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Economia

Ema: Amsterdam e la sede che non c'è

I punti chiave affrontati dalla commissione di 17 eurodeputati europei per chiarire lo stato dei nuovi uffici dell'Agenzia europea del farmaco

La sede definitiva non c'è, quella provvisoria non è pronta, manca un «piano B» in caso di tempi non rispettati. Ma la visita del 22 febbraio ad Amsterdam da parte di un gruppo di eurodeputati della commissione Ambiente, salute pubblica e sicurezza alimentare, guidata dall'italiano Giovanni La Via e accompagnata dallo stesso direttore dell'Agenzia del farmaco europea Guido Rasi, è stata comunque uno snodo per la vicenda dell'Ema. E la strada per riaprire la partita di Milano, beffata dalla capitale olandese solo grazie a un discusso sorteggio, si fa ora più in salita.

Il contropiede olandese

Con un agile contropiede che l'ha resa temibile anche sui campi di calcio, Amsterdam ha corretto il tiro. Consapevole delle polemiche di questi giorni (aperte dall'Ema stessa che aveva lamentato inadeguatezze della soluzione offerta), il governo olandese ha offerto ampie rassicurazioni su tutto. Non offrendo, in realtà, nulla di concreto.

Ma, dopo il sopralluogo all'area dove sorgerà la nuova sede (il Vivaldi Building) e per la prima volta anche dell'edificio provvisorio (oggi indicato nello Spark Building), il vicepremier Hugo de Jonge ha garantito il rispetto della tabella di marcia, accollandosi anche tutti i costi aggiuntivi di svariati milioni di euro.

Anzi, ha sostenuto di aver già pubblicato i bandi di gara per i lavori senza, però, dare dettagli sul dove e quando. Insomma, restano aperti tutti i problemi di una soluzione pasticciata ma l'impegno a parole c'è. Basterà per conquistare l'approvazione del Parlamento europeo? Difficile dirlo.

Cosa succede ora

Una tappa importante sarà il 27 febbraio quando il presidente della commissione Ambiente salute pubblica e sicurezza alimentare, Giovanni La Via, renderà noto il rapporto della missione ad Amsterdam. Contenuti e toni saranno essenziali per impostare il dibattito parlamentare in Aula. In vista del voto della plenaria previsto a metà marzo, sono stati presentati 51 emendamenti al testo con inedite alleanza fra paesi. Alcuni chiedono di cambiare la sede da Amsterdam a Milano, altri di azzerare tutto e scegliere la città con la candidatura più adeguata per la sede Ema. Di certo, l'Europarlamento gioca un ruolo essenziale: avendo l'effettivo potere di dire la sua sulla decisione, può costringere il Consiglio europeo a una mediazione. Si vedrà.

La questione formale

Resta aperta anche la questione formale. Come Amsterdam è arrivata fino al sorteggio, pur non avendo tutte le carte in regola? Nell'intricata vicenda che tiene banco da settimane, è oggi chiaro che la capitale olandese ha modificato la sua offerta. Consapevole del fatto che non avrebbe avuto una sede pronta per ospitare gli 890 dipendenti dello staff dell'Agenzia del farmaco entro il 30 marzo 2019 (data della Brexit), nella sua candidatura la capitale olandese ha indicato due edifici per la fase provvisoria ma poi ha "secretato" questa parte del dossier.

Il motivo addotto nella parte oscurata da Amsterdam, e diffusa solo ora dopo le polemiche, è il timore di speculazioni sui prezzi d'affitto. Una scusa che regge a fatica perché, ribadiscono alcuni esperti a Panorama, fra i principi più banali di un'ordinaria gara d'appalto c'è proprio il prezzo più basso a parità di offerta. Insomma, il confronto dei prezzi era una variabile decisiva per una scelta trasparente. Va ricordato, per inciso, che la sede di Canary Wharf a Londra costa circa 16 milioni di euro, quella di Amsterdam (non ancora del tutto chiara) supererà i 10, quella di Milano (a pieno regime) sarebbe costata solo 7. Non solo.

La visita mai fatta agli edifici

Come confermato a Panorama da un portavoce della stessa Agenzia del farmaco europea, «la delegazione dell'Ema ha visionato solo il sito offerto per la nuova sede situato ad Amsterdam Zuidas, ma nessun edificio temporaneo». Insomma, Amsterdam non aveva fatto visitare a nessuno neppure la soluzione temporanea offerta inizialmente. Di fatto, il team partito da Londra per valutare preventivamente la bontà delle candidature presentate per il nuovo quartier generale dell'Ema, a Milano ha esaminato da cima a fondo il Pirellone, mentre ad Amsterdam ha visto solo un terreno senza neppure cantieri aperti. Una grave infrazione, se si pensa che uno dei criteri essenziali è assicurare all'Ema la sua operatività. Quindi, valutare la praticabilità di un trasferimento provvisorio per almeno sei mesi faceva, per così dire, parte del pacchetto.

Il trasloco in due tappe

Insomma, la valutazione tecnica della Commissione europea appare sempre più fallata. Peraltro, il cambio degli edifici iniziali da parte di Amsterdam, verosimilmente motivato dall'inadeguatezza della soluzione, oltre ad aver violato le regole non ha risolto il principale problema: lo spazio. Anche l'edificio ora selezionato, lo Spark Building, conta 12.766 metri quadrati rispetto ai 27 mila dell'attuale quartier generale a Canary Wharf. Il governo olandese propone ora di trasferire gradualmente i dipendenti dalla sede provvisioria alla definitiva man mano che saranno pronti i piani della nuova costruzione. Gli altri dipendenti resteranno a Londra in attesa? E che cosa succede se i lavori sforano i tempi? L'Ema ha già chiarito che un solo mese in più metterà a rischio la continuità operativa.

I ricorsi ai giudici europei

Il Consiglio europeo, chiamato in causa dai tre ricorsi dell'Italia (due del Comune di Milano al Tribunale di primo grado, uno del governo alla Corte di giustizia europea), ha presentato la sua "memoria difensiva" ribadendo la correttezza del suo operato e bollando la richiesta di sospensiva come «irricevibile e grottesca». Una posizione scontata. Ma saranno i giudici di Lussemburgo a stabilire se i contenziosi sono ammissibili. Il punto cruciale sarà l'interpretazione della natura giuridica della decisione: atto intergovernativo o no?

Ma la sostanza, per i comuni cittadini europei, è forse un'altra. Fra le 37 agenzie europee, l'Ema è l'unica realmente operativa, tratta della salute di milioni di cittadini e animali per la nostra alimentazione. La domanda sorge spontanea: è stata scelta la sede più idonea per tempi, preparazione e costi?

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Anna Maria Angelone