Lavorare come insegnante in Cina: una buona opportunità
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Economia

Lavorare come insegnante in Cina: una buona opportunità

Nelle campagne gli stipendi oscillano tra i mille e i duemila euro al mese, in città possono superare i cinque mila

Se state cercando lavoro e parlate un buon inglese, anche se non avete un background da madrelingua, la Cina potrebbe fare al caso vostro. Da quando il Partito ha deciso che i cinesi devono conoscere l'inglese, a quale livello non importa, la domanda di docentiè letteralmente esplosa. Ne hanno bisogno nelle scuole elementari, alle medie, nei licei, negli istituti tecnici, perfino in quelli sportivi, e talvolta addirittura negli asili. Senza naturalmente dimenticare le università, nessuna facoltà esclusa. 

Oggi sono 50mila le scuole in cui si insegna l'inglese. Ogni anno generano profitti per poco meno di 4 miliardi di euro

Il fatto che i corsi di inglese non siano ancora stati introdotti in tutte le scuole del paese dipende da un lato dall'incapacità di Pechino di distribuire contemporaneamente una quantità di fondi sufficiente a tutte le regioni del paese per coprire le nuove esigenze linguistiche, dall'altro dall'impossibilità di trovare, in tempi così rapidi, un numero adeguato di insegnanti. Ecco perché, pur di accontentare il governo, tante scuole hanno deciso di ridimensionare le proprie aspettative, dando la possibilità a tanti ragazzi non anglosassoni ma con una discreta conoscenza dell'inglese di trovare lavoro nella Repubblica popolare. 

360 milioni di studenti hanno seguito almeno un corso di inglese nel 2013

Dal punto di vista di uno straniero, infatti, la scelta di coprire queste cattedre con personale non necessariamente di madrelingua inglese rappresenta un enorme vantaggio, visto che in generale in Cina sono tutti convinti che, a prescindere dalla nazionalità, uno straniero sia comunque più bravo di un locale quando si tratta di aiutare ragazzi e adulti a familiarizzare con una lingua così diversa.

Questa idea ha trasformato il mercato degli insegnanti di lingue nel Regno di mezzo in una miniera d'oro, e il bello è che le autorità ritengono sia talmente importante portare avanti questa "rivoluzione inglese" da aver addirittura accettato di snellire le procedure per la concessione di visti a docenti.

Le agenzie di reclutamento ne hanno subito approfittato, e i loro profitti sono esplosi. Accecate dai soldi, però, hanno commesso un gravissimo errore, vale a dire quello di dare il via libera a decine di migliaia di candidature presentate da persone con una competenza linguistica minima, quando non insufficiente.

Purtroppo per loro, Pechino si è accorta subito che il business di autorizzazioni e visti si stava trasformando in un far west, ed è corsa ai ripari, naturalmente senza cancellare opportunità per nessuno, ma aumentando i vincoli in maniera da rendere più probabile l'assunzione di candidati qualificati. E tra un mese gli aspiranti docenti di lingua straniera dovranno dimostrare di avere almeno cinque anni di esperienza nel settore o qualifiche che possano essere considerate equivalenti. 

A Pechino un insegnante di inglese può guadagnare fino a 65mila euro l'anno

Del resto, con stipendi piuttosto generosi (oscillano tra i mille e i duemila euro al mese, un patrimonio nelle aree rurali del paese, dove oggi si registra la maggiore carenza di insegnanti), questa esplosione di domande era quantomeno prevedibile. Dispiace scoprire che le scuole siano spesso più interessate a convincere l'aspirante collaboratore a presentarsi agli alunni mentendo sulla propria nazionalità che a controllarne le qualifiche.

E così i vari Andrea, Justine, Pedro o Svetlana di Praga, Losanna, Barcellona o Kiev diventano Josh, Lucy, Aiden e Morag di Canberra, San Francisco, Oxford o Vancouver, anche quando l'inglese non lo parlano bene. Ma per tutti quei docenti seri e preparati, oltre che dotati di un discreto spirito di adattamento, la Cina potrebbe davvero trasformarsi in una grande occasione, a patto di non arrivare troppo tardi. 

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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