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Economia

Rubli, conti correnti, account aziendali. Nulla può fermare il mercato del gas russo

Il braccio di ferro sul gas russo rischia di costare molto caro all’Europa e sulla reale possibilità di applicare le sanzioni la strada sembra tutt’altro che in discesa. Dopo la conferma da parte del portavoce della Commissione Eric Mamer, secondo cui “il pagamento del gas russo in rubli da parte di una società europea rappresenta un aggiramento delle sanzioni”, fonti di Bruxelles hanno precisato che le aziende europee possono comunque aprire un conto corrente in euro con Gazprombank, attraverso cui regolare i pagamenti delle forniture di metano. Le sanzioni vigenti contro Mosca, spiegano le fonti, non vietano l'impegno con Gazprom o Gazprombank, a patto che i pagamenti delle forniture di gas continuino ad avvenire in euro o in dollari "in linea con i contratti esistenti" e stipulati prima del decreto varato dal Cremlino lo scorso 31 marzo, secondo il quale i contratti in essere sono rispettati solo dopo la conversione in rubli delle somme dovute.

Con questo sistema sarà quindi possibile pagare il gas russo, anche se non in rubli come richiesto da Putin: quello che per le autorità europee è “inaccettabile” è infatti l’obbligo di aprire un secondo conto in valuta russa, come previsto dal decreto di Mosca. Questo sarebbe una “chiara violazione delle sanzioni”, ma di fatto la soluzione del conto in euro offre un margine di manovra che alcuni Paesi potrebbero utilizzare per evitare di violare le imposizioni. La precisazione è arrivata a poche ore dalla notizia, diffusa da Bloomberg, secondo cui quattro importatori europei avrebbero già pagato a Gazprom le loro forniture in rubli, e dieci società europee avrebbero aperto i conti relativi su Gazprombank. Secondo il quotidiano tedesco Rheinische Post la società energetica teutonica Uniper, invece, ha deciso di pagare il gas di Mosca con il sistema del conto in euro su una banca russa. "Il nostro piano è quello di fare i nostri pagamenti in euro su un conto in Russia", ha riferito al quotidiano un portavoce della società.

Insomma si va avanti a tentoni: fonti di Bruxelles hanno precisato che nessuno stato membro della Ue vuole pagare il gas russo in rubli, invitando a diffidare dalle 'fake news' come quella, circolata ieri, sulla disponibilità dell'Austria a procedere a un pagamento in rubli, poi smentita direttamente dal cancelliere austriaco. Questo non significa però uno stop agli acquisti: ad esempio il capo di gabinetto del premier ungherese Orban ha confermato che Budapest"pagherà in euro (su un conto, ndr) presso la Gazprombank, con quest'ultima che poi convertirà quella somma in rubli". L'Ungheria, ha aggiunto, agirà in questo modo "insieme ad altre nove nazioni", sostenendo che questa attività "è conforme alla politica sanzionatoria dell'Unione Europea”.

C’è poi la questione degli approvvigionamenti di gas che avvengono tramite altri Paesi: ed è questo il caso di Bulgaria e Polonia, Paesi ai quali la Russia ha interrotto le forniture proprio a causa del loro rifiuto a pagare in rubli. Secondo quanto ha riferito Gazprom, la Polonia sta comunque comprando gas russo attraverso la Germania, per un ammontare pari a circa 30 milioni di metri cubi al giorno di cosiddette “forniture inverse” attraverso il gasdotto Yamal. È la stessa procedura tramite la quale, di fatto, anche l’Ucraina compra gas proveniente dalla Russia: dal 2010 Kiev ha infatti costruito infrastrutture per poter importare metano dagli stati europei confinanti, come Slovacchia, Ungheria e Polonia, tanto che la compagnia ucraina Naftogaz nel 2015 ha annunciato l’abbandono totale delle forniture da parte di Gazprom. A causa del reverse flow, tuttavia, il gas che arriva a Kiev dai Paesi europei proviene in gran parte proprio dalla Russia.

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Chiara Merico