Ecco gli stranieri che controllano Piazza Affari
Ormai comandano le banche e i fondi anglosassoni. I grandi investitori italiani hanno in mano solo il 6 per cento
C'è una percentuale che la dice lunga su chi comanda oggi a Piazza Affari: il 58 per cento dei soldi messi dagli investitori istituzionali sul Ftse MIB, il principale listino del mercato azionario italiano, proviene da fondi e banche americane e britanniche. L'Italia ha dato l'addio al capitalismo di relazione, travolta da Big Money e dalla globalizzazione finanziaria?
Forse sì, ed è una buona notizia. Le grande famiglie imprenditoriali italiane, infatti, continuano a reggere il timone, ma in cabina di comando da una decina di anni, ossia da quando Borsa italiana è finita sotto il cappello di quella di Londra (London Stock Exchange), al posto degli amici degli amici troviamo sempre più spesso investitori di diverso tipo, i quali, per quanto è possibile, rispondono a logiche prettamente finanziarie (dividendo e prezzo del titolo).
Altrimenti non investono - vedi il recente crollo del titolo di Mps.
Chi scommette su Piazza Affari
Insomma, i dati di Factsheet, rielaborati da Borsa italiana e anticipati alcuni giorni fa da Milano Finanza, nell'insieme restituiscono una fotografia di quello che è diventato il capitalismo italiano: da una parte i grandi imprenditori di casa nostra; dall'altra, a foraggiare le loro grandi imprese tramite il mercato dei capitali, le banche e i grandi fondi stranieri.
Quelle di casa nostra, infatti, a fine 2017 avevano in mano una quota non superiore al 6 per cento sul totale dei soldi puntati a Piazza Affari dagli investitori istituzionali (dal conteggio, quindi, sono stati esclusi i piccoli investitori).
I fondi "buoni" e gli "speculatori"
L'opionione della stampa italiana sugli investitori stranieri (soprattutto anglosassoni) - bisognerebbe ammetterlo - non è un granché: si parla spesso (e a sproposito) degli hedge fund americani che speculano sulla nostra Borsa, salvo poi scordarsi che, a ben guardare, sono proprio gli investitori a stelle e strisce a credere e puntare di più sulle blue chip italiane.
Un numero: il 40 per cento del denaro investito nel 2017 su Piazza Affari è arrivato da fondi e banche americane; il 18 per cento da quelle britanniche.
I fondi americani
Chi sono i nuovi padroni? Facciamo qualche nome: la newyorkese BlackRock, il gestore più grande la mondo che controlla un patrimonio grande più del doppio del debito pubblico italiano, nel 2017 ha investito 14,2 miliardi di euro nelle blue chip, le società quotate con una capitalizzazione a nove zeri. Dalla Pennsylvania Vanguard, il numero due al mondo dei fondi per masse in gestione, ha puntato 8,5 miliardi. Basata a Los Angeles, Capital Research ha investito 5,4 miliardi.
Harris Associates è di Chicago (ma è controllata dai francesi di Natixis): ha investito 4,9 miliardi sul Ftse MIB. T.Rowe Price invece è di Baltimora e di soldi ne ha messi per 1,9 miliardi; JP Morgan AM, il braccio di risparmio gestito della banca d'affari più importante d'America, 1,8 miliardi.
E quelli britannici
Oltre ai britannici, rappresentati dagli scozzesi di Baillie Gifford (2,6 miliardi), e dai londinesi di Schroders (1,9 miliardi), va ricordato anche il fondo sovrano norvegese (Norges Bank IM) che a fine 2017 aveva azioni di società italiane per 8,7 miliardi di euro. Lazard AM, asset manager della banca d'affari americana molto radicata in Europa, ha investito 1,9 miliardi.
Le pmi di casa nostra
Considerando le Mid Cap, il segmento che comprende le pmi più grandi quotate a Piazza Affari (capitalizzazione inferiore al miliardo di euro), e che dovrebbero aver ricevuto un maggior sostegno grazie ai PIR, le uniche italiane in classifica a fine 2017 sono Eurizon (gruppo Intesa Sanpaolo) con 527 milioni e Azimut con 478 milioni di euro.
Il principale investitore è il fondo sovrano della Norvegia (1,5 miliardi), seguito da cinque americani: Vanguard (1 miliardo), BlackRock (895 milioni), la texana Dimensional (675 milioni), il fondo di Boston Fidelity (548 milioni) e JP Morgan (500 milioni). Anche il gestore francese Lyxor della banca Société Générale ha puntato forte sulle pmi italiane italiane: oltre 600 milioni nel 2017.