Il Def del Governo Meloni all'insegna della prudenza
L'esecutivo continua sulla linea del profilo basso anche se i dati economici sembrano essere migliori del previsto
Prudenza. È la parola d’ordine del primo Def del governo Meloni. Oggi il Documento di economia e finanza, la base della prossima manovra di bilancio, arriva in Consiglio dei Ministri e se la cautela fa da padrone, i numeri e le stime dell’esecutivo fanno vedere un quadro in rialzo rispetto a quanto previsto con la Nadef di novembre 2022 e archiviano al momento il rischio recessione. Il tutto in un quadro di incertezza e incognite per la crescita italiana e non solo, dovuto a diverse tegole, da tenere sotto controllo.
Il Pil quest’anno centrerà l’1% e il deficit si attesterà al 4,5%. Ecco le stime del Governo che nel Def ipotizza uno scenario tendenziale con il Pil allo 0,9% (contro lo 0,6% fissato come obiettivo lo scorso novembre) e il deficit al 4,35%. Per il 2024 la stima per il Pil è dell’1,4% (invece dell’1,9% previsto a novembre) e qui appare evidente la prudenza. Il debito si attesterà oltre il 3%, riducendosi lentamente fino ad arrivare al 140,9% nel 2025. Con questi numeri l’esecutivo ha a disposizione non più di 3 miliardi da usare per le misure economiche: riforma fiscale, riforma delle pensioni, intervento contro caro bollette ecc.… Pochi, dunque, i margini per trovare le coperture, per esempio, per finanziare la riduzione dell’Irpef e per introdurre elementi di flessibilità nell’età pensionabile (con Quota 103 che scade a fine anno).
La coperta è questa e sulla crescita pesano incognite e possibili tegole in arrivo nel frattempo.
Innanzitutto, il Patto di Stabilità, che dopo la sospensione causa pandemia, da gennaio 2024 dovrebbe essere ripristinato. I termini? Bruxelles indica lo 0,5% annuo come rientro sul debito ma Paesi come la Germania vogliono l’1%. Un impegno che per l’Italia e gli Stati con alto debito sarebbe davvero complicato da gestire.
C’è poi la questione Pnrr. Il decreto è atteso mercoledì in Senato, ma è evidente che i fondi se mal utilizzati o non utilizzati rallenterebbero la crescita economica prevista.
E a fianco ci sono i soliti rischi legati alle conseguenze della guerra in Ucraina, all’inflazione che decelera ma resta alta, soprattutto a causa delle tensioni sui prezzi petroliferi rialzati dal taglio alla produzione deciso dall’Opec+. E sull’Italia pesa anche il rischio siccità, perché una crisi idrica importante colpirebbe fortemente il settore agricolo.
C’è poi il quadro economico mondiale. Il Fondo Monetario Internazionale mercoledì diffonderà le previsioni di primavera, ma le anticipazioni sono già note. L’economia mondiale crescerà meno del 3% nel 2023. E proprio la bassa crescita "rende più difficile ridurre la povertà, risanare le cicatrici della crisi del Covid e offrire nuove e migliori opportunità per tutti", ha detto il direttore generale del Fmi, Kristalina Georgieva.
A fianco della decelerazione dell’economia mondiale c’è l’incertezza sulle politiche monetarie delle banche centrali, da mesi restrittive proprio per contenere i prezzi. L'andamento degli swap indica oltre l'80% di possibilità di un nuovo rialzo dei tassi dello 0,25% in maggio.
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