Sulla crisi Whirpool una lunga sequela di errori e bugie
Promesse non mantenute, aziende senza scrupoli, governo debole, sindacati fermi su posizioni ormai fuori dal tempo. E la soluzione non si trova
Scongiurare la procedura di licenziamento collettivo che potrebbe scattare il prossimo 30 giugno, con la fine del blocco dei licenziamenti, per 350 persone: è l'obiettivo dei sindacati dei lavoratori della Whirlpool di Napoli, che ieri hanno indetto uno sciopero di otto ore e manifestato davanti alla sede del ministero dello Sviluppo economico. Una protesta che ha ottenuto come primo risultato la convocazione di un nuovo tavolo di trattativa per il prossimo 23 giugno al Mise, con la viceministra Alessandra Todde. "Dopo due anni di lotta solitaria, con la quale abbiamo scongiurato l'avvio della procedura di licenziamento per 350 lavoratori, chiediamo ora al governo di schierarsi con noi", hanno comunicato in una nota unitaria Massimiliano Nobis, segretario nazionale Fim, Barbara Tibaldi, segretaria nazionale Fiom e Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm. "Il governo sostiene di avere una soluzione solida per i lavoratori di Napoli; tuttavia noi ribadiamo con forza che i lavoratori di Napoli non vogliono promesse, ma lavoro. Vogliono concretezza e chiedono che il governo si faccia garante degli impegni presi a suo tempo da Whirlpool e non rispettati".
Lo scorso 31 ottobre, infatti, la multinazionale ha cessato la produzione di lavatrici nello stabilimento di via Argine: l'annuncio era stato dato la scorsa estate e secondo i sindacati si tratta di "una grave ingiustizia. È arrivato il momento che la politica passi dalle promesse ai fatti concreti. In un momento di ripresa del mercato, è inaccettabile la chiusura di Napoli e il progressivo disimpegno di Whirlpool per il nostro Paese".
L'adesione allo sciopero, secondo i rappresentanti delle sigle di categoria, è stata elevatissima: avrebbe raggiunto quasi il 100% nel polo di Varese, con gli operai provenienti da Napoli, ma anche dagli altri siti produttivi italiani, che si sono dati appuntamento davanti al Mise. La richiesta principale è che Whirlpool rispetti il piano industriale sottoscritto nel 2018 proprio in quella sede, evitando un progressivo disimpegno dall'Italia che sarebbe "inaccettabile", sostengono i sindacati, soprattutto in un momento come l'attuale, di ripresa del mercato degli elettrodomestici.
Tre anni fa, davanti all'allora ministro Luigi Di Maio, la multinazionale si era infatti impegnata a investire 250 milioni di euro in 36 mesi nei sei siti industriali presenti in Italia, trasferendo dalla Polonia a Comunanza, nelle Marche, la produzione di lavatrici e lavasciuga da incasso e salvaguardando i lavoratori in esubero: da parte sua il governo si era impegnato a supportare il piano di sviluppo di Whirlpool in Italia con lo strumento della cassa integrazione straordinaria fino al 31 dicembre 2020.
Lo scorso anno, invece, Whirlpool ha annunciato la cessazione della produzione nello stabilimento di Napoli, facendo sapere che i lavoratori avrebbero ricevuto lo stipendio fino a fine dicembre, per poi ricorrere agli ammortizzatori sociali fino alla fine del blocco dei licenziamenti. Destino diverso, ad esempio, per le fabbriche marchigiane, per le quali l'azienda a fine anno ha confermato investimenti per 6 milioni di euro a Melano e 12 a Comunanza.
Su Napoli resta la chiusura totale: una posizione che il gruppo americano ha ribadito nel corso dei mesi, nonostante i risultati economici del primo trimestre siano stati positivi, con una crescita dei ricavi e della marginalità e la produzione prevista in aumento. Già il governo Conte aveva proposto a Whirlpool un ricco ventaglio di incentivi per tenere aperto il sito di Napoli, ma la risposta era stata "picche": secondo l'azienda, la fabbrica di via Argine ha registrato un costante declino del volume produttivo negli ultimi dieci anni.
In questa storia di promesse non rispettate, i sindacati continuano a lottare per salvaguardare gli operai del sito napoletano e l'indotto. Dal tavolo del 23 giugno i rappresentanti dei lavoratori attendono una proposta concreta per far ripartire la produzione a Napoli e nel frattempo fermare l'azienda dall'avviare la procedura di licenziamento collettivo, in modo da poter discutere senza sottostare a quello che è stato definito "un ricatto". Se non si trova un accordo entro la scadenza della procedura di mobilità, da metà settembre l'azienda sarà "libera" di mandare le lettere di licenziamento, hanno ricordato i sindacati. Obiettivo dell'incontro della prossima settimana, ha assicurato il sottosegretario Todde, è appunto "discutere come salvaguardare l'attività produttiva e il perimetro occupazionale". Chissà se basterà per far fare retromarcia a Whirlpool.
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