La Fincantieri adesso pensa a ballare da sola
Mentre si gioca la partita a scacchi fra Macron e il governo italiano, l'amministratore delegato Giuseppe Bono si prepara all'ennesima sfida: fare a meno dei cantieri navali Stx
Sono falliti due volte, negli ultimi dieci anni hanno cambiato padrone tre volte e hanno prodotto 12 navi contro le 50 della Fincantieri: con un simile palmares i cantieri Stx di Saint Nazaire sono un boccone indigesto per chiunque. Ma hanno buone infrastrutture, a gestirle bene. E Giuseppe Bono - amministratore delegato di Fincantieri da 15 anni (più di Sergio Marchionne in Fiat) e artefice del rilancio del gruppo - è considerato nel settore uno che li saprebbe gestire.
Emmanuel Macron non è dello stesso avviso. Bono incassa e non parla, lascia che a parlare - e trattare - siano i politici, resiste in trincea durante la partita a scacchi fra governi, e si prepara anche all'ennesima sfida: andare avanti da solo, presidiando la leadership con il suo gruppo, facendo a meno del bocconcino francese: "Non ne faccio una malattia", ripete ai suoi uomini.
Le paure di Msc, cliente Stx
Una malattia sembra che se la sia fatta invece Gianluigi Aponte, capo del gruppo Msc, sede legale a Ginevra e tasse in Svizzera, bandiera liberiana su molte navi, grande cliente di Stx e indispettito con Fincantieri. Bisogna "fare di tutto affinché Fincantieri non saccheggi Saint-Nazaire, né possa trasferire tecnologia all'estero o privilegiare i propri stabilimenti danneggiandone altri in Francia", ha detto a Macron, quando il neoeletto presidente francese si è recato a Saint-Nazaire a presenziare, con la madrina Sophia Loren, all'inaugurazione dell'ultima nata della flotta Msc, la Meraviglia.
Parole che pesano, perché il braccio destro di Macron - il segretario generale dell'Eliseo Alexis Kohler - era fino a tre mesi fa direttore finanziario di Msc e ha spinto il capo a dire no. Ma se Fincantieri, alla mala parata, sembra pronta a ballare da sola, la Stx - senza una guida gestionale forte - rischia di ballare su acque tempestose. Per questo gli osservatori più esperti non considerano granitico il "no" di Parigi.
Il muro contro muro tra Francia e Italia
Quando il 1° agosto il ministro Bruno la Maire ha incontrato a Roma i colleghi italiani aveva in tasca il mandato di Macron di non recedere dal punto fermo del 50 per cento, sia pur compensato dall'autonomia gestionale. E dunque il muro contro muro con il governo italiano è formalmente rimasto in piedi: se ne riparla il 27 settembre con l'incontro ufficiale tra Paolo Gentiloni e il presidente francese.
Ma Parigi ha fatto balenare agli italiani delle compensazioni sul fronte della cantieristica militare: si vedrà. "E comunque Fincantieri è un'eccellenza mondiale, mi sembrerebbe assurdo che non si trovasse un'intesa e che la Francia resistesse su una posizione anti-europeista", osserva saggiamente Manuel Grimaldi, vicepresidente dell'Associazione degli armatori mondiali. "I coreani avevano la maggioranza, è impensabile che non venga concessa a un gruppo europeo".
I numeri da leader di Fincantieri
Anche perché la case-history di Fincantieri ha fatto scuola. Da quando nel 2003 le vecchie provvidenze europee per la cantieristica sono cessate, determinando crisi a catena, Fincantieri - proprio con l'arrivo di Giuseppe Bono - ha cambiato rotta: da azienda monocliente (la Marina militare italiana e il gruppo Carnival) ha diversificato, rilanciato la qualità e stretto i bulloni del time-to-market. Oggi macina risultati industriali poderosi. Con quasi 20 mila dipendenti, di cui oltre 8 mila in Italia, 20 stabilimenti in quattro continenti, è il principale costruttore navale occidentale.
Produce per tutti i grandi crocieristi, per la nostra Marina e per la Us Navy. Esporta l'84 per cento dei ricavi. Copre tutti i mercati, garantisce la qualità e il time-to-market. Al 30 giugno 2017, aveva un carico di lavoro complessivo di 25,5 miliardi di euro, pari a circa sei anni di produzione (rispetto ai 2,3 miliardi di ricavi del primo semestre 2017 in crescita dell'1,3 per cento). E il margine operativo lordo è cresciuto da 113 a 146 milioni di euro, con un utile netto di 13, doppio sul termine di confronto.