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La pandemia ha fruttato 20 miliardi al gioco illegale

La pandemia ha fruttato 20 miliardi al gioco illegale

Mentre le attività lecite rimanevano chiuse, le mafie facevano ottimi affari. Un danno per gli operatori e per lo Stato, che ha perso 5 miliardi di euro di tasse. I dati diffusi durante un convegno organizzato oggi a Roma da Lottomatica

Venti miliardi di euro. È la stima del giro d’affari del gioco illegale durante la pandemia, quando le attività regolari sono rimaste chiuse. «Probabilmente sarà di più, perché è vero che i consumi sono crollati durante le restrizioni legate al coronavirus, ma in proporzione nessun settore ha fatto registrare le perdite registrate dal gioco legale. È un segnale del chiaro spostamento verso le alternative illecite» osserva l’economista Carlo Cottarelli. Ancora, sono stati 4,5 milioni gli italiani che si sono rivolti a bische clandestine, non potendo usufruire dei canali canonici, sbarrati per i lockdown e le zone ballerine a semaforo. Un assist doppio a beneficio delle mafie, alla criminalità organizzata che ne ha approfittato. Eccome. Un danno nei confronti di tutta la collettività, visti i mancati introiti per le casse dello Stato stimabili intorno a 5 miliardi di euro.

Sono alcune delle cifre presentate e commentate questo pomeriggio a Roma durante il convegno «Gioco pubblico, legalità e tutela dei consumatori». Organizzato da Lottomatica (era presente l’amministratore delegato Guglielmo Angelozzi), ha raccolto esperti e rappresentanti delle istituzioni. Da Renato Balduzzi, l’ex ministro della Sanità che ha regolato il settore nel 2012 ed è intervenuto con un’intervista preregistrata, al sottosegretario fresco di nomina per l’Economia e le Finanze Federico Freni, che è chiamato ad aggiornare la normativa e scongiurarne il difetto maggiore che ne compromette l’ottimale funzionamento: l’eccessiva stratificazione e frammentazione di competenze tra amministrazione centrale ed enti locali.

Difetti di cui Freni è consapevole: «Quella che avanza il mondo del gioco» ha detto «è una necessità strutturale. Dovrebbe avere una regolazione stabile, omogenea, affidabile. È un peccato usare il condizionale, vuol dire che quella normativa ancora non c’è. Abbiamo una regolazione pessima che non consente a un Paese civile di operare come dovrebbe. Sappiamo cosa fare e dobbiamo farlo. Va bene garantire proroghe, ma se funzionali a un riordino. A raggiungere un livello normativo di qualità in linea con il resto d’Europa. Parliamo di un segmento che ha un alto impatto sul gettito e sul livello occupazionale». E che invece, come i numeri confermano – caduta del 47 per cento nella raccolta del gioco fisico durante la pandemia, decremento del 36 per cento delle entrate erariali – è mirino facile, consueto e costante di alternative e appetiti criminali.

«Se l’etica viene sovvertita, è il Paese che decade lentamente. Il giocatore, durante l’emergenza sanitaria, non ha trovato un interlocutore lecito perché questo ha chiuso i suoi battenti. Al contrario, l’organizzazione mafiosa vanta una rete radicata ed enorme. Quello che dobbiamo garantire è il funzionamento di un’economia» ha affermato il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Federico Cafiero De Raho. Che poi ha aggiunto: «Penso sia fondamentale individuare i concessionari titolati a svolgere la funzione in modo limpido ed efficace. Obiettivo strutturale deve essere quello di abbattere ogni margine di dubbio sulla provenienza e sulla capacità di operare in modo trasparente, senza subire alcun condizionamento dal circuito illegale. In particolare, occorrono soprattutto controlli mirati verso il gioco online, che si presta fortemente a infiltrazioni di matrice mafiosa. Nel complesso il gioco pubblico è una forma di garanzia e funziona come un argine all’illegalità, perché sottrae risorse alla criminalità organizzata ed evita che le mafie ottengano nuova linfa».

Il direttore generale dell’Agenzia delle dogane e dei Monopoli Marcello Minenna ha invece ricordato come pure gli algoritmi alla base dei giochi siano controllati dallo Stato. Per un motivo valido: «Sono strutturati alla luce di quanto la scienza conosce per non generare schemi di stimolo nel giocatore». Per tenere dunque a bada l’insorgere di derive quali la ludopatia, conservando al centro il concetto di evasione e divertimento. Cautele che invece la criminalità organizzata ignora, interessata com’è a massimizzare i suoi profitti. Anche secondo Minenna, l’eccesso di burocrazia può rappresentare un ostacolo: «Attualmente il settore del gioco è regolato da un coacervo di oltre 150 norme. Per questo servono razionalizzazione e semplificazione. C’è la necessità sempre più urgente di arrivare alla definizione di un Testo Unico sul gioco che possa armonizzare la normativa di settore e supportare la definizione di una moderna attività di regolazione del comparto».

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