Cresce la produttività europea, non i salari
Economia

Cresce la produttività europea, non i salari

I dati dell'ultimo trimestre del 2013 confermano che a fronte di retribuzioni praticamente ferme, i dipendenti producono molto di più

Gli europei, in un anno, hanno aumentato notevolmente la loro produttività e contemporaneamente hanno visto diminuire i loro redditi. È la conclusione che si può trarre dal grafico pubblicato qui sopra che presenta i principali indicatori relativi alla dinamica del costo del lavoro dell’Europa a 18. Vediamo gli indicatori uno per uno partendo dalle retribuzioni contrattuali (linea blu): da una crescita del 2,2% del quarto trimestre del 2012 (rispetto al quarto trimestre 2011) l'indicatore è passato ad una crescita dell’1,7 negli ultimi tre mesi dell’anno scorso sempre rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il secondo indicatore riguarda i redditi per occupato ovvero la retribuzione totale pagata ai lavoratori che comprende anche le gratifiche, i premi, gli straordinari e i contributi previdenziali a carico del datore di lavoro. Bene: la crescita dei redditi per occupato (linea gialla) è sostanzialmente stabile: da +1,6 a +1,5% in un anno.

Passiamo ora al terzo indicatore: è il reddito per ore lavorate (linea rossa) che in un anno ha diminuito la crescita del'1% passando da +2,3% a +1,3%. L’unico indice in crescita è quello che riguarda la produttività del lavoro (linea verde) che da un -0,2% dell’ultimo trimestre del 2012 mostra, dopo un anno, una crescita dello 0,9%. Infine il costo del lavoro per unità di prodotto (linea nera) che è in fortissimo calo: da +1,8% a +0,6%.  

In altre parole la dinamica salariale nei 18 Paesi europei è praticamente ferma e questo favorisce la produttività e fa calare fortemente il costo del lavoro per unità di prodotto. È chiaro che un aumento dei salari cambierebbe questo stato di cose rendendo per le imprese più costoso produrre. In altre parole questi dati confermano che, fatte salve le ovvie differenze tra Paese e Paese, l’Europa si sta orientando verso una crescita economica senza aumenti salariali.

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Marco Cobianchi

Sono nato, del tutto casualmente, a Milano, ma a 3 anni sono tornato a casa, tra Rimini e Forlì e a 6 avevo già deciso che avrei fatto il giornalista. Ho scritto un po' di libri di economia tra i quali Bluff (Orme, 2009),  Mani Bucate (Chiarelettere 2011), Nati corrotti (Chiarelettere, 2012) e, l'ultimo, American Dream-Così Marchionne ha salvato la Chrysler e ucciso la Fiat (Chiarelettere, 2014), un'inchiesta sugli ultimi 10 anni della casa torinese. Nel 2012 ho ideato e condotto su Rai2 Num3r1, la prima trasmissione tv basata sul data journalism applicato ai temi di economia. Penso che nei testi dei Nomadi, di Guccini e di Bennato ci sia la summa filosofico-esistenziale dell'homo erectus. Leggo solo saggi perché i romanzi sono frutto della fantasia e la poesia, tranne quella immortale di Leopardi, mi annoia da morire. Sono sposato e, grazie alla fattiva collaborazione di mia moglie, sono papà di Valeria e Nicolò secondo i quali, a 47 anni, uno è già old economy.

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