Difesa e sviluppo economico: per ogni miliardo di investimenti 2900 nuovi posti di lavoro
(Ansa)
Economia

Difesa e sviluppo economico: per ogni miliardo di investimenti 2900 nuovi posti di lavoro

In occasione dell’evento organizzato da Mediobanca si è discusso del comparto della Difesa, fra gli ospiti anche Pierroberto Folgiero, AD di Fincantieri, e Matteo Perego di Cremnago, Sottosegretario di Stato alla difesa.

Negli ultimi tre decenni chiunque avesse trovato il coraggio di parlare a favore di adeguati investimenti nel settore della Difesa sarebbe stato umiliato sulla pubblica piazza. L’Unione Sovietica era crollata, l’Occidente aveva vinto e la “fine della storia” era giunta su di noi, rendendo vetusti e quasi anacronistici i tentativi di giustificare gli investimenti nel comparto della Difesa.

Negli ultimi tre anni la Storia è venuta a chiederci il conto della nostra irresponsabilità. Abbiamo finalmente capito che la sicurezza generata dagli investimenti nel relativo comparto hanno una funzione non dissimile da quella di un’assicurazione: solo se non si stipula, al verificarsi del sinistro se ne comprende il vero valore.

In occasione dell’evento “The defence era: capital and innovation in the current geopolitical cycle”, organizzato da Mediobanca, è stato prodotto un report sul sistema Difesa in Italia e nel mondo dalla relativa Area Studi.

I dati sono molto interessanti. Si scopre ad esempio che il giro d’affari aggregato dell’industria mondiale della Difesa vale circa 613 miliardi di euro, con le prime 40 aziende al mondo che generano il 58% del totale. Fra esse spiccano due italiane: Leonardo, al nono posto, e Fincantieri, 31esima. Il fatturato dei due giganti italiani è rispettivamente di 11,5 e 2,0 miliardi di euro. Più che incoraggianti anche le performance di borsa, con i principali gruppi europei che dall’inizio 2022 a fine ottobre 2024 hanno segnato un +128%.

Dall’analisi di Mediobanca spuntano però anche due indici critici nel comparto europeo della Difesa, ovvero una minore focalizzazione sull’innovazione e minori investimenti rispetto agli Stati Uniti. Questo doppio deficit è stato rimarcato anche da Mario Draghi nel suo rapporto sul “futuro della competitività europea”, portando la Commissione europea a stimare che siano necessarie spese aggiuntive pari a 500 miliardi di euro nel prossimo decennio.

Fra le note positive si segnala il trend dei ricavi, che nel primo semestre 2024 hanno visto i player europei segnare un +12,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, addirittura meglio rispetto alle controparti americane (+7,6%).

Che i dati siano il sale della vita è opinabile, ma certamente rappresentano un ottimo indicatore, ecco quindi che gli investimenti nella difesa sono di fondamentale importanza anche per la ricerca e sviluppo (R&S). Basti pensare che alcune delle più note tecnologie civili hanno inizialmente trovato applicazione solamente in ambito militare: motori a reazione, computer, radar, semiconduttori, gps e persino internet. Il report di Mediobanca asserisce anche che l’incremento nell’attività di ricerca e sviluppo della Difesa nei Paesi Ocse si traducano in significativi aumenti della R&S delle aziende private. Non va poi sottovalutato l’effetto positivo per l’economia generale, con un ipotetico aumento di 1 euro nella spesa per la Difesa si otterrà un aumento del Pil compreso tra 0,6 e 1,2 euro.

Anche l’occupazione beneficerebbe di maggiori investimenti. L’impulso prodotto da una spesa addizionale di un miliardo di euro nel comparto genererebbe un incremento occupazionale di 2900 lavoratori in Italia, nonostante il fatto che l’industria sia altamente capital-intensive e necessiti generalmente di meno dipendenti per unità di produzione.

Infine, l’evento organizzato da Mediobanca ha visto anche la partecipazione di Glenn McCartan, rappresentante della Defence Innovation Unit (Diu) presso il Comando europeo Usa. La Diu nasce con il preciso scopo di fungere da ponte fra il settore privato e il Dipartimento della difesa americano, accelerando l’innovazione militare sfruttando le conoscenze e l’efficienza del settore privato. Giacché, come affermato da McCartan, “la R&S delle aziende private è tre volte maggiore di quella statale negli Usa” occorre “usare il mercato per innovare”. Un’iniziativa che anche l’Europa farebbe bene a replicare in questo periodo di gravi sconquassi geopolitici.

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Simone Mesisca