Euro ai minimi dal 2022 e a rischio parità nel 2025
La moneta unica ha perso il 5,5% nel 2024 e il cambio con il dollaro ha toccato a inizio anno 1,0314. Tre fattori chiave spingono al ribasso: economia europea in difficoltà, rischio dazi Usa e politiche monetarie divergenti
Inizio d’anno in salita per l’euro. Il cambio con il dollaro ieri è crollato, raggiungendo il punto più basso degli ultimi due anni. È sceso dello 0,4% a 1,0314 dollari. Oggi (mentre scriviamo) è in leggero recupero, ma nel 2024 ha perso il 5,5%. Molti analisti prevedono per il 2025 una discesa fin sotto la parità.
Ieri il record, dal crollo del novembre 2022. Ma la debolezza della moneta unica va avanti da mesi. L’anno 2024 si è chiuso in calo dell’8% da settembre, con un’ulteriore flessione dell’1% ieri, prima di un lieve rimbalzo questa mattina a 1,0282 dollari. Simile situazione per la sterlina, segno che la debolezza riguarda l’intera Europa.
Sono tre i fattori principali che incidono e preoccupano per il 2025. Innanzitutto, la situazione economica del Vecchio Continente, paragonata a quella degli Stati Uniti. Mentre l’economia americana sta schivando la temuta recessione, l’Europa vive delle forti difficoltà. La Germania, da sempre traino dell’Unione, arranca con un Pil in contrazione da due anni e una previsione di crescita minima, oltre ad una fragile situazione politica, con le elezioni anticipate a febbraio. Idem per la Francia, dove l’instabilità politica va di pari passo con un deficit pubblico che corre e un’economia che rallenta.
C’è poi la questione commerciale, con le preoccupazioni dei possibili dazi sulle merci europee una volta entrato alla Casa Bianca Donald Trump. Gli Stati Uniti sono il principale mercato di sbocco per molti prodotti europei e un aumento delle tariffe potrebbe ridurre significativamente la competitività delle esportazioni del blocco. L’avanzo commerciale dell’Eurozona, che nei primi nove mesi del 2024 ha raggiunto 140,8 miliardi di euro con gli Stati Uniti, rischia di ridursi drasticamente. Questo avrebbe un impatto immediato sulla crescita economica europea e sulla domanda di euro sul mercato valutario, contribuendo ulteriormente al suo indebolimento.
A questo si aggiunge la divergenza tra le politiche monetarie. La Bce è pronta a proseguire con il taglio dei tassi, mentre la Fed non ha gli stessi margini d’azione, con un’economia che continua ad andare bene e l’inflazione che resta alta. Una discrepanza tra le due Banche centrali significa stress per la moneta unica.
Francoforte sembra accettare, in parte, la debolezza dell’euro. Un cambio debole può surriscaldare l’inflazione, ma permette anche di frenare l’impatto di eventuali dazi sulle esportazioni verso gli Stati Uniti. Ma a lungo termine un euro debole è rischioso per la stabilità e crescita economica.