Def, tutte le incognite della prossima manovra
Dal Documento di Economia e Finanza emerge la necessità per il governo di trattare ancora con Bruxelles per far aumentare il deficit
Una cornice che sta attorno a un quadro ancora in gran parte da riempire. Può essere definito così il Documento di economia e Finanza (Def) presentato tra ieri e oggi dal governo Gentiloni. Come ha ben ricordato l’economista Francesco Daveri, editorialista del sito Lavoce.info, bisogna evitare l’errore di considerare il Def come una vera e propria manovra economica contenente una lunga lista di nuove tasse o di tagli alla spesa. Quelli arriveranno soltanto a ottobre, con la presentazione della Legge di Stabilità del 2018, cioè la manovra economica del prossimo anno. Il Def, invece, è soltanto un documento programmatico con cui il governo Gentiloni fa una stima sull’andamento dei conti pubblici del prossimo triennio, scrivendo nero su bianco la crescita attesa del pil, l’ammontare del deficit e del debito pubblico, individuando nel contempo le linee guida delle politiche fiscali da qui al 2019.
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Il Def di quest’anno, però, ha una particolarità: la sua presentazione coincide con il varo di una piccola manovrina da 3,4 miliardi di euro che il governo ha messo in cantiere per correggere i conti pubblici del 2017, su richiesta dell’Europa. Inoltre, la presentazione del Def coincide pure con un piano nazionale delle riforme (Pdr) che l’esecutivo guidato da Paolo Gentiloni illustrerà presto alle autorità di Bruxelles, per avere in cambio un po’ di benevolenza sulla gestione della finanza pubblica. Per questo, nelle ultime ore i resoconti e le notizie sul Def, sulla manovra bis e sul piano delle riforme si sono accavallati gli uni sugli altri, come se i tre provvedimenti fossero una cosa sola. Concentrandosi sul Documento di Economia e Finanza, però, ci sono pochi numeri da tenere sott’occhio.
Deficit e spese
Il primo, più importante di tutti gli altri, riguarda il rapporto deficit/pil che dovrebbe attestarsi nel 2018 all’1,2%, contro il 2,1% di quest’anno. Il che significa, tradotto in soldoni, che entro pochi mesi il governo dovrà trovare quasi 15 miliardi di euro nelle maglie dei conti pubblici. Vanno poi aggiunti altri oneri, circa 3 o 4 miliardi, per coprire alcune spese già preventivate come i nuovi sussidi alla povertà (Reddito di Inclusione), gli aumenti di stipendio al pubblico impiego o gli sgravi contributivi ai neoassunti. Nel complesso, il governo deve dunque tirar fuori dal cilindro circa 20 miliardi in tutto con tagli alle spese o aumenti di imposta, da mettere in cantiere con la prossima Legge di Stabilità.
Le clausole di slvaguardia
Come se non bastasse, l’esecutivo dovrà cercare di disinnescare nel contempo le clausole di salvaguardia, cioè gli aumenti automatici d’imposta (e in particolare dell’iva) che valgono 19,5 miliardi di euro e scatteranno dal prossimo anno, per gli impegni presi in passato dall’Italia con l’Europa, in cambio di un po’ di flessibilità sullo sforamento del deficit. Come sarà possibile sterilizzare queste clausole? Se lo chiede pure Paolo Zabeo, coordinatore dell’ufficio studi della Cgia, la confederazione degli artigiani di Mestre. “Vista la situazione dei nostri conti pubblici”, dice Zabeo, “è molto probabile che il Governo non sarà in grado di recuperare con la legge di Stabilità tutti i 19,5 miliardi di euro necessari per evitare che, dal 2018 in poi, l’aliquota intermedia dell’iva passi dal 10 al 13% e quella più elevata dal 22 al 25%".
Trattative con Bruxelles
L’analista della Cgia ritiene che il ministro dell’economia Padoan sarà in grado di sterilizzare soltanto una parte dei 19,5 miliardi di aumento dell’iva. E in effetti, la prospettiva delineata dal Def sembra proprio questa. L’esecutivo cercherà di recuperare almeno 10 miliardi dei 19,5 legati alla clausola di salavaguardia chiedendo a Bruxelles di aumentare il deficit pubblico del 2018 dall’1,2% preventivato all’1,8-2% del pil. Ancora una volta, insomma, i contenuti della prossima legge di Stabilità saranno legati a doppio filo alle trattative con Bruxelles, per avere un po’ di benevolenza sullo sforamento del disavanzo. Ma i negoziati con l’Ue, come insegna l’esperienza degli ultimi anni, sono sempre pieni di incognite proprio come questo Def, il primo e ultimo del governo Gentiloni.