Danone, licenziamenti e nuove strategie
La multinazionale francese lascia a casa 900 dipendenti e punta sull’innovazione per riprendere quota in Europa, ma i mercati emergenti allargano le distanze con il Vecchio Continente
Danone ha annunciato un taglio del 3,3% della propria forza lavoro in Europa. La multinazionale francese, infatti, ha confermato ieri nel corso di una conferenza stampa che l’andamento economico del Vecchio Continente sta impattando in maniera fortemente negativa sulle vendite di yogurt e sulla marginalità che è calata dello 0,5%, nonostante per la prima volta le vendite complessive abbiano superato i venti miliardi di euro. Risultato: nel giro del prossimo biennio, novecento persone, fra amministrativi e manager, saranno lasciate a casa fra i 27mila dipendenti nei 26 mercati europei in cui il marchio opera. L’obiettivo è il risanamento dei conti, grazie a un risparmio di 200 milioni di euro nei prossimi due anni.
Danone, che è il più grande produttore mondiale di yogurt, è particolarmente esposto alla crisi finanziaria in Europa, molto di più di quanto non avvenga con concorrenti come Nestlè e Unilever che possono beneficiare dello sbocco nel mercato americano. Qui, negli ultimi mesi, si sono concentrate anche le attenzioni di un player extra settore come Pepsi che ha investito 206 milioni di dollari per un nuovo impianto in vista della joint-venture con Müller per il lancio di prodotti innovativi che mirano a esplodere le potenzialità di un mercato meno sviluppato, in termini di gusti e funzionalità, rispetto a quello europeo.
Tornando a Danone, sono state anche le pressioni degli azionisti americani a velocizzare la messa a punto di un piano volto a migliorare le performance aziendali. Il ceo Franck Riboud ha chiesto tempo agli azionisti per rimettere in sesto il business degli yogurt che è quello che cresce più lentamente, ma rappresenta quasi la metà dei profitti del gruppo. Per questa ragione, Danone ha deciso di focalizzarsi sulle innovazioni di prodotto, soprattutto per linee premium come Activia e Actimel, con cui l’azienda contrasta la concorrenza delle marche private. «L’idea di abbandonare l’Europa – ha confermato il manager – è fuori discussione: il nostro obiettivo è quello di incrementare i volumi, per tirare la volata ai margini». La speranza, dunque, è che le vendite torneranno al livello abituale a partire dal 2014. Per l’anno appena concluso, le vendite di yogurt hanno segnato +2%, mentre acque e alimenti per bambini hanno messo a segno una crescita a doppia cifra.
L’andamento lento delle vendite degli yogurt è stato compensato dal latte in polvere per bambini in Cina e dallo yogurt greco negli Stati Uniti. In Europa, purtroppo, non si vedono segni di miglioramento : Italia e Spagna hanno perso più del 10%, la Francia, il secondo mercato più grande per Danone, ha registrato un andamento in linea con il 2011. Complessivamente, l’Europa ha perso il 3% e sono stati mercati come Russia e l’Europa Orientale, a mantenere in quota l’azienda. Quello a cui Danone sta assistendo, come fa notare il britannico dairyreport.com , è uno spostamento dell’asse del business. Nel 2007, le vendite in Europa rappresentavano il 59% del totale, cinque anni più tardi contano per il 42%, mentre i mercati emergenti come Asia, Stati Uniti e Russia generano il 58% delle vendite.
Il giro d’affari 2012 ha toccato 20,87 miliardi di euro, battendo le previsioni degli analisti pari a 20,75 miliardi di euro, con profitti in linea pari a 1,81 miliardi di euro, ma per i prossimi mesi è previsto un ulteriore calo della marginalità operativa compreso fra 0,3 e 0,5%. L’incremento delle vendite del 5,4%, inoltre, è inferiore al 5,7% messo in bilancio dall’azienda e, comunque, lontano dalle performance dei principali competitor, ovvero dal +5,9% di Nestlè e dal +6,9% di Unilever. Le cose possono migliorare, ha assicurato Riboud: “Ma noi non staremo ad aspettare che l’economia riprenda quota”. Il rilancio di Danone, dunque, passerà dal laboratorio e si vedrà sullo scaffale.