039, mentre il regolamento comunitario ha dato come termine il 2019. Se la Ratp vuol venire a fare le gare da noi, noi dobbiamo poterle fare da loro, è molto semplice.
In Germania c’è più concorrenza che da noi...
In Germania c’è il maggiore gruppo pubblico ferroviario d’Europa, la Deutsche Bahn che ha comprato il più grande gruppo privato di trasporti europeo, la britannica Arriva. Avrei qualche dubbio prima di parlare di Germania come esempio di concorrenza.
Quanto incide il trasporto locale sul vostro fatturato?
Circa un terzo, 3 miliardi.
E voi quanto ci guadagnate?
Alla fine, sui regionali abbiamo una redditività netta del 3,8 per cento
Quali sono i vantaggi di unire l’Anas alle Ferrovie?
Le infrastrutture pubbliche dei trasporti in Italia sono due: la nostra e quella dell’Anas: 24 mila chilometri di binari la prima, 26 mila chilometri di strade la seconda. L’Anas entra a fine anno a far parte del gruppo come sorella di Rfi, la società che gestisce la rete ferroviaria. Le sinergie si avranno prima di tutto nell’ingegneria: la progettazione di un ponte o di una galleria è la stessa sia che si tratti di binari o di asfalto.
E noi abbiamo una società dedicata, mentre l’Anas aveva esternalizzato questa attività. Poi ci sono le manutenzioni: noi abbiamo squadre specializzate sparse lungo l’intero territorio. E avendo l’80 per cento della rete ferroviaria che è a un chilometro di distanza dalla rete stradale possiamo mettere insieme le squadre di manutenzione e così aumentiamo enormemente l’efficienza: abbiamo stimato 400 milioni di euro di risparmio in dieci anni solo in questo settore.
Quanto fatturate all'estero?
Oggi il gruppo fattura complessivamente 9,3 miliardi di cui la parte estera è di 1,6 miliardi, cioè il 17 per cento. L’obiettivo è arrivare nel 2026 a 17,6 miliardi di giro d’affari con 4 miliardi di ricavi all’estero.
A quando la quotazione dell’Alta velocità?
Se ne parlerà con il prossimo Parlamento: è necessaria infatti una legge ad hoc per avviare la quotazione di un’azienda di trasporti all’interno del perimetro pubblico.