Sui dazi alle auto cinesi l'Europa si spacca
La Ue ha dato il via libera ai dazi che porteranno su alcuni marchi ad aumenti dei prezzi del 40%. È la fine del green deal?
La decisione della Commissione europea di imporre dazi più pesanti sulle auto cinesi può sembrare una scelta corretta e anche coraggiosa. In realtà riflette tutte le debolezze di un sistema industriale profondamente legato a quello cinese. Dopo che l'indagine della Commissione sui veicoli elettrici cinesi ha provvisoriamente concluso che essi "beneficiano di sussidi ingiusti"e che "stanno causando una minaccia di danno economico ai produttori Ue", le autorità europee hanno imposti dazi aggiuntivi sulle auto cinesi che variano a seconda del produttore: sulle vetture Byd saranno del 17,4%, Geely del 20%, Saic del 38,1%. Altri produttori che hanno collaborato all'indagine saranno soggetti a un dazio addizionale del 21%, mentre sarà del 38,1% per quanti non hanno collaborato. Questi dazi si aggiungono alle attuali tariffe europee sulle auto cinesi, pari al 10%: così per Saic, proprietaria del marchio Mg, i dazi complessivamente saranno del 48,1%.
L’aumento delle tariffe sembra notevole, in realtà non lo è: gli Stati Uniti hanno deciso di imporre dazi compensativi molto più alti, pari al 102,5%, mentre secondo la società di ricerche Rhodium per eliminare l'enorme vantaggio competitivo accumulato negli ultimi anni dalle case cinesi le tariffe dovrebbero arrivare almeno al 50%.
Per ora la penetrazione dei marchi cinesi sul mercato europeo delle vetture elettriche non è alta, apparentemente: lo scorso anno hanno conquistato l’8% per cento delle immatricolazioni di veicoli elettrici e l’organizzazione ambientalista Transport & Environment prevede che potrebbero raggiungere l'11% nel 2024 e il 20% nel 2027. Ma a questi numeri vanno aggiunte le molte auto marchiate con brand europei e americani e costruite in Cina, come la Tesla Model 3, fabbricata nella gigafactory di Shanghai, la Smart realizzata dalla joint venture tra Daimler e Geely, la Dacia spring, la Mini Cooper della Bmw, la Cupra Tavascan. Tenendo conto anche di questi modelli la quota di mercato in Europa delle auto elettriche prodotte in Cina sfiora il 20%.
Ed è proprio guardando questi dati che si capisce come sia difficile per l’Europa imporre dazi elevati: deve tutelare le case europee che producono in Cina, colpendo in modo chirurgico alcune società e non altre. Soprattutto risparmiando le tedesche, fortemente presenti sul mercato cinese. Non a caso l’Europa si è spaccata di fronte alla decisione della Commissione, con Berlino che si è opposta chiedendo di offrire alla Cina un tavolo di confronto, mentre il governo italiano applaude (e intanto corteggia le case cinesi perché vengano a produrre da noi).
Il timore della Germania è di innescare una guerra commerciale con la Cina e di vedere Pechino imporre nuovi dazi sulle auto tedesche. Per la Volkswagen la Cina è estremamente importante: rappresenta il suo più grande singolo mercato. Negli ultimi anni, una significativa porzione del suo fatturato totale è stata generata proprio in Cina dove il gruppo controlla il 14,5% del mercato. Circa il 40% delle sue vendite globali sono realizzate nel Paese asiatico. Volkswagen ha investito pesantemente nel mercato cinese, stabilendo numerose joint venture con aziende locali per produrre e vendere veicoli in loco.
Anche per Bmw, la Cina è cruciale, rappresenta il singolo mercato più importante. Nel recente passato, circa un quarto delle auto vendute dalla casa di Monaco in tutto il mondo sono state acquistate da clienti cinesi. Bmw ha risposto a questa grande domanda potenziando la produzione locale attraverso joint ventures come quella con Brilliance Auto. Questo non solo ha permesso a Bmw di espandere la sua presenza nel mercato cinese, ma ha anche facilitato l'adattamento dei suoi modelli alle preferenze e ai bisogni specifici dei consumatori cinesi, compreso un forte interesse per i veicoli elettrici e ibridi.