Sarà l’Asia centrale il nuovo hub del gas a basso costo?
La guerra lampo dell'Azerbaigian in Nagorno-Karabakh riporta d'attualità il tema dei rifornimenti di gas del nostro paese
Notte di tensione ieri a Yerevan (Armenia) dove centinaia di manifestanti hanno gridato slogan antigovernativi e strappato i loro passaporti russi. La folla ha gridato la parola "Mardaspan" (assassino) riferendosi al presidente russo Vladimir Putin accusato di essere distratto dalla guerra in Ucraina, ignorando altre questioni. Nel frattempo, il termine "hrazharakan" si riferisce alle dimissioni del primo ministro Pashinyan, che non è stato in grado di proteggere il suo popolo. Una folla arrabbiata si è riunita nella centrale piazza della Repubblica, chiamata Hanrapetut’yan Hraparak, nel cuore della capitale armena. Questa piazza è di fronte all'imponente palazzo del Governo. Le preoccupazioni esposte il giorno precedente si sono purtroppo avverate: dopo 24 ore dall'inizio dei bombardamenti su Stepanakert, la capitale de facto della regione indipendentista conosciuta come Artsakh, le autorità locali, indebolite da un blocco che dura da 9 mesi, hanno accettato di siglare un cessate il fuoco. Questo accordo accetta tutte le condizioni imposte dall'Azerbaijan, che ha intrapreso un'operazione definita "antiterrorismo" per porre fine all'occupazione iniziata nel 2020. In un solo giorno, secondo il bilancio armeno, «questa operazione ha causato la morte di almeno 200 persone, tra cui dieci civili, compresi cinque bambini, e ha ferito oltre 400 persone». L’intera aerea è di fatto una polveriera e nessuno è in grado di prevedere cosa accadrà dopo la guerra in Ucraina e l’Occidente aldilà delle parole per non finire nella trappola del gas e del petrolio russo ha stretto accordi con l'Azerbaijan e con il Turkmenistan.
E’ ormai ufficiale dal mese di agosto che entro la fine di quest’anno ci sarà una visita a Bruxelles del presidente del Turkmenistan, Serdar Berdymukhamedov. La volontà di apertura del suo Paese, in campo energetico, riferite dall’ambasciatore turkmeno a Bruxelles, hanno immediatamente attirato l’attenzione della presidente della Commissione europea.
Il Turkmenistan occupa il quarto posto al mondo per le riserve di gas, stimate tra 10 e 14 trilioni di metri cubi, e le proposte di collaborazione da parte europea si sono moltiplicate in seguito alla necessità di trovare alternative al gas russo.
Ma qualsiasi transito significativo di gas dal Turkmenistan richiederà lo sviluppo di una nuova infrastruttura di gasdotti che attraversi il Mar Caspio e attraversi l'Azerbaigian, la Georgia, la Turchia e i Balcani.
E questo probabilmente è stato uno dei temi dell’incontro a Bucarest tra Viktor Orban, il presidente turkmeno Serdar Berdymukhamedov, il presidente turco Tayyip Erdogan ed il presidente azero Ilham Aliyev oltre allo sviluppo dello scambio a tre tra Turkmenistan, Iran e Azerbaigian, che di recente è passato a 8 milioni di metri cubi / giorno, per consentire, a breve termine, di far fluire il gas turkmeno verso l’Europa.
Il gas dal Turkmenistan transiterebbe dall'Azerbaigian utilizzando i gasdotti che compongono il corridoio meridionale, nel quadro del memorandum d’intesa tra l’Azerbaigian e l'Unione europea (Il ricatto del gas 2.0. Dalla padella russa alla brace azera - Panorama) in base al quale l’Azerbaigian si è impegnato a raddoppiare il volume di gas che invia in Europa ad "almeno 20 miliardi di metri cubi / anno" entro il 2027.
Ma è evidente che la possibilità di esportare in Europa fino a 30 miliardi di metri cubi di gas all’anno dal Turkmenistan potrebbe essere l’inizio della definizione degli accordi finanziari necessari al progetto di costruzione del gasdotto Transcaspico che vede le principali difficoltà proprio nell’erogazione di crediti da parte delle banche europee che per il finanziamento di opere come questa si devono confrontare con l’European Green Deal.
Un’alternativa è pronta ad offrirla l’Azerbaijan con le proprie infrastrutture per il transito del gas turkmeno, se Ashgabat decidesse lo sfruttamento dei due giacimenti caspici più vicini alla rete dei trasporti, per i quali non sarebbero necessari nuovi gasdotti.
Rimangono sullo sfondo le minacce russe di bloccare le esportazioni di gas del Turkmenistan “per evitare possibile conseguenze negative sull’ecologia del mar Caspio”. Pretese assurde che però evidenziano l'importanza geopolitica e la competizione per il controllo dei gasdotti dell’Asia centrale.
Risorse naturali a cui guarda con interesse anche la Cina, primo partner commerciale nelle esportazioni del Turkmenistan con 5,3 miliardi di dollari, che per garantire le sue forniture energetiche avrebbe proposto lo sfruttamento dei giacimenti di gas turkmeni e costruito un gasdotto in cambio del gas in pagamento: esattamente quello che l’Europa non sembra disposta a fare.
Il Turkmenistan emerge come una potenziale alternativa per l'Unione europea per sostituire il gas russo ma soprattutto si sta evidenziando la crescente importanza dell'Asia centrale nel mercato globale dell'energia dove ancora una volta Bruxelles si potrebbe trovare in competizione con Pechino che sta anche cercando di stabilire una presenza in Asia centrale, approfittando della debolezza della Russia a causa del conflitto in Ucraina.