Crisi, perché l'Italia non è la Spagna
Economia

Crisi, perché l'Italia non è la Spagna

Il problema di Madrid è nelle sue banche, quello di Roma è l'incertezza politica nel medio termine

Questa volta il grande untore non è la Grecia. Ha il volto della Spagna. E il virus del contagio potrebbe lambire anche l’Italia. Il condizionale però qui è d’obbligo. All’indomani del primo sì che ha incassato Madrid al piano di aiuti per ricapitalizzare le sue banche e nel giorno in cui l’Eurogruppo si riunisce per ratificarlo , il destino dei due giganti dai piedi d’argilla dell’Eurozona corre su traiettorie differenti.

Insomma, l'Italia non è la Spagna. E i motivi sono fondamentalmente quattro:
- in Italia il debito nel breve periodo è percepito come meno rischioso che in Spagna.
- in Italia le riforme strutturali sono state già avviate. In Spagna no.
- in Italia le banche, seppur in difficoltà, non hanno buchi di bilancio vertiginosi come invece in Spagna.
- in Italia non abbiamo deficiti, ma siamo in pareggio di bilancio. La Spagna ha un rapporto deficit/pil elevatissimo

Andiamo con ordine. Mentre il rendimento dei titoli di Stato spagnoli è volato oltre la soglia critica del 7%, un livello insostenibile nel medio periodo, quello dei Btp negli ultimi 4 giorni si è mosso in direzione opposta. È il segno per gli addetti ai lavori che i debiti sovrani dei due Paesi sono percepiti, per quanto riguarda il breve termine, pericolosi non allo stesso modo.

Forse per mettere addosso più pressione ai capi di Stato oggi riuniti  a Bruxelles in occasione dell’ennesimo vertice, il governo del premier Mariano Rajoy ha lanciato 24 ore fa il suo grido d'allarme. Con quel “la Spagna non  ha un soldo in cassa per pagare i servizi pubblici e se la Bce non  avesse comprato i titoli di Stato, il Paese sarebbe fallito”, come  dichiarato dal ministro del bilancio spagnolo, Cristobal Montoro, ha  finito per scavare un solco tra la sua situazione e quella italiana.

In realtà è da lunedì che gli operatori hanno iniziato a individuare differenze. Basta dare un’occhiata ai movimenti dei titoli di Stato per capirlo: mentre la forbice tra Btp e Bonos (i titoli spagnoli) a scadenza biennale è quasi raddoppiata, quella tra Btp e Bund (i titoli tedeschi) ha perso punti,  facendo emergere che le tensioni degli investitori internazionali sulla  sostenibilità del nostro debito pubblico si stanno stemperando.

Ma c'è di più. Di fronte al grido di allarme di Madrid che il governo non ha più soldi per pagare i servizi pubblici, c’è un’Italia che sta portando avanti riforme strutturali. Ne è una conferma il giudizio degli analisti dell'agenzia di rating Fitch,  che hanno emesso un verdetto netto: per loro l’Italia resta un Paese a  rating A-, seppur con un outlook negativo. Il merito è nelle riforme del  lavoro e delle pensioni, che portano l’imprimatur del governo Monti. Non sarà ancora la fine di questa storia, ma è pur sempre qualcosa. Da tenere bene a mente di fronte agli agguati, magari sotto la canicola di agosto, della speculazione .

Infine, in Italia non c'è allarme nei bilanci acquosi delle banche, come invece emerso anche nelle ultime ore in Spagna dove le casse di risparmio sono state utilizzate negli anni passati come strumento di prestiti clientelari, elargendo fondi per comprare il consenso a favore della classe politica.

“Le differenze tra Italia e Spagna sono molto superiori alle similitudini”, sostiene Donatella Principe, head investment Advisory di Schroders convinta che l'attuale situazione spagnola sia paradossalmente più simile a quella irlandese. “Come l'Irlanda, la Spagna aveva all'inizio della crisi, nel 2007, un ridotto livello del debito pubblico e veniva da anni di boom economico; l'Italia invece aveva un elevato debito pubblico e aveva registrato 3 recessioni in 10 anni - argomenta - . Sempre come in Irlanda, le banche spagnole sono state sovraesposte al settore immobiliare e le perdite connesse a queste svalutazioni hanno prodotto un credit crunch che ha costretto il governo a ricapitalizzarle, con conseguente esplosione del debito pubblico”.

I tentativi di questi giorni dell’Unione Europea sono volti a spezzare questo circolo vizioso. "La Spagna poi a differenza dell'Italia ha un elevato problema di deficit pubblico e quindi di rientro; mentre la nostra economia ancora mantiene l'invidiabile posizione tra i paesi sviluppati di un avanzo primario". Proprio il mancato raggiungimento del target di rientro del deficit di Madrid è stato il campanello d’allarme che ha portato l’attenzione dei mercati sulla crisi iberica.

Il problema di Roma è un'altra storia: affonda le radici nell’incertezza politica a medio termine, come segnalato anche da Fitch. Lo sa molto bene anche Mario Monti, che sta cercando di spegnere sul nascere eventuali scintille in una maggioranza tornata pericolosamente in fibrillazione. Anche se l'ipotesi di tempeste sui mercati è possibile, sulla carta l'Italia ha la capacità di reggere anche perché in agosto non sono previste aste di titoli di Stato rilevanti. Come dire: nessuna nuova manovra è dietro l’angolo, ma non le sorprese. La strada intrapresa delle riforme in programma, a cominciare dalla revisione della spesa tesa ad eliminare sprechi e ridurre i costi della macchina statale - inclusi quelli per i partiti – nasconde nuove insidie. Occhi aperti. Non siamo ancora fuori dal guado .

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Micaela Osella