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Economia

Il Sud Italia: le buone notizie per l'economia del Mezzogiorno

Con occupazione e produzione in leggera crescita, ecco cosa nasconde il meridione: numeri e eccellenze di cui si parla poco

Federico Pirro è docente dell'Università di Bari. Su Panorama.it parla di Sud e delle potenzialità di un territorio sempre denigrato ma che in realtà nasconde molte ricchezze.

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Chi continua a rappresentare le condizioni del Sud Italia segnate solo dall’immobilismo e dall’arretratezza probabilmente non ha mai studiato a fondo il sistema industriale meridionale, non ne ha mai approfondito le persistenti interrelazioni industriali con le aree del Nord, ben al di là cioè di quanto non faccia la Svimez, da anni ormai arroccata in una visione del Mezzogiorno che, a suo dire, sarebbe alle soglie della "desertificazione industriale": una visione lontana dalla realtà del manifatturiero nel Meridione e dalle sue dinamiche effettive.

Cosa dicono i numeri
E invece sono proprio i dati congiunturali e strutturali a dirci che la realtà dei - e non del - Sud è in profondo movimento. Nel 3° trimestre 2015 l’occupazione (fonte Istat) è cresciuta in Italia di 247mila unità rispetto allo stesso trimestre dell’anno prima, ma di quei 247mila occupati in più, ben 136mila sono aumentati nel Sud, ove - si badi bene - l’occupazione sta crescendo dal terzo trimestre del 2014, essendo gli occupati passati dai 5 milioni e 842mila del 2° trimestre del 2014 ai 6 milioni e 88mila del 3° trimestre del 2015.

Anche le esportazioni delle regioni meridionali sono aumentate in misura significativa: nei primi nove mesi dell’anno, infatti, la crescita tendenziale dell’export dell’Italia meridionale è stata del 7,9%, rispetto ai primi nove del 2014, a fronte del 5% del Nord Est, del 4% del Centro, del 3,6% del Nord Ovest e del 4,2% dell’intero Paese.

Non significano nulla questi dati? Non dimostrano che c’è una reattività di fondo del meccanismo di accumulazione esistente, sia pure in dimensioni diseguali, in tutte le regioni meridionali?

Al Sud le 3 fabbriche più grandi in Italia
Ma se leggiamo, al di là della congiuntura, una serie di dati strutturali scopriamo, fra i tanti elementi di un Sud competitivo, che le tre più grandi fabbriche italiane per numero di addetti diretti sono tutte localizzate nel Mezzogiorno: l’Ilva a Taranto (11.263), la Sata-FCA a Melfi (8.131), e la Sevel ad Atessa (CH), una joint venture fra Fiat e Peugeot per la costruzione del Ducato (6.084).

Inoltre ognuna di queste fabbriche - interessata negli ultimi anni da rilevanti investimenti appena conclusi, in corso o di imminente avvio - è circondata da cluster di attività indotte di rilevanti dimensioni per volumi di produzione e numero di occupati.

Nel Sud inoltre si produce il 13% del valore aggiunto manifatturiero del Paese e il 10% del suo export industriale.

Le eccellenze
Diversi sono i settori in cui il Mezzogiorno eccelle nel mondo, come ha evidenziato di recente la società di ricerca SRM del Banco di Napoli/IntesaSanPaolo: nell’automotive l’export del Sud nel 2014 è stato di 4,7 miliardi, pari al 17,1% di quello nazionale; nell’alimentare di 4,3 miliardi, corrispondenti al 15,5% di quello italiano; nella metallurgia, nonostante i problemi dell’Ilva, di 2,4 miliardi, pari al 5,5% del nazionale; nella farmaceutica di 2,4 miliardi, ovvero l’11,6% del totale italiano; nell’abbigliamento-moda di 2,2 miliardi, corrispondenti al 4,8% del fashion del Paese; nella chimica di 2 miliardi, ovvero l’8% dell’export nazionale; nell’aerospazio di 1,6 miliardi, corrispondenti al 28,5% di quello dell’Italia.     

Inoltre nel Mezzogiorno si produce il 36,5% dell’energia generata in Italia - la Puglia è la 2° regione del Paese, dopo la Lombardia, per il totale prodotto da fonti fossili e rinnovabili - a fronte di un consumo del 25,6% del totale nazionale.

Il Sud pertanto è esportatore netto di energia, mentre oltre il 96% dei parchi eolici insediati nel Paese è localizzato nel Mezzogiorno. I pozzi petroliferi della Basilicata sono i più ricchi on-shore dell’intera Europa e nella regione - per ampliarne l’estrazione in Val d’Agri, o per avviarla nella Valle del Sauro - negli ultimi anni sono stati promossi investimenti per oltre 2,5 miliardi di euro da parte di Eni, Shell, Total, Mitsui. Ma si estrae petrolio anche sulla terraferma e al largo della Sicilia da parte di Eni ed Edison.

Sono noti questi dati positivi del Sud - da noi citati solo in minima parte - alla grande opinione pubblica italiana ? E se non fossero noti, non sarebbe il caso allora che i più volenterosi incominciassero a studiarli ?

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Federico Pirro