Fca: ecco perché Marchionne investirà un miliardo negli Usa
La decisione arriva dopo la minaccia del neo presidente Donald Trump di applicare dazi doganali alle auto prodotte all’estero
Si fanno sentire anche in casa Fca gli effetti delle minacce di Donald Trump alle case automobilistiche. In un rigurgito di politica protezionistica infatti, il neo presidente degli Usa che si insedierà ufficialmente il prossimo 20 gennaio, aveva annunciato di voler applicare dazi doganali alle auto importate dall’estero. Una misura rivolta in un primo momento in maniera particolare alla Ford, che sembra aver subito compreso l’antifona, rinunciando alla costruzione di un megaimpianto nel vicino Messico. Ma le critiche di Trump non hanno risparmiato neanche gli altri big player del mercato automotive statunitense, ovvero General Motors e Toyota.
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E così, forse per mettersi preventivamente al riparo da qualsiasi accusa, Sergio Marchionne, l’amministratore delegato di Fiat-Chrysler ha deciso di anticipare i tempi, annunciando di voler investire un miliardo di dollari in impianti su suolo statunitense, che serviranno alla produzione di tre nuovi modelli: Jeep Wagoneer, Grand Wagoneer e un nuovo pick up, sempre a marchio Jeep, che verranno realizzati negli stabilimenti di Warren (Michigan) e Toledo (Ohio). Uno sforzo che permetterà la creazione, tra l’altro, di 2mila nuovi posti di lavoro. In realtà, bisogna sottolineare che si tratta di una mossa in parte strategica e comunicativa architettata da Marchionne, visto che gli investimenti in questione erano già stati sostanzialmente messi in cantiere da tempo. Ma l’aria quanto mai inquisitoria che è cominciata a circolare intorno al settore auto, ha spinto il numero uno di Fca a mettere particolare enfasi sull’operazione.
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Il tutto tra l’altro ha avuto come palcoscenico quanto mai ideale l’apertura del Salone dell’Auto di Detroit, che iniziato ieri si protrarrà fino al prossimo 22 gennaio. Un’occasione dunque decisamente ghiotta per dare il risalto più ampio possibile ai programmi di investimento americani di Fca che, come detto, dovrebbero evitare a Marchionne qualsiasi accusa da parte del neo presidente Trump. E la conferma parziale del fatto che Fca fosse da tempo intenzionata a rilanciare i propri sforzi economici negli Stati Uniti è data dalle stesse parole della società.
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Nel comunicato ufficiale che annuncia l’investimento di un miliardo, si parla infatti della necessità di “rispondere al cambiamento dei gusti dei consumatori verso Suv e pick up, e di rafforzare il ruolo degli Usa come polo produttivo globale per i veicoli chiave di questi segmenti”. È dunque evidente che una precisa strategia produttiva come questa non può essere solo frutto della necessità impellente di rispondere alle minacce di Trump, ma è bensì il risultato di una programmazione avviata già da lungo tempo. In ogni caso, l’intera vicenda dimostra come, anche il semplice annuncio di misure ritorsive di carattere fiscale, può condizionare non poco le scelte industriali di grandi aziende, e chissà che ora l’esempio americano non possa essere seguito anche da altri Paesi.