Rame
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Industria

Crisi del rame: servono miniere non fusioni

Il mercato del rame oscilla tra speculazione, domanda per la transizione energetica, inflazione e debolezza industriale cinese

Oggi il mercato del rame si dibatte tra le onde di unaspeculazione trainata dalla bolla dell'intelligenza artificialee dall’ipotetica domanda di metalli per la transizione energetica.L'elevata inflazione globale e la carenza di offerta ha spinto la crescita del prezzo del metallo rosso adun picco di oltre 11.000 dollariper tonnellata che ha spiazzato le mosse di molti speculatori sui mercati internazionali. Per quanto sia lecito attendersi un’alta volatilità nel breve termine, la speculazione non rinuncerà a cercare di strappare profitti a breve termine, è anche opportuno chiedersi se “il treno abbia lasciato la stazione” e la traiettoria rialzista dei prezzi sia solo all’inizio.

Meglio essere cauti.Il sospetto che ci sia un raffreddamento in alcuni fattori che guidano l’attuale frenesia del mercato del rameè fondato su una serie di dati oggettivi.Superato l’anno elettorale, il 2024 per la prima volta nella storia vedrà, dagli Stati Uniti all'India, più di 4 miliardi di persone chiamate alle urne, sono possibili revisioni pratiche degli obiettivi di energia rinnovabile dell’utopico "Net Zero", utilizzati dai politici a fini elettorali, e successivamente rivisti in terminipiù pragmatici e raggiungibili.Secondo Goldman Sachs lo sviluppo della “mobilità sostenibile” sta vacillando e prevede una contrazione nel volume delle vendite di veicoli elettrici del 2% su base annua.

La ripresa industriale cinese resta debole e si continua a non vedere una concreta soluzione per la bolla immobiliare: il risultato è che l’indicePMI manifatturiero cinese è tornato a contrarsi a maggio sulla scia di un calo degli ordinativi, in particolare per le esportazioni. Nel complesso, nonostante l'introduzione di politiche favorevoli, i consumi sono rimasti deboli, facendo sì che le scorte di rame nei magazzini dello Shanghai Metals Market continuino a raggiungere nuovi massimiper l'anno, oltre 440.000 tonnellate alla fine di maggio,spinte dalla produzione cinese di rame raffinato.

Tutte condizioni che confermano il raffreddamentoche si sta verificandodelle quotazioni del metallo rosso, sia pure in un quadro di prospettive ottimistiche per la domanda a medio e lungo termine, che sosterrà i prezzi del rame impedendo che continuino a scendere in modo significativo. Più difficile crederealle posizioni più che rialziste, fantascientifiche, di trader come Andurand, secondo i quali il prezzo potrebbe arrivare a 40.000 dollari per tonnellata nei prossimi quattro anni o cinque anni.

Detto questo, anche se le proiezioni sull'intelligenza artificiale e sulle energie rinnovabili finissero per essere solo la metà di quanto attualmente previsto si tratta di tecnologie che sono destinate ad aumentare stabilmentela domanda di materie prime. In particolare i Large Language Model (LLM) come ChatGPT troveranno sempre più una maggior applicazione rispetto alle attuali ricerche web ordinarie trainando la domanda di nuovi data center. A questo quadrosi aggiunga che anche la domanda di rame del settore della difesa diventa sempre più significativa.

Su queste considerazioni si era basata, il mese scorso,l'offerta pubblica di acquisto da 39 miliardi di sterline di BHP per Anglo American. BHP aveva messo gli occhi sul prezioso business nel rame di Anglo, e progettava un colosso globale del rame da due milioni di tonnellate di produzione annue. Ma i suoi azionisti hanno ritenuto che non valesse tanto da accollarsi anche alcuni asset problematici come le attività sudafricane di Anglo, Amplats (Anglo American Platinum) e Kumba Iron Ore. Inoltre le tempistiche dell'offerta pubblicaprobabilmente non sono state tra le più felici: la complessa situazione degli equilibri politici in un Sud Africa alle urne non poteva scontrarsi con l’elettorato della cintura mineraria del platino del Paese, dove ancora oggi Amplats è un grande datore di lavoro.

Ma l'offerta di BHP per Anglo American va anche vista come un segnale di come sia più difficile e costoso costruire nuova miniera che acquistare un rivale che abbia già in portafoglio miniere di rame funzionanti. Anche se non costituisce una garanzia assoluta: il nazionalismo delle risorse è un’altra di quelle linee di faglia lungo cui si sta fratturando la globalizzazione e quanto accaduto alla fine del 2023 a First Quantum con la sua miniera di Cobre Panama resta un monito per chiunque.

La Corte Suprema di Panama ha stabilito che il contratto di First Quantum, che le consentiva di coltivare la sua gigantesca miniera di rame Cobre Panama per i successivi 20 anni, era incostituzionale. Le conseguenze saranno molteplici: dai 40.000 posti di lavoro, diretti ed indiretti, persi, al PIL del Paese, che subirà una contrazione del 5%,alle perdite finanziarie di First Quantum, stimate in circa 10 miliardi di dollari,che riuscirà a sopportare solo grazie alla prudenza finanziaria che ha contraddistinto in questi anni le azioni di tutte le principali compagnie minerarie. Le conseguenze più pesanti potrebbero essere quelle per il mercato del rame: Cobre Panama rappresenta circa l'1,5% della produzione globale del metallo rosso.

Il vero problema dell’industria mineraria è l’ambientalismo ideologico e contraddittorio di personaggi come Greta Thunberg o Leonardo Di Caprio che, nella loro ansia di sostegno ai manifestanti panamensi, non spiegano con quali metalli si possa realizzare il Green Deal. A fare parte di questa categoria vi sono altri illustri personaggi a partire da Joe Biden e i leader democratici del Congresso USA che negli ultimi decenni hanno cercato di complicare a dismisura i processi autorizzativi dei principali progetti mineraririuscendo, nella maggior parte dei casi, nel loro intento.

Un caso da manuale è il progetto minerario ipogeo diResolution Copper, a Superior, in Arizona di proprietà di Rio Tinto e BHP.Il progetto minerario è alla mercé del National Environmental Policy Act (NEPA) e di altri statuti ambientali di riferimento dal 2013, ed ancora oggi, dopo 11 anni edoltre 2 miliardi di dollari di investimenti,non è ancora chiaro se e quando il progetto vedrà mai la luce. Un progetto che consentirebbe di fornire al Paese circa 450.000 tonnellate di rame all’anno per quella transizione “verde” tanto desideratadal Presidente Biden.

Il Green Dealcombatte un conflitto interno ai suoi stessi promotori, ambientalisti che dopo aver passato decenni a combattere le compagnie minerarie di ogni genere, dagli idrocarburi ai metalli, oggi scoprono che il sostegno all'azione per il clima è un diretto sostegno alle compagnie minerarie. Benvenuti in questo nuovo, vecchio, mondo dove a portare il metallo sui mercati sono le miniere e non le fusioni.

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Giovanni Brussato