L'Europa ci impone una nuova spesa in nome del green: via le caldaie a gas
Dopo la ristrutturazione delle case e le auto elettriche Bruxelles pronta ad imporci altri costi
E ora tocca alle caldaie a gas. Dopo le case green (entro il 2033) e lo stop ai motori endotermici della auto (2035), nuovo capitolo nel viaggio verso un Europa green e nuova stangata per milioni di famiglie, questa volta sul riscaldamento domestico. Avevamo calcolato a metà febbraio che la svolta verde di Bruxelles sarebbe costata oltre 100mila euro a famiglia per casa e auto. Ora si aggiunge il passaggio (dal 2029) dalla caldaia a gas a quella elettrica. Oggi le pompe di calore costano 6 volte in più degli impianti che abbiamo nelle nostre case.
La Commissione europea vuole il blocco della produzione di caldaie a gas (per riscaldamentoe acqua calda) dal settembre 2029. A Bruxelles la discussione è iniziata e ci sono già due schieramenti. A favore oltre alla Commissione, ambientalisti, organizzazioni non governative come Eeb (European Enviromental bureau) ed Ecos (Enviromental coalition on standards) e Staticome Danimarca e Belgio. Trasversale il fronte del no: i consumatori, l’industria del settore e tra gliStati membri l’Italia in prima fila, accanto a Slovacchia, Romania, Croazia e Repubblica Ceca. Non si tratta di un divieto in modo diretto delle caldaie a gas, ma le bozze dei regolamenti definiscono il limite minimo di efficienza energetica per la categoria delle caldaie, pari al 115%. Oggi la soglia è il 65%. Tradotto: le caldaie a gas diventano impossibili, anche le più innovative e green. L’industria stima di poter arrivare massimo al 90%, ma il 115% è un miraggio. Impossibile.
Quindi? Se le regole saranno queste dal settembre 2029 chi ha la caldaia a gas (praticamente tutti) e dovrà sostituirla, magari perché si rompe, dovrà optare per le pompe di calore elettriche. Questo significa acquistare un impianto che al momento costa 6 volte quelli a gas. A parità di produzione,circa 24 kw, si spenderanno 12 mila euro, contro i 2mila di ora. A questo si devono aggiungere i costi degli interventi invasivi sugli immobili: rifacimento dell’impianto e opere di edilizia per installare un impianto con alimentazione elettrica. Da sommare poi le spese di smantellamento esmaltimento delle vecchie caldaie. In più i tecnici spiegano che la pompa di calore per rendere dal punto di vista energetico deve essere in un ambiente ben isolato e coibentato e quindi una casa vecchia e non ristrutturata ha difficoltà a accogliere questi impianti. C’è poi la questione spazio (neserve tanto) e il tema inquinamento acustico (sono rumorose). L’allarme stangata non riguarda solo le famiglie, ma l’intera filiera, con le imprese del mondo gas, termico e costruzioni edili che sostengono il rischio chiusura, con l’impatto economico e occupazionale che ne consegue. Per questo il mondo industriale del settore è contrario. E mette in allerta anche sul rischio di obbligare tutta Europa a guardare a un’unica fonte, quella elettrica (come nel caso delle auto). I consumatori sono decisi nel loro no. Codacons parla di una “follia” e di “una stangata abnorme per le tasche delle famiglie”. Dall’altro lato gli ambientalisti spiegano che in una situazione di emergenza ambientarle le misure servono e anzi il 2029 è troppo tardi.
Guardando alle date (2029, 2033, 2035) è chiaro che in 12 anni ci troveremmo davanti a: stop alle caldaie e alle auto a benzina e diesel e ristrutturazioni per case green. Le famiglie riusciranno a fare fronte a tutti questi costi? Ora ci sono otto settimane per la consultazione e per proporre modifiche al testo sulle caldaie a gas. Poi il voto del Parlamento e del Consiglio, che non potranno modificare il testo ma solo approvarlo o respingerlo. Cosa succederà?