Tutti pazzi per i Fringe Benefit, a 3000 euro. Ma i dubbi non mancano
La misura può davvero essere un toccasana per i dipendenti che ne potranno usufruire, perché non è una cosa automatica e uguale per tutti
Il tetto dei fringe benefit esentasse, alzato da 600 euro a 3 mila euro dal decreto Aiuti quater, è una norma che, nella sua seppur eccezionalità, avrà un impatto immediato sul fronte del potere d’acquisto delle famiglie e dei consumi e alle aziende questo piace. Di fatto si tratta di una misura in grado in modo rapido ed efficace di tagliare il «cuneo fiscale», grande spada di Damocle della nostra finanza che ogni Governo deve affrontare quando si trova al cospetto del dossier “lavoro”.
Va subito detto che la misura è rivolta a tutti i dipendenti ma non è un «diritto». È uno strumento che ogni azienda può decidere di utilizzare in maniera libera. Quindi si potrà avvalersi del massimo e dei famosi 3 mila euro ma, purtroppo, anche rinunciarci del tutto restando fermi a quota 0.
“Il passaggio a tremila euro sul fringe benefit è un’azione che dà un positivo contributo allo stato del Paese e questo contributo va ad aumentare il potere d’acquisto delle persone”. Non ha dubbi Fabrizio Ruggiero direttore generale e AD di Edenred, impresa che, tra gli altri servizi, fornisce buoni pasto a oltre 80.000 aziende in Italia. “E’ una misura che arriva direttamente a chi serve in modo facile ed efficace; queste normative sono “portatrici sane” del taglio del cuneo fiscale, forse le uniche reali. Quando sentiamo dire dai vari governi “dobbiamo tagliare il cuneo fiscale” va bene; il problema poi è sempre il “come” farlo. Ci sono delle normative che sono in grado di farlo prima e meglio di altre e questa è una di quelle. E’ chiaro che - guardando al passato - da una norma che metteva un tetto ai fringe di 258 euro circa passare a 3000 euro dimostra l'eccezionalità ed unicità della cosa. E’ fondamentale e va benissimo oggi; ma quello che ci chiedono i clienti delle aziende per cui lavoriamo è chiarezza anche in prospettiva. A fronte di una fantastica decisione oggi occorre lavorare per una stabilizzazione della norma e delle regole perché in tre anni abbiamo avuto due raddoppi, un passaggio a 600 , una normativa a 200 sul buono carburante e ora un passaggio a 3000. Quello che le aziende chiedono è di progettare un’azione a medio termine non per avere i 3000 oggi - che probabilmente si giustificano anche con una possibilità di spesa particolarmente eccezionale - e niente domani, ma con una normalizzazione coerente con i tempi”.
I fringe benefit non sono obbligatori
Le aziende come non sono obbligate a concedere benefit aziendali e secondo diversi osservatori – tra cui Confindustria – in un momento tanto delicato per le imprese italiane, specie le piccole e medie, saranno poche le aziende italiane che potranno erogare fringe tanto generosi in tempi tanto rapidi. Secondo uno studio di Confindustra solo il 17% delle aziende risucirà a far beneficiare i dipendenti della nuova norma. Si tratta di una platea di 2,5 milioni di lavoratori dipendenti, ovvero circa uno su cinque.
“L’azienda – spiega ancora Ruggiero - prima di tutto deve essere rapida visto che la norma scade il 31/12/2022. Chi sarà in grado di agire velocemente a questo punto avrà due possibilità. Da una parte sfruttare la normativa che è stata lanciata nell’aiuti bis di agosto e poter utilizzare questi importi per il famoso tema bollette. Potrà dare così ai dipendenti un ulteriore contributo in cui il dipendente può portare rimborso all’importo pagato delle bollette. In secondo luogo, poi, può produrre dei “buoni acquisto” che siano utilizzabili in migliaia di esercizi commerciali (per fare la spesa, per comprare i giochi di Natale ai figli, per comprare generi di vestiario, elettronica per la famiglia). Si tratta di denaro che viene subito reinvestito e utilizzato in consumi. La vera forza di questo provvedimento è che è anti-inflattivo per i dipendenti e tutela il potere d’acquisto delle famiglie. L’altro vantaggio è che viene investito in consumi e che ci va rapidamente e così fa girare l’economia. Se dessi 3000 euro detassati in tasca a qualcuno sappiamo che di quell’importo un’importante quota parte andrà nel risparmio che - per carità - va benissimo, ma non è coerente con l’obiettivo di questo momento che è dare un po’ di sostegno all’economia. Il risparmio non mi fa Pil dal giorno uno”.
Giudizio positivo sul provvedimento anche da parte di Vincenzo Polimeni Ceo di Facile Ristrutturare Spa: “Reputiamo questa importante misura promossa dal Governo Meloni un concreto sostegno al reddito delle risorse dei dipendenti, manovra che qualora dovesse essere approvata aiuterebbe non solo i lavoratori ma anche le imprese, che da una parte vedranno importanti sostegni in un momento dove i rincari di energia e gas stanno creando non poche difficoltà alle famiglie italiane, dall’altra parte genera per gli imprenditori lungimiranti un’ulteriore forma di retention delle proprie risorse umane, incentivando cosi la cultura del risultato e del raggiungimento degli obiettivi”.
Qualche dubbio sull’effettiva realizzabilità della norma vista la situazione di crisi della PMI italiana lo solleva Davide Savelloni CEO di Assa Group, società che opera nel settore ambientale, specializzata in bonifica e smaltimento amianto che sottolinea: “Premesso che i Fringe benefit non sono dei diritti dei dipendenti e al contempo non sono doveri da parte dell’azienda che, qualora voglia premiare un dipendente, può arrivare fino a questa somma. Da un lato questo può essere positivo perché l’imprenditore può premiare in maniera efficace i dipendenti meritevoli, dall’altra in Italia spesso queste iniziative vengono interpretate come un diritto sovrano. In questo momento di crisi legata ai costi dell’energia, poi, credo che siano davvero poche le PMI in grado di dare un bonus di 3000 euro a tutti i dipendenti che, in questo periodo si andrebbe a sommare alla tredicesima. Per quanto ci riguarda, come ASSA Group, cercheremo di andare incontro ai nostri dipendenti, come abbiamo sempre fatto per farli stare bene, cercando di mantenere la stabilità economica della nostra azienda”.
Per lo più positivi sono i commenti dei vertici di molte aziende italiane che vedono una delle prime azioni del neonato Governo Meloni come un atto positivo per il Paese e un buon biglietto da visita per l’Europa.
Giovanni Di Ieso Ceo Renovars Spa ritiene che “Misure come questa promossa dal Governo Meloni ed altre misure a sostegno della riduzione della tassazione del costo del lavoro proiettano le imprese italiane verso standard più Europei. La competitività nasce proprio da questo: avere professionalità importante che non vengano viste come un costo ed un peso per l’azienda ma come un volano per portare l’Italia industriale al centro dell’Europa. Il gruppo Renovars è infatti proiettato verso i mercati Europei già nel 2023 dove grazie a questo tipo di misura, imprenditori potranno investire con una maggiore view di lungo termine”
Gli fa eco Paolo A. Ruggeri: CEO & Founder Open Source Management International Group (società di consulenza internazionale) che assicura “È sicuramente una scelta che va nella direzione positiva. Facciamo ampio uso di incentivi economici con i nostri dipendenti e questa misura farà sì che loro possano tenere molto di più dei propri premi.”
La speranza, come chiosa Chiara Caporale HR Group Manager Renovars Spa è che si tratti di una misura che precede un’azione sul medio e lungo termine in grado di rendere stabile e garantito il taglio al costo del lavoro in Italia. “Accogliamo – dichiara Caporale - con positività la misura promossa dal Governo Meloni e confidiamo nel fatto che possa divenire un processo di lungo corso e non una misura spot. Al centro delle politiche di crescita del gruppo Renovars ci sono le risorse umane. Formazione, crescita professionale e sistemi incentivanti di breve e lungo termine (tra cui anche il walfare) sono parte della politica attiva che tutti i giorni i nostri dipendenti sperimentano con successo e ci permettono di raggiungere nuovi traguardi”.