Gender Equality, oltre la parità di genere serve cultura del lavoro
Le imprese di successo del futuro sono quelle che puntano su formazione e gender equality. La pensa così Silvia Carrara, partner e D&I Leader di Mazars in Italia
Quello che in Italia manca è la cultura aziendale della formazione lavorativa. In un contesto socio economico che, dal Covid in poi, ha subito una profonda accelerazione le aziende sono chiamate ad aggiornare i propri parametri di valuzione del personale sia in merito al rendimento sia in merito a eventuali scatti di carriera.
Concetti come gender equality, unconsciuss bias, KPI e skills dovrebbero entrare nel campo semantico di quelle imprese che sappiano capire che valorizzare i talenti e creare un ambiente di lavoro sereno sono viatici al successo e alla crescita del business. Per farlo ci vuole formazione d’impresa cosa che, al momento, purtroppo non c’è o c’è in maniera insufficiente.
Secondo Silvia Carrara, partner e D&I Leader di Mazars in Italia uno del “mali maggiori” dei quali soffre l’impresa italiana è quello relativo al gender gap nei Cda e nelle alte sfere delle aziende dove la partecipazione femminile risulta essere ridotta. Lavorare per ridurre la forbice uomo donna e permettere l’equo accesso a ogni possibilità di carriera a chiunque al di là delle distinzioni di genere, origine o razza dovrebbe essere l’obiettivo primario di ogni piano strategico aziendale
Silvia Carrara, partner e D&I Leader di MazarsSilvia Carrara, partner e D&I Leader di Mazars
“Il piano strategico per il gender equality – precisa Carrara - deve essere un processo top down. Si è riscontrato un gap di posizioni apicali ricoperte dal gender femminile, ma non basta andare a riempire numericamente questo spazio. Bisogna implementare un piano strategico tale per cui ogni individuo indipendentemente dal fatto che sia uomo o donna abbia la possibilità di accesso al lavoro senza discriminazioni”.
Per evitare che criteri discriminatori nati da preconcetti e abitudini culturali difficili da cancellare mettano a rischio la possibilità di individurare e coltivare talenti è fondamentale cogliere le cosiddette unconscius bias, ovvero quegli atteggiamenti e stereotipi che si attribuiscono in modo inconsapevole a una persona o a un gruppo e che influenzano il modo in cui vi si relazionano e la loro produttività lavorativa.
“Va stilato un piano d’azione – spiega Silvia Carrara - che verifichi che nel momento in cui viene valutata una promozione non venga attuato nessun tipo di discriminazione o esclusione e non entrino in azione gli Unconscious Bias, ovvero quei pregiudizi inconsapevoli che applichiamo verso gli altri e che sono viziati dalla nostra formazione e cultura. Non è facile e per evitare di farlo esistono dei training specifici condotti da professionisti chiamati dalle aziende come consulenti esterni che permettono prima di verificare e poi superare questi Unconscious Bias.
Uno dei più radicati è proprio quello che ipotizza l’illazione che la donna non sia in grado di sedere ai vertici societari se ha una famiglia cui pensare.
“Abbiamo elaborato uno studio – aggiunge Carrara – che parla degli 8 miti che ostacolerebbero la carriera delle donne, miti che vengono smontati punto a punto. E’ importante per un’azienda che vuole crescere impostare un piano strategico che ascolti le istanze di tutti e che tenga conto delle esigenze di dipendenti più giovani, anziani, uomini o donne che siano. Nessuno è obbligato a ‘fare carriera’, ma un’azienda sana dovrebbe saper individuare skills e talenti e indirizzarli nella direzione migliore per il bene dell’impresa”.
Va sottolineato che, in Italia, per cambiare la cultura del lavoro bisognerebbe prima cambiare la cultura della famiglia e il vero “gender gap” si ritrova prima tra le mura domestiche e poi in ufficio ma, come sottolinea la Carrara, è un peccato perché una donna ha caratteristiche e peculiarità fondamentali per un ambiente di lavoro sereno e produttivo.
“Ci sono delle caratteristiche che contraddistinguono le donne e sono l’empatia, la sensibilità e la capacità di ascolto dei dipendenti, l’attitudine a creare un ambiente di lavoro più sereno e meno stressante, la determinazione e la capacità organizzativa e queste vengono ancora poco valorizzate nelle aziende, ma risultano fondamentali nella crescita”
“Oggi come oggi – conclude Silvia Carrara - è difficile stabilire quelli che sono dei role model perchè secondo me siamo in un ambiente talmente fluido che quelli che erano i role model di 5 anni fa oggi non valgono più. Sono cambiati i paradigmi, bisogna confrontarsi coi giovani e con tutte le realtà per fare dell’inclusione l’asset vincente del piano aziendale. In questo senso vanno promossi e sviluppati ascolto, training con specialisti, tavole rotonde, attenzione alla genitorialità, orari flessibili, rafforzamento della leadership femminile e valorizzazione delle skills”.