Doppia svalutazione dello yuan: 6 cose da sapere
Il recupero della competitività sulle esportazioni darà alla Cina più tempo per realizzare le riforme. Il rischio è una guerra di valute
Ha raddoppiato. La Banca centrale cinese dopo aver svalutato ieri dell'1,9 per cento lo yuan rispetto al dollaro oggi ha nuovamente ripetuto l'operazione, portando la svalutazione al 3,5%. Eppure, questa doppia misura inattesa che già ieri aveva disorientato così tanto le Borse è facilmente riconducibile alla necessità del Partito di guadagnare tempo sulle riforme senza penalizzare i mercati.
Le oscillazioni della valuta cinese
Pechino controlla con regolarità l'andamento della moneta nazionale attribuendole quotidianamente un valore ben preciso rispetto al dollaro americano. Lo yuan ha un margine di fluttuazione rispetto al tetto stabilito dal governo, ma non è libero di assestarsi sul valore che, invece, tenderebbero ad assegnargli i mercati.
Le ragioni della svalutazione
Questa doppia svalutazione serve essenzialmente a dare respiro a un'economia in difficoltà, senza costringerla a fare delle ristrutturazioni importanti in tempi troppo rapidi. Una moneta svalutata permette al suo mercato di riferimento di diventare più competitivo nei confronti del resto del mondo. In particolare, se consideriamo che i dati di luglio hanno registrato un crollo delle esportazioni dell'8,3 per cento e che l'economia cinese continua, nonostante tutto, ad essere trainata dalle esportazioni, è evidente che uno yuan svalutato dovrebbe contribuire a rilanciarle.
Gli effetti sull'economia cinese
Sono anni che la Cina afferma di essere pronta a far sì che la propria economia sia sostenuta dai consumi interni anziché dalle esportazioni. Rallentamenti dopo rallentamenti, però, anche Pechino si è dovuta rendere conto che le modifiche strutturali di un sistema economico oltre a richiedere tempo impongono una serie di contraccolpi sull'economia reale nel breve periodo che non sempre è facile gestire. Da qui la decisione di svalutare: in questo modo il Partito potrà guadagnare tempo per le sue riforme e permettere ai mercati di trarre una boccata d'ossigeno dal recupero sull'export.
Svalutazione e mercati finanziari
La svalutazione non è una conseguenza diretta degli alti e bassi che hanno contraddistinto i mercati finanziari cinesi nell'ultimo periodo. Tuttavia, è indubbio che queste oscillazioni abbiano convinto Pechino dell'urgenza di attuare quelle riforme necessarie per rendere l'intero sistema economico più stabile e trasparente. Se è vero che finanza e mercati reali sono slegati in Cina, è anche vero che è fondamentale per continuare a crescere in maniera lineare evitare sia la corsa alla speculazione sia il crollo della fiducia per gli imprenditori che hanno bisogno di affidarsi alle banche per sostenere i loro business. In che modo la svalutazione può risolvere queste difficoltà? Allungando i tempi delle riforme da un lato e rendendo meno costosi i prestiti dall'altro.
Il rischio di una guerra di valute
Quello che ha fatto oggi la Cina in un sistema di unione monetaria sarebbe impossibile da ottenere perché in un contesto del genere non si può più ricorrere alla svalutazione per recuperare competitività ma bisogna per forza affidarsi alle riforme strutturali. E' però importante ricordare che se nel lungo periodo i vantaggi di una ripresa economica cinese si faranno certamente sentire anche all'estero, Europa compresa, il rischio che corriamo oggi è che i paesi che si sentiranno maggiormente danneggiati da una Cina più competitiva possano a loro volta di svalutare le rispettive valute per recuperare almeno in parte il terreno perduto.
Lo yuan come riserva del Fondo Monetario Internazionale
Altro attore che non potrà fare a meno di osservare con ancora più attenzione quello che succederà da oggi in Cina è il Fondo Monetario Internazionale. Da anni la Pechino cerca di piazzare lo yuan tra le monete di riserva del Fondo, consapevole che l'inclusione nello Special Drawing Rights (Sdr), le riserve di asset internazionali il cui valore si basa su un basket di valute chiave, le permetterebbe di pubblicizzare gli asset in yuan come investimento solido in tutto il mondo. Per ottenere questo riconoscimento, però, la Cina deve dimostrare di essere uno dei principali operatori commerciali su scala globale (status che Pechino ha conquistato già nel 2010), e di avere una moneta nazionale che segue gli andamenti del mercato. Ecco perché questa svalutazione è importante per l'Fmi e per la Cina: se fosse considerata una manipolazione volontaria del mercato, di certo la decisione sull'inclusione dello yuan tra le riserve del fondo, prevista per ottobre, verrebbe di nuovo posticipata. In caso contrario, permetterebbe a Pechino di fare un altro passo avanti verso la "vera" trasparenza.