Torlizzi: «Questa inflazione importata mette a rischio la tenuta dell'Euro»
La guerra, il ritorno dei blocchi, l'impotenza delle banche centrali. La situazione economica è di difficile gestione e mette a rischio la politica economica e la moneta europea. Per uscire servirebbe una rivoluzione fiscale ed industriale
L'inflazione corre, anzi, vola. E mette a rischio non solo i conti delle famiglia italiane ma l'intera economia del paese al punto che, davanti ad una previsione di crescita del pil prevista prima della guerra al +4% oggi si parla addirittura di recessione (tecnica).
«Il problema - spiega Gianclaudio Torlizzi, fondatore di T-Commodity - è che abbiamo pochi mezzi per contrastare questa inflazione “importata“. In più arriviamo da un periodo di difficoltà legato al covid e ora la crisi in Ucraina. La guerra, si sa, è già inflazionistica di suo; questa poi sta riportando il mondo alla divisione per blocchi. e purtroppo quello a cui noi ci stiamo opponendo ha il controllo dei prezzi, basti pensare al gas, al grano...»
Siamo quindi in una posizione di debolezza...
«Purtroppo si, ed anche le sanzioni è chiaro che più sono pesanti e più avranno un effetto deleterio sull'inflazione. La divisione tra i paesi ad esempio sull'acquisto del gas russo è la cosa più evidente».
Cosa possono fare le banche centrali contro questa crescita dei prezzi?
«Poco o nulla. Non si tratta di un'inflazione di sistema e quindi cosa possono fare le banche centrali? Di certo non possono utilizzare il “quantitative easing" sul gas o sul grano o su altre materie prime. Non è possibile. E così siamo a rischio, anzi, è l'euro ad essere a rischio. L'intero sistema economico monetario europeo è legato ad una economia basata sulla produzione all'estero e sulla riduzione del costo del lavoro. Questo non ci sarà più; per questo dovremmo rivedere l'intera produzione industriale, riportandola in casa (e per l'Italia sarebbe una manna da cielo), dobbiamo ritornare alla produzione di beni di base che ad oggi manca. Senza questo la moneta unica non sarà in grado di garantire stabilità al sistema economico rischiando così di saltare per aria».
Come potremmo uscire da questo vicolo cieco?
«Bisogna applicare politiche fiscali espansive. Invece oggi facciamo i conti con i danni della diversificazione, che significa inflazione. E paghiamo anche altri errori politici. pensiamo alle politiche sull'acciaio: scelte che oggi costano in aumento dei prezzi. Idem per le politiche climatiche, che non a caso in molti adesso mettono in discussione: si tratta di politiche ad immediato effetto inflazionistico».
Tutti i numeri dell'inflazione in Italia
Il picco record dell’inflazione in Italia che a marzo ha raggiunto il +7,5% (mai così alto dal 1991) ha un effetto domino sull’intero sistema sociale con pesanti ricadute finali sulle tasche dei consumatori. I rincari di energetici e materie prime conseguenti all’attacco russo ai danni dell’Ucraina hanno fatto da tappo alla lenta ripresa degli scambi commerciali a livello mondiale che stava iniziando con la fine del lockdown con tutte le sue difficoltà a incertezze.
E così pil in caduta libera ed inflazione in salita determinano una stangata per imprese e famiglie che si vedono ridotto il potere d’acquisto dello stipendio mentre i prezzi salgono.
Le voci di spesa che incidono di più
A guardare voce per voce in quanto denaro si traduce l’aumento di prezzi e inflazione c’è da mettersi le mani nei capelli. Per famiglia il costo della vita solo per mangiare e bere è aumentato in media per 323 euro annui, cifra che sale a 391 per una coppia con 1 figlio, a 434 per una coppia con 2 figli, 475 per una con 3 figli. A queste voci di spesa primaria si aggiungono 990 per casa ed elettricità, 418 per i trasporti e 20 euro di comunicazioni. Tra tutte le voci, il rincaro annuo è ormai di 1.894 euro.
L’impennata dell’indice dei prezzi al consumo
Gli ultimi dati Istat rivelano che l’indice dei prezzi al consumo è salito del 6,7% annuo. A guidare la classifica sono i beni energetici (+52,9%). Ma anche i prezzi degli alimentari preoccupano con aumenti medi del 5,8% e si va dal +13% della pasta, al + 8,1% della frutta fino al +17,8% delle verdure.
Gli alimentari
La parte del leone, però, la fa l’olio (a parte quello d’oliva) che costa il 23,3% in più rispetto a marzo 2021 e che vince anche la classifica dei rialzi mensili con un +4,7%.
Anche il prezzo del burro vola del 17,4% con una crescita mensile del 2,6%.
Nella classifica dei rincari ci sono anche i frutti di mare con un incremento del 10,8% e la farina (+10%). Segue il pollame (+8,4%), il pesce fresco (+7,6%) e i gelati (+6,2%).
Alla top 20 si aggiungono ai preparati di carne (carne macinata, wurstel e salsicce) con +5,9%, il pane (5,8%), i succhi di frutta e verdura (+5,8%), il latte conservato e la margarina (+5,7%), il riso e lo zucchero (+5,6%), Chiude la classifica la carne ovina e caprina con +4,9%.
Bollette e benzina
A pesare notevolmente sui bilanci ci pensa poi il pieno di benzina o gasolio: in sei mesi è aumentato di 347 euro
Nel marzo 2021 la media era di 1,57 euro per la verde e 1,44 euro per il diesel, nel 2020 di 1,43 e 1,32 euro. Stessa situazione per luce e gas con un rincaro sui dodici mesi dell’83% per l’elettricità e del 71% per il gas. Tale impennata ha risvolti gravi sull’intera filiera produttiva dato che l’aumento delle bollette (per aziende e famiglie) contribuisce al boom dei prezzi.
Aumentano i prezzi, ma non gli stipendi
A questo bombardamento di rincari non corrisponde un’adeguata controffensiva sul fronte dei salari. Nonostante le stime di Confindustria parlino di un aumento degli stipendi medi del 3% per il 2022 e del 2,5% per il 2023 i dati statistici evidenziano come questa crescita non sarà in grado di assorbire il colpo inflazionistico. Le buste paga reali, infatti perderanno il 2,5% del potere d’acquisto su base annua. Secondo Confindustria, pertanto, la crescita dei consumi nel 2022 si limiterà all’1,7% rispetto al +5,1% del 2021.