Finanza agevolata. Value Target aiuta le aziende a guardare al futuro
Uno dei fondatori, Marcello Cocconcelli: «Vogliamo educare gli imprenditori a monitorare e saper elaborare progetti di ricerca. Bisogna cambiare mentalità, non solo fare, ma anche innovare attraverso la formazione per crescere e diventare competitivi».
Il 2020 ha rappresentato un anno da record per il made in Italy. Il settore agroalimentare si è infatti dimostrato resiliente e ha registrato una crescita delle esportazioni del +1,9%, per un totale di 46,1 miliardi di euro di cui 39,1 miliardi dalla vendita di prodotti alimentari, bevande e tabacco. I dati Istat mostrano che l’agrifood e il farmaceutico sono infatti gli unici settori ad aver registrato una crescita durante l’ultimo anno. Un record importante considerate le difficoltà negli scambi commerciali e il lockdown generalizzato.
È necessario però considerare lo stato dell’agroalimentare in Italia. Sebbene rappresenti una delle colonne portanti del nostro Paese, nelle aziende italiane si registra un ritardo ad adeguare servizi e macchinari. Ed è proprio qui che entra in gioco Value Target, società specializzata in interventi di finanza agevolata che aiuta le aziende a navigare tra investimenti, contributi e agevolazioni.
Dottor Cocconcelli, come nasce Value Target?
«Value Target è un’azienda che si occupa di finanza agevolata, tutti quegli strumenti - fiscali e finanziari - che i legislatori mettono a servizio delle aziende. Accompagniamo le aziende, educandole a chiedere queste agevolazioni, ma anche noi in prima persona compiliamo tutti i documenti necessari e facciamo la domanda in vece. Siamo partiti come servizio tecnico e così abbiamo imparato cosa poteva essere migliorato, e forti di questa esperienza nel 2018 abbiamo deciso di proporci direttamente sul mercato, migliorando le attività di consulenza e dando un servizio completo. Sosteniamo le aziende lungo tutto il percorso, anche di tipo tecnologico per decidere che strada dovrebbero intraprendere. Vogliamo educare gli imprenditori a monitorare e saper elaborare progetti di ricerca. Bisogna cambiare mentalità, non solo fare, ma anche innovare attraverso la formazione per crescere e diventare competitivi».
In quali settori vi siete specializzati?
«Ci siamo specializzati, avendo le competenze tecniche, in tessuti (lusso/tessile/moda), farmaceutico, ceramiche - per la zona in cui ci troviamo - packaging. Tutto il manifatturiero. Ma con Value Target siamo anche impegnati nel settore dell’agroalimentare».
Proprio quest’ultimo si sta rivelando fondamentale per la ripartenza. Come immaginate il futuro del settore?
«Il made in Italy per quanto riguarda il food è da sempre apprezzato. Secondo l’ICE ci sarà un grande ritorno, superiore all’8%. Questo è supportato dalla legislatura italiana che ha aperto le porte all’agroalimentare per gli investimenti per tecnologie innovative. Fino al 2019 l’agricoltura non poteva accedere a queste agevolazioni, ma dal 2020 - grazie al credito d’imposta - tutte le aziende possono usufruirne e avere benefici del 40-50% sui beni strumentali. Nel primo anno le aziende produttrici di macchinari non erano pronte alla nuova domanda, ma ora si stanno adeguando. Non si tratta solo di adeguarsi alle nuove tecnologie, ma si tratta di cambiare il proprio punto di vista diventando più imprenditori industriali».
Quale iter si può aspettare un’azienda che si rivolge a Value Target?
«Value Target prende per mano l’azienda dall’inizio. Ci occupiamo di sentire i fornitori, sentire le software house e mettere insieme tutti i vari attori in modo che collaborino perché i requisiti della normativa siano rispettati. Le agevolazioni sono molto semplice, automatiche, al pari di un’autocertificazione, ma bisogna tener presente che ci sarà una verifica in futuro. Serve un passaggio di mentalità importante. Le pratiche devono essere fatte in modo tale che siano sicure anche dopo 4 anni. Nel nostro mandato seguiamo l’azienda per tutto il percorso, fino a che c’è la certezza che il beneficio sia assicurato. Prima di essere un’azienda di agevolazioni, siamo consulenti».
Ha qualche esempio da fornirci?
«Assolutamente. Lavoriamo con una grande impresa agroalimentare che da tempo faceva investimenti, ricerca e sviluppo, ma senza riuscire a delineare un obiettivo preciso. Aveva bisogno di un’organizzazione aziendale più stretta per gestire e rendicontare tutto quello che è stato fatto e portarlo in database. Abbiamo messo a punto una metodologia calata sul cliente, creando un sistema che ha permesso all’azienda di portare casa 40 milioni di benefici. Un’altra azienda nel settore moda aveva invece bisogno di gestire la logistica. Abbiamo unito la parte informatica e i fornitori, accompagnandoli in una digitalizzazione dei processi. Un’esatta tracciabilità di resi e spedizioni ha così portando un guadagno di 10 milioni di euro».
È possibile trovare un punto d’incontro tra lo sviluppo tecnologico e la tradizione del made in Italy?
«È qualcosa su cui stiamo lavorando. Operiamo nella zona del Parmigiano Reggiano, e immettere la tecnologia senza intaccare il disciplinare è difficile. Uno si deve avvalere dell’altro senza snaturarsi. Stiamo, ad esempio, mettendo a punto dei magazzini dove c’è la tracciabilità di filiera. Caseifici 4.0 dove ogni momento è tracciato per offrire una garanzia in più, all’azienda così come al cliente finale».
I piani di sviluppo rurale rischiano di entrare in conflitto con le agevolazioni nazionali?
«Si tratta di un tema molto delicato. Il credito d’imposta è teoricamente non conflittuale con crediti d’imposta nazionali, ma la comunità europea dice che non può essere cumulabile oltre il 40%. Ritengo sia una malsana interpretazione delle norme a scopo politico. Alcune Regioni si stanno già opponendo e credo che i tecnici del Mise dovrebbero fare lo stesso. Ci auguriamo che il governo italiano dichiari la sua posizione. È uno sgambetto per il made in Italy».
Qual è un’agevolazione meno conosciuta, ma a suo parere di particolare interesse per un’azienda?
«Tutti cavalcano l’onda delle agevolazioni più conosciute (formazione, ricerca e sviluppo, tecnologia). Ci sono agevolazioni interessanti per chi fa investimenti come “i contratti di sviluppo”. Se ne parla poco ma si tratta di contratti che vanno a premiare investimenti a tutela ambientale che hanno vincoli piuttosto alti dai 7 ai 20 milioni di euro. Un’azienda agroalimentare che magari può usare il credito di imposta, potrebbe aggiungere qualche progetto di questo tipo (creando nuovi poli industriali, nuovi poli logistici). Sono però contratti da discutere a trattativa privata che prevedono importanti acquisizioni di personale».
Perché un’azienda oggi dovrebbe investire?
«Sono convinto che l’imprenditore illuminato, capace di cogliere queste opportunità e di comprenderne l’importanza, non potrà che crescere in futuro. Non possiamo più basarci su una logica di solo profitto, servono progetti a lungo termine che permettano di essere competitivi in Italia come nel resto del mondo».