Aumentano tensioni e prezzo del gas; Draghi chiede l'aiuto di tutti ma non c'è più tempo
I prezzi volano ed il premier chiede a chi sta facendo profitti altissimi di dare una mano. Ma il tempo passa e le bollette volano
La tensione sul mercato europeo del gas naturale resta altissima e basta una piccola scintilla per far infiammare i prezzi. Ed è quello che sta accadendo in questi giorni con una nuova impennata delle quotazioni provocata da una notizia apparentemente marginale: il gasdotto Yamal-Europe, che porta il metano in Europa dalla Russia attraverso la Polonia, ha smesso di trasportare gas verso occidente. La notizia è stata data dall’operatore di rete tedesco Gascade e ha provocato immediatamente un balzo dei prezzi, saliti il 21 dicembre di oltre il 20 per cento. Subito sono piovuti sospetti su Gazprom, la società statale russa che si occupa della produzione e del trasporto del gas, e su Mosca, accusate di chiudere i rubinetti per esercitare una pressione sull’Europa affinché non faciliti l’ingresso dell’Ucraina nella Nato e si dia una mossa per autorizzare un nuovo gasdotto, il Nord Stream 2 appena ultimato, che collega la Russia direttamente alla Germania.
In realtà il cambiamento di direzione del flusso del metano nel gasdotto Yamal avrebbe ragioni tecniche: una leggera diminuzione di domanda da parte dei clienti tedeschi in vista delle vacanze natalizie e contemporaneamente una maggiore richiesta dei clienti nell’Europa dell’est. Gascade ha spiegato infatti che sta trasportando il gas secondo le richieste in arrivo. "A seconda della situazione, riceviamo maggiori richieste per il trasporto in una o nell'altra direzione, che è la ragione del cambiamento della direzione del flusso".
"Non c'è assolutamente nessuna connessione (con il Nord Stream 2), questa è una situazione puramente commerciale" ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov nel corso una conferenza telefonica, rispondendo alla domanda su possibili collegamenti tra i flussi di Yamal e il futuro gasdotto. Da parte sua un portavoce di Gazprom ha dichiarato che la sua società “fornisce gas in linea con le richieste dei consumatori e nel pieno rispetto degli attuali obblighi contrattuali". Tesi confermata alla Reuters da due grandi operatori tedeschi: Rwe e Uniper, che sono tra i maggiori acquirenti di gas di Gazprom in Germania, hanno affermato che il gruppo russo sta rispettando gli obblighi di consegna.
Tanto rumore per nulla, dunque? Non proprio. Intanto la notizia dello stop momentaneo del flusso di gas trasportato attraverso Yamal è arrivata in un momento delicatissimo per l’Europa: temperature più rigide del solito al nord, alcune centrali nucleari francesi ferme con la Francia che deve importare energia, impianti eolici che soffrono per una anomala mancanza di vento, ripresa economica più rapida del previsto. Tutto questo provoca una forte domanda di gas. Inoltre, come spiega un analista, "l'Europa ha pochissime riserve di stoccaggio quest'inverno ed è quindi molto più dipendente dalle importazioni che negli anni precedenti”. Di conseguenza, prezzi alle stelle, panico sui mercati e affannosa ricerca di un capro espiatorio. Ovvero i russi, principali fornitori dell’Europa.
I quali qualche responsabilità ce l’hanno, ma è meno politica di quello che può apparire. Anche perché Gazprom non ha alcun interesse a scontrarsi con l’Europa, il suo maggiore cliente al di fuori della Russia. Quello che sembra più realistico è ipotizzare che il colosso del gas abbia puntato sull’avvio del nuovo gasdotto Nord Stream 2 e quindi non abbia prenotato più capacità sugli altri tubi che vanno in Europa. Come riferisce l’agenzia Reuters, in novembre Gazprom non ha prenotato ulteriore capacità di transito del gas via Ucraina e via Yamal verso la Germania per gennaio-settembre 2022. "Gazprom sta presumibilmente scommettendo sul Nord Stream 2 che sarà attivo abbastanza presto e non vuole assumere ulteriori obblighi fin da ora, dato che la via di transito dell'Ucraina e il gasdotto Yamal saranno probabilmente usati come rotte di bilanciamento una volta che il Nord Stream 2 sarà in funzione" aveva spiegato nelle scorse settimane Dmitry Marinchenko, direttore senior dell'agenzia di rating Fitch. E Ronald Smith, analista senior di petrolio e gas alla Bcs brokerage, ha detto all'agenzia di stampa che la Russia sembra “voler riempire il Nord Stream 2 con il gas preso dal gasdotto Yamal-Europe”.
Il problema è che l’Europa e Berlino stanno bloccando l’autorizzazione del nuovo gasdotto Nord Stream 2. In base alle regole europee, infatti, la gestione del gasdotto non può essere in capo a chi produce il gas (ma questo è un ostacolo facilmente superabile con la creazione di una società ad hoc). A tali motivazioni tecniche si aggiungono però ragioni politiche: da una parte la pressione degli americani sul governo tedesco affinché non autorizzi l’avvio della nuova infrastruttura fino a quando non ci sarà una schiarita sul fronte ucraino. E dall’altra il nuovo esecutivo tedesco guidato da Olaf Scholz appare più duro con Mosca di quanto non fosse Angela Merkel. Il 13 dicembre Scholz ha fatto la sua prima visita in Polonia incontrando il primo ministro Mateusz Morawiecki. Quest’ultimo ha affermato che “sarebbe bene non permettere l’apertura del gasdotto. Ho portato l’attenzione del cancelliere sui rischi connessi all’apertura del gasdotto e purtroppo su quanto diventino maggiori per l’Ucraina”. Ovvero che Kiev venga tagliata fuori dal transito del metano e perda così una considerevole fonte di introiti. Per ora Scholtz sembra deciso ad aspettare prima di aprire il gasdotto.
Insomma, una partita a scacchi molto delicata dove tutti hanno molto da perdere. Per primi i cittadini europei: secondo le ultime simulazioni di Facile.it, se nel primo trimestre del 2022 il costo della materia energia aumenterà nella stessa misura in cui è aumentato nell’ultimo trimestre 2021, tra luce e gas l’aggravio sulle bollette dei consumatori italiani sarà di oltre 370 euro rispetto al primo trimestre del 2021. Per non parlare delle imprese energivore che rischiano di chiudere temporaneamente la produzione.
Ma anche Gazprom ha da perdere. Nel corso del 2020, il gruppo russo ha venduto 219 miliardi di metri cubi di gas ai paesi al di fuori dell'ex Unione Sovietica (includendo sia le esportazioni dalla Russia sia le vendite di gas acquistato dal gruppo all'estero). Il ricavo netto delle vendite di gas (al netto delle accise e dei dazi doganali) è stato di 1.811,6 miliardi di rubli, pari a circa 21 miliardi di euro. Di quei 219 miliardi di metri cubi, 174 milioni sono stati venduti all’Europa occidentale mentre appena 5 miliardi sono andati in Cina.
Gazprom rifornisce l’Europa occidentale lungo tre direttrici: il Nord Stream, un gasdotto di che va dalla Russia all'Europa attraverso il Mar Baltico e che fornisce a Gazprom un accesso diretto ai consumatori europei con una capacità di 55 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Poi c’è il sistema dei gasdotti che attraversano l’Ucraina (battezzati Fratellanza, Soyuz e Progresso) con una capacità di oltre 80 miliardi di metri cubi di gas. Infine c’è il Yamal-Europe, realizzato tra il 1994 e il 2006, con una capacità di 32,9 miliardi di metri cubi. Attraversa la Bielorussia, la Polonia e arriva in Germania.
Con il Nord Stream 2, che affianca il Nord Stream, Gazprom aggiungerebbe una capacità di circa 55 miliardi di metri cubi di gas all’anno portando il totale dei due gasdotti a 110 miliardi di metri cubi. E potrebbe così in effetti tagliare fuori l’Ucraina, un Paese che Mosca considera ostile e che incassa denaro grazie al passaggio del gas russo.
Nel frattempo, in attesa che la partita dei gasdotti si concluda, agli europei non resta che sperare che arrivi un po’ di gas liquefatto: già alcune navi dirette in Asia hanno invertito la rotta attirate dalle alte quotazioni della preziosa materia prima raggiunte sul nostro mercato.
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