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(Ansa)
Economia

In arrivo i giudizi delle agenzie di rating, che hanno fallito sulla Silicon Valley

È in arrivo la pagella dell'Italia di Standard & Poor's e poi delle altre agenzie che però dovrebbero spiegare certe sviste clamorose del recente passato

Pagelle in arrivo per l’Italia. Le agenzie di rating sono pronte a dare il loro giudizio sul nostro Paese, un giudizio che ha un peso e delle conseguenze, inevitabilmente. La prima, venerdì, sarà Standard and Poor. Poi seguiranno DBRS (28 aprile), Fitch (12 maggio) e infine Moody’s (19 maggio). Le agenzie di rating nelle ultime settimane hanno cominciato a mettere in allerta Roma, sottolineando soprattutto preoccupazioni su Pnrr e crescita del debito. Allerta che arriva in un momento in cui i tassi di interesse sono elevati e non ci si attende un cambiamento di rotta da Francoforte. Proprio oggi la Lagarde ha ricordato che il 2% di inflazione resta l’obiettivo e non si tocca, come a dire: “la politica monetaria resta questa”.

L’Italia arriva all’appuntamento di venerdì con il rating BBB e l’Outlook stabile, confermati lo scorso ottobre. Quindi situazione media, per ora soddisfacente. Ma il giudizio potrebbe essere rivisto. Cosa rischiamo? Dipende molto da cosa peserà maggiormente nelle valutazioni delle agenzie. «C’è stato un rallentamento della crescita nell’area dell’euro tra fine 2022 e inizio 2023 però l’economia italiana in particolare ha dimostrato una capacità di resistere inaspettata. Il tasso di crescita superiore alle aspettative fa sì che le cattive notizie come l’appesantimento degli oneri finanziari dovuti alla stretta monetaria e le difficoltà nelle realizzazioni degli investimenti Pnrr siano un po’ assorbite», spiega Marcello Messori, professore di Economia europea alla Luiss. Le agenzie di rating hanno già fatto notare chiaramente come ritardi e revisioni potrebbero avere ripercussioni sulle prospettive di crescita e sulla sostenibilità del debito. L’Italia è in ritardo nell’utilizzo dei 67 miliardi già ricevuti da Bruxelles e la Commissione europea ha congelato per ora la terza tranche di 19 miliardi chiesta da Roma.

C’è poi la questione debito pubblico che a febbraio ha toccato il massimo storico, a 2772 miliardi. Bankitalia ha parlato di un aumento di 21,6 miliardi rispetto a gennaio 2023, spiegando che la crescita è dovuta dal salire del fabbisogno (di 12,9 miliardi) e dall’incremento delle disponibilità liquide del Tesoro (per 8,6 miliardi). E nel Documento di economia e finanza il governo prevede di aumentare il debito di circa 8 miliardi di euro quest’anno e il prossimo. Nel Def il debito pubblico italiano è previsto al 142,1% del PIL quest’anno, al 141,4% nel 2024, al 140,9% nel 2025 e al 140,4% nel 2026. «Questo potrebbe essere il famoso granello di sabbia che fa pendere la bilancia da una parte o dall’altra. Per adesso sia la Legge finanziaria del 2022 sia il Def sono stati molto cauti. Ma c’è la grande incognita degli impegni dell’agenda di governo (dalle pensioni ai contratti pubblici, al taglio del cuneo fiscale) che non hanno ancora copertura o la hanno per un numero limitato di mesi. Questa è l’incognita vera e che peserà nel giudizio delle agenzie di rating», continua Messori.

La Scommessa dell’Italia è complessa: continuare a crescere, ma cominciare a mettere sotto controllo il bilancio pubblico. E a questo si aggiunge (e le agenzie di rating lo sanno) il potenziale problema del rapporto Deficit/Pil. «Dal 1 gennaio 2024 avremo nuove regole fiscali, quali che siano. Se il vincolo del rapporto deficit/pil sarà il 3% e anche il nostro Def che è così cauto prevede rapporti superiori al 3%, ecco che alle altre incognite si aggiunge questa e il gioco diventa più problematico», conclude Messori. Cosa peserà di più sulle decisioni delle agenzie di rating? Venerdì la prima “pagella”, senza dimenticarsi il ruolo giocato negli ultimi anni dalle agenzie di rating. Il caso Lehman Brothers e la crisi finanziaria tra il 2007 e il 2009 insegnano. E l’altro ieri, con Silicon Valley giudicata meritevole di A3 fino a poche ore prima del fallimento. Affidabilità creditizia medio alta. Come è finita lo sappiamo.

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Cristina Colli