Lapo Elkan, Ginevra Elkan, John Elkann
Ansa
Economia

Un'avidità già diventata miseria

La saga degli Agnelli-Elkann: partita come regale epopea è finita, accusano i magistrati, in evasione fiscale.

«Indubbia pervicacia nel conseguire ulteriore profitto». Se c’è una cosa che mi ha colpito, in tutta la vicenda dell’eredità Agnelli, è questa frase che scrive il giudice nel decreto di 99 pagine che ordina il sequestro di 74 milioni di euro a John, Lapo e Ginevra Elkann, i tre nipoti dell’Avvocato, accusati di aver sottratto denaro allo Stato attraverso una maxi evasione fiscale. Sarà naturalmente il magistrato a decidere, saranno i successivi sviluppi della vicenda a dire cosa succederà (John sarà costretto a dimettersi? Sarà messo in discussione anche il controllo del gruppo?), ma una cosa, nella lunga e intricata storia, ormai è evidente: questi eredi degli Agnelli sono davvero voraci come lupi. Nati fortunati, su una nuvola di miliardi, viziati fra chalet a Saint Moritz e quadri di Picasso, ricchi senza averne merito, potenti senza averne le capacità, non s’accontentano di quello che la sorte benigna ha riservato loro ma vogliono sempre di più, con un’avidità senza limiti. E sarà la giustizia a decidere se tutto questo è un reato. Ma già ci basta per dire che è una vergogna: tanta meschinità così ricoperta d’oro.

In quelle 99 pagine c’è il racconto dei trucchi che i nipoti, soprattutto John Elkann, mettono in atto per tentare di aggirare il fisco. Com’è noto, bisognava far risultare nonna Marella residente in Svizzera, anche se in realtà passava la maggior parte del suo tempo tra Torino e Marrakesch. Quindi si scrivono libri farlocchi e si traffica con i dipendenti per «presidiare la residenza elvetica». Poi spuntano i conti off shore a Nassau, alle Bahamas, e i fondi in Lussemburgo, il «vademecum della frode» (un appunto in cui vengono date precise indicazioni per aggirare il fisco al momento del trapasso di Marella), le firme apocrife sui testamenti e poi il capolavoro, la puntuale «riclassificazione» dei beni ereditati come regali ricevuti prima della morte, per non dovere pagare la tassa di successione. Ci sono lunghi elenchi di quadri e gioielli, che miracolosamente si trasformano in antichi doni di compleanno, di Natale o di battesimo…

«Non è il caso di mettere qualche regalo anche nell’elenco prima del 2009?», chiede premurosa una segretaria a John Elkann. «E vanno bene i gioielli regalati a Lavinia (la moglie di John, ndr) e non a lei? Per quanto riguarda quelli di Ginevra possiamo mettere un paio di cose a Giovanni (orologio da taschino e dollaro d’oro)?». In questo modo i fratellini presunti evasori si spartiscono fra l’altro un quadro di Andy Warhol del valore di 10 milioni di euro, un Monet da 17,5 milioni di euro, un anello di Bulgari da 2,5 milioni di euro, tre quadri di Francis Bacon del valore di 12 milioni di euro, un ciondolo di diamanti da cinque milioni di euro e un paio di orecchini Harry Winston in diamanti blu fantasia del valore nientemeno di 78 milioni di euro. In totale i tre nipotini dell’Avvocato ereditano 170 milioni di euro, oltre a tutto il resto. Una fortuna. E come è possibile che chi ha una simile fortuna scivoli poi sull’avidità? Come è possibile che non s’accontenti e cerchi sempre ulteriori guadagni?

Lo stesso discorso, oltre che per John, Lapo e Ginevra, vale anche per loro mamma, Margherita, cioè quella che li ha denunciati. Con il famoso accordo del febbraio 2004, dopo la morte del padre Gianni, Margherita aveva ottenuto 1,3 miliardi di euro (mica bruscolini) e in cambio aveva accettato di rinunciare all’eredità della madre Marella. Poi ha contestato tutto aprendo di fatto la lunga vicenda giudiziaria. Ma che cosa spinge una mamma, con 1,3 miliardi in cassaforte, a portare i suoi figli in tribunale? Che cosa la spinge a mettere figli (di primo letto) contro figli (di secondo letto)? Che cosa la spinge a passare gli ultimi anni della vita a guardarsi in cagnesco con i suoi cari? Per avere ulteriori guadagni? Ma quale ulteriore guadagno, per chi per altro già dispone di patrimoni sconfinati senza averne alcun merito, può compensare la distruzione della serenità in famiglia?

È questo che mi lascia basito nella intricata guerra fra tribunali, denunce e patti traditi. Com’è possibile che l’avidità umana arrivi a tal punto? È stato detto che questa vicenda finirà per travolgere la storia degli Agnelli. Quella che una volta era la casa reale di Torino, i sovrani della Repubblica, quelli che davano lezioni di stile e di bon ton, ora si stanno rotolando nel fango delle loro meschinità. Con i figli che accusano la mamma di averli picchiati, la mamma che porta i figli in tribunale con l’accusa di evasione, le reciproche debolezze date in pasto alla stampa insieme alle debolezze degli avi, senza risparmiare nessuno, né l’Avvocato né Donna Marella che ora si trovano svergognati fra evasioni e fondi off shore. Alla fine una domanda: ne vale la pena? Sinceramente, me lo chiedo: il denaro vale tutto ciò? Si può essere trascinati dall’avidità fin qui? Fino al punto di distruggere la propria vita e la propria famiglia? Certo: sono ricchi, tanto ricchi, hanno Monet e Picasso, e orecchini da 78 milioni di euro. Ma vi giuro che non ho mai visto tanta miseria.

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Mario Giordano

(Alessandria, 1966). Ha incominciato a denunciare scandali all'inizio della sua carriera (il primo libro s'intitolava Silenzio, si ruba) e non s'è ancora stancato. Purtroppo neppure gli altri si sono stancati di rubare. Ha diretto Studio Aperto, Il Giornale, l'all news di Mediaset Tgcom24 e ora il Tg4. Sposato, ha quattro figli che sono il miglior allenamento per questo giornale. Infatti ogni sera gli dicono: «Papà, dicci la verità». Provate voi a mentire.

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