In Europa è di moda il “dumping“ e per noi è un altro problema
Il caro energia ha già spinto diverse grandi aziende a spostare la produzione dall'Italia verso altri paesi dove la bolletta è più bassa
Multinazionali, grandi aziende, industrie e imprese stanno pagando un prezzo elevatissimo alla crisi del gas. In Italia le bollette segnano ormai rincari che superano quota 800% su base annua. Secondo un report pubblicato di recente da IlSole24Ore un’azienda tipo come Ita Ceramiche di Fiorano Modenese (Modena) a luglio ha ricevuto una bolletta del gas da 1.882.699 euro (per 898.920 metri cubi). Nello stesso mese 2021 aveva pagato 224.288 euro (per 942.619 mc): il 739% in più. E non va meglio in altri settori altamente energivori come quello dell’alluminio, dei tessuti, plastica o lavanderia.
Perché produrre in Italia è un lusso
Produrre in Italia si sta trasformando in un lusso per pochi. Se i costi di produzione azzerano i guadagni la tentazione di spostarsi dove la bolletta dell’energia è inferiore e i margini di guadagno aumentano diventa un imperativo assoluto. In questo senso si prospetta all’orizzonte l’ombra del dumping, ovvero di quella pratica di concorrenza sleale che deriva dall’inglese “dump” che significa letteralmente “scaricare”.
Cos’è il dumping
E’ il modo in cui le grandi imprese introducono nel mercato dei prodotti a un prezzo molto inferiore rispetto a quello di mercato e non giustificato dal fatto che il prezzo di produzione sia inferiore.
Questo prezzo “artificioso” è quindi determinato da una serie di fattori che vanno dalla presenza di sussidi statali alle imprese nel paese di origine, fino alla sovrapproduzione di un determinato prodotto da parte delle aziende che vendono all’estero tali beni in eccedenza.
E in questo momento storico il “bene” più prezioso è l’energia. La partita è già iniziata. Le imprese del comparto dell’alluminio (tra le più energivore in circolazione) francesi, ad esempio, hanno eletto la Spagna come “isola energetica” vista la relativa indipendenza della penisola iberica dal gas russo e il conseguente contenimento dell’aumento delle bollette.
Il price cap iberico
L’esecutivo guidato da Pedro Sanchez, inoltre, ha stabilito un price cap al prezzo del gas, in barba al divieto dell’Unione Europea di adottare misure nazionali in questa direzione. Fino al 31 maggio 2021 in Spagna e Portogallo il prezzo per megawatt ora non potrà superare i 50 euro. Nonostante l’UE abbia minacciato sanzioni Sanchez prosegue nella sua direzione per tutelare la produzione interna e le famiglie già vessate da un’inflazione a due cifre.
E così soprattutto il comparto industriale dell’alluminio d’Oltralpe ora chiede all’Eliseo misure antidumping verso la Spagna.
La crisi energetica, quindi, rischia di spaccare ancora di più il già fragile equilibrio dell’Unione spostando l’asse della produzione industriale verso nazioni dove l’energia costa di meno. Non solo. In concomitanza allo spostamento della produzione all’estero si sta registrando un vertiginoso aumento dell’importazione da Cina e India di prodotti e materie prime dal costo inferiore ma anche dalla qualità non idonea alle norme europee.
Casalinghi, alluminio, plastica, componentistica elettronica, ceramica e rubinetteria sono i settori che stanno pagando il prezzo più alto al dumping asiatico.
Gli stati nazionali chiedono all’Europa misure specifiche per contrastare questa pratica di concorrenza sleale che ha effetti sia in termini di produzione, sia di sviluppo, ma, al momento tutto si riduce a un nulla di fatto.